Sfoglia la rivista

Mondo > Scenari

Sguardi sulla Siria

a cura di Giampietro Parolin

- Fonte: Città Nuova

Dialogo con il giornalista Riccardo Cristiano, conoscitore del Medio Oriente, sulla situazione attuale e le radici storiche di un Paese travagliato da lunghi conflitti

Aleppo da ricostruire Siria ANSA/JESSICA PASQUALON

Il 15 maggio si è svolto a Padova l’incontro “Sguardi sulla Siria: dialogo tra sfide e speranze”. L’iniziativa è nata dal gruppo “27 ottobre” per il dialogo cristiano-islamico, fondato proprio nella città del Santo nel 2019.

All’incontro hanno partecipato due esperti del mondo siriano: il giornalista Riccardo Cristiano  e lo studioso Vittorio Berti, docente di Storia del cristianesimo e delle Chiese all’Università di Padova, specializzato in studi siriaci e presidente dell’associazione Syriaca.

Al giornalista Riccardo Cristiano abbiamo chiesto un parere per cercare di capire la matassa storico-culturale della Sira, nella quale vi sono diversi equivoci e impliciti da svelare.

Quali sono gli equivoci da chiarire, i temi da approfondire per comprendere la situazione della Siria oggi?
Per comprendere la situazione della Siria e del Medio Oriente è necessario chiarire degli equivoci. Si dice spesso che esista all’interno dell’islam una questione tra sunniti e sciiti: è certamente vero, ma non deve nascondere l’esistenza di una questione arabo- persiana, e se la consideriamo vediamo meglio il quadro, perché è chiaro chi sono gli arabi e chi sono i persiani; ricordare che gli arabi hanno islamizzato i persiani aiuta.

Pertanto, se la rivalità tra sunniti e  sciiti la interpretiamo come rivalità che esiste ma  poi si  trasforma in rivalità tra arabi e persiani (nella quale gli arabi sciiti hanno finito con lo svolgere dopo Khomeini un ruolo di supporto all’Iran, per tanti motivi), possiamo capire molti aspetti del nostro tempo. Appena islamizzata la Persia ha scelto l’Islam sciita per la già esistente rivalità con i califfi arabi sunniti, che proseguivano la politica di scontro con i persiani che era stata dei bizantini quando avevano governato le terre divenute dei Califfi sunniti.

Nello stesso modo, possiamo interpretare la rivalità islamo cristiana come rivalità euro araba e collocarla in uno specifico contesto territoriale, dato che gli europei sono tali al di là del fatto di essere cristiani, e gli arabi sono arabi al di là del fatto di essere prevalentemente musulmani (dato che c’è anche una percentuale, quasi mai citata, di arabi cristiani).

Questi equivoci pesano enormemente sulla comprensione dello scenario di oggi e trasformano in equivoco sunnita- sciita quello arabo- persiano e in equivoco islamo- cristiano quello euro- arabo.

E qual è l’equivoco euro-arabo se non il colonialismo?
Il colonialismo ha trasformato quella zona di mondo che comprende anche la Siria, e il colonialismo francese è stato tra i peggiori. Questo colonialismo si è presentato fedele all’idea di nazione: infatti quando Napoleone arrivò in Egitto, volle presentarsi in nome della Repubblica francese. Ma in Medio Oriente la parola Repubblica non esisteva, come la parola “nazione”. Così “nazione” venne tradotto con il termine che nell’Impero ottomano si usava per indicare non tanto una comunità territoriale, ma una comunità di fede, “millet”. Nei diari che scrivono i missionari in quelle terre, si parla frequentemente di “nazione cristiana”, come quelle europee.

Quindi anche il concetto di nazione nella sua trasmigrazione culturale alimenta gli eqivoci?
Certo, infatti si arrivò ad un dibattito molto acceso e dopo che nell’Ottocento molti intellettuali arabi avevano indicato nel concetto di nazione portato dagli europei una speranza nuova – fine del sistema feudale e sovranità che viene dal basso- molti aderirono. Ma poi il colonialismo ha smontato tutto questo: gli europei si rapportarono a signori feudali e non portarono la sovranità popolare, ma un nuovo dominio straniero. Il nazionalismo arabo, allora, si formò nel Novecento, da filo europeo in nemico dell’Europa.

I panarabisti laici rifiutarono l’Europa colonialista proponendo di combattere per la liberazione nazionale della grande nazione araba. I religiosi, i panislamisti, proposero  di combattere soprattutto la colonizzazione culturale, che passava attraverso l’imposizione dello Stato laico, prodotto europeo. Lo stato per loro doveva preservare la specificità araba, e quindi recepire le leggi islamiche.

Approfondiamo questi temi del panarabismo e del panislamismo che nelle vulgata comune europea tendiamo a far coincidere
Fino a pochi anni fa è rimasto uno stampo pan-arabista nella visione di Egitto, di Siria e Iraq, per lungo tempo si è vista l’identità pan-islamista nelle monarchie del Golfo, con cui gli Stati Uniti si erano alleate per la produzione di petrolio: queste petrol-monarchie hanno cercato a lungo un qualcosa su cui fondare la propria legittimità, e l’hanno trovato nella religione.

Oggi questo sta cambiando, ma quest’area è stata panislamista, alleata agli USA, quella pan arabista  si era alleata con l’Unione Sovietica: similmente centralisti, autoritari e dogmatici, da una parte si affidavano all’emiro, nel nome della religione ma anche dell’economia della rendita -che ha reso felici soprattutto agli emiri e i loro accoliti!-  dall’altro c’era il presidente, garante assoluto del dirigismo centralista. I due sistemi, al fondo, non erano molto dissimili, ma politicamente contrapposti.

E in tutto questo come si inserisce la figura di Assad?
La variante che ha introdotto Assad nella storia araba è stata copiata dal sistema di governo dei colonialisti francesi.

Gli occidentali si presentarono come intenzionati a favorire la nascita di Stati sovrani, ma non intendevano nei fatti favorire la nascita di uno Stato libanese, siriano, iracheno e così via. Al contrario, erano interessati a favorire l’acuirsi dei contrasti tra le comunità di fede per rimanere gli unici arbitri e quindi un potere indiscutibile.

A Damasco si vedeva una specie di raccordo anulare interno circondante le mura della città vecchia, e che fu costruito dai francesi. Per quale ragione? Per identificare e bombardare più comodamente le zone interne alla città vecchia dove c’erano gli insorti, altrimenti raggiungere quella zona era più difficile.

C’è anche un aspetto demografico in questa vicenda
La storia di Assad originava in una minoranza religiosa, quella di cui era parte, gli alauiti; quindi ha sempre temuto la maggioranza confessionale, nello specifico i sunniti. tutto qui. Temeva i sunniti perché erano di più e si viveva in un ordine solo comunitario, tribale, come con i francesi: acuire i contrasti, discriminare e isolare i sunniti, lo avrebbe mantenuto al potere.

La sua base erano persone della sua comunità di provenienza, e un ruolo di copertura con l’Occidente lo ha assegnato ai cristiani. Il regime di Assad – padre e figlio – ha fatto arrestare, torturare, incarcerare, deportare soprattutto i sunniti, che sono stati espulsi a milioni, soprattutto a partire dal 2011, quando la popolazione ha iniziato a chiedere dignità libertà e giustizia. Sono 7 i milioni di siriani deportati all’estero e 6 i milioni di siriani deportati in patria, costretti dal regime a spostarsi dalla loro casa ad un campo profughi nel deserto o nelle periferie della regione.

Poi è arrivata la rivoluzione e come è cambiata la situazione in Siria?

La rivoluzione ha rotto il muro della paura ed è stata prodotta dalla tenacia di 20 milioni di siriani a dire “basta”. Ora, quando al-Sharaa ha marciato con i suoi gruppi islamisti verso Damasco ha raccolto anche un grande consenso nelle zone da dove lui ha avviato la sua marcia non perché fossero tutti islamisti, ma perché per tutti i deportati interni quella era l’opportunità per tornare a casa loro.

Nel 2024 l’arrivo di Ahmed Al-Sharaa, che ha dismesso il nome di battaglia, Al-Jolani, ha portato una situazione molto difficile da raccontare: ex miliziano dell’Isis, ex miliziano di al-Qaeda, ha poli distrutto le reti dell’Isis e le reti di al-Qaeda, per fondare un suo nuovo sistema centralista dogmatico, islamo sovietico. Lui stesso è guidato da un regista esterno molto centralista, la Turchia di Erdogan.

Riuscirà Ahmed Al-Sharaa a consolidare la costruzione della nazione su quali basi?L’affermazione di Ahmed Al-Sharaa non è facile: ci sono i curdi, una significativa minoranza interna, armati e da anni alleati degli americani contro l’Isis, combattenti determinati a difendere se stessi non solo dagli islamisti.

Ci sono poi gli alauiti sulla costa, alleati dei russi da lungo tempo, che hanno dato i natali ad Assad e molti di loro sono stati con lui al potere, soprattutto nei temutissimi servizi segreti.

I drusi, fanno un gruppo a sé, fedeli alla loro montagna.

E infine ci sono i cristiani, che dal 20% che erano saranno oggi l’1% o poco più. Le gerarchie cristiane hanno sempre difeso Assad, per la paura di essere discriminati dai sunniti se avessero preso il potere da soli, come maggioranza: è triste e grave che nessuno dei numerosi patriarchi presenti in Siria abbia pronunciato una parola di pietas o espresso umana vicinanza alle infinite vittime della barbarie sconfinata del regime durante gli anni della guerra.

Quali sono le sfide principali del nuovo leader?

Ora gli Stati Uniti, in seguito alle pressioni turche e saudite, hanno tolto le sanzioni alla Siria. Si può sperare che presto l’economia comincerà a poter ripartire dopo le distruzioni e la paralisi totale, di anni. Ma al Sharaa, se non è solo uno strumento per il cambio di regime che i turchi volevano per espandersi in Siria, deve immaginare uno Stato: non si può rimanere al governo confessionale del leader che tutela le minoranze etnico-religiose, occorre un coinvolgimento federale delle comunità territoriali, cioè un federalismo non confessionale.

Non è possibile immaginare di fare la Siria dei Cantoni: la Siria della zona dei drusi, la zona dei curdi, la zona degli alauiti… Questo sarebbe tornare alla vecchia Siria, la Siria dei francesi. È tempo, e sarebbe indispensabile, fare la Siria dei siriani, perché il popolo siriano è uno, con le sue diverse specificità da tutelare e far incontrare.

Non c’è solo l’appartenenza religiosa nelle persone. Servirebbe un sistema che dia garanzie alle comunità e diritti agli individui, alle persone, che saranno liberali, progressiste, conservatrici, moderate, radicali e così via.

Oggi si vede la facciata di un centralismo islamosovietico affiancato dalla formazione di aree di influenza straniere: la Turchia si prenderebbe la parte pregiata, Israele il sud, la Russia la costa, gli americani e i sauditi l’influenza sul nord est dove si producono il petrolio e fosfati. I territori sono importanti e l’alternativa sarebbe possibile coinvolgendo, riconoscendo le specificità territoriali, non associando al centro i vecchi capi tribali, di questa e quella comunità religiosa. I primi passi non mi sembrano incoraggianti.

Qual è nella società siriana odierna il protagonismo femminile, il ruolo della donna, la sua partecipazione, il suo ruolo politicamente o almeno sociale?

Domanda difficile. Perché qui costumi tradizionali, religione e colonizzazioni culturali si mischiano. Il governo recentemente, con tutti i guai che ha, si è occupato di come i siriani devono andare in spiaggia, a prendere il sole o nuotare. E ha reso obbligatorio il famoso burqini, il costume islamico che copre le donne. E’ scoppiato il maremoto. Una successiva correzione ha detto che non era obbligatorio, ma lecito e apprezzato.

Questo dimostra il mercato politico che c’è: al Sharaa deve dare qualcosa ai suoi seguaci più radicali, estremisti, come vogliamo dire, ma poi deve fare i conti con la società civile siriana che esiste. E lo fa, un po’… La società siriana è diversificata, ma un tempo il velo integrale non c’era, non è della tradizione siriana: si portava un velo leggero, colorato, aperto, appena posato sul capo, come quello che portavano molte cristiane. Poi la televisione ha portato le prima a fare alla saudita, e le seconde alla parigina.

 

Riproduzione riservata ©

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come?
Scopri le nostre riviste,
i corsi di formazione agile e
i nostri progetti.
Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni:
rete@cittanuova.it

Esplora di più su queste parole chiave
Condividi

Ricevi le ultime notizie sul tuo WhatsApp. Scrivi al 342 6266594