Berlino sotto choc

Mentre la polizia ricerca il colpevole dell’attentato ai mercatini di Natale sui social media si è aperto un conflitto tra chi accusa politici e migranti e chi invece invita alla solidarietà e alla preghiera. Le chiese di tutte le confessioni hanno organizzato commemorazioni

Lo stato d’animo dei berlinesi è abbattuto, depresso, scioccato. Il terrorismo ha colpito la capitale tedesca nel midollo, al cuore. Quel Tir lanciato – con un metodo simile all’attentato di Nizza dello scorso luglio – su una fiera natalizia situata attorno alla chiesa luterana della memoria ha sconvolto tutti. La torre di questa chiesa, che sovrasta le bancarelle, dopo l’anno 1945 è stata lasciata in stato di rovina come monumento per la pace e come monito contro gli orrori della Seconda Guerra mondiale. Scelta perfida, perciò, aver scelto la sua piazza come luogo per ammazzare persone innocenti: 12 le vittime accertate finora e circa 50 i feriti finiti sotto le gomme e investiti dalla mole del Tir.

 Si sapeva che anche la Germania era nel mirino dell’IS o Daesh che si voglia, e da mesi si discuteva pubblicamente delle fiere natalizie tipiche di questo periodo dell’anno, perché considerate obiettivi facili e luoghi “deboli” di fronte agli attacchi terroristici, quasi impossibili da controllare. Le forze dell’ordine hanno lavorato bene, le persone sul posto hanno reagito in maniera molto disciplinata e questo in casi di pericolo è sempre una garanzia. Sappiamo che il Tir con targa polacca era stato rubato poche ore prima dell’azione sanguinosa e sembrava persino che l’attentatore fosse stato catturato dalla polizia, grazie ad un testimone coraggioso che lo aveva seguito dal luogo dell’attentato fino a casa.

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 C’è chi tra i berlinesi continua a non dormire di notte e c’è chi pensa che tutto deve andare avanti come sempre, “perché non dobbiamo lascarci vincere dalla paura”. Meno disciplinate e più violente sono le reazioni sui social. Velocissime sono scattate le accuse contro i politici, i media, i rifugiati, con un linguaggio pesante e carico di odio. Forse è un modo che la gente usa per scaricare la paura e la tensione, ma ha certamente il potere di avvelenare la società –  e mi sembra proprio quello che il terrorismo desidera ottenere. Ci sono i media che non hanno ancora hanno imparato la lezioni dagli attacchi precedenti e continuano a ripetere programmi e cronache live che per ore rilanciano gli stessi fatti – scarsi nelle immagini e nelle analisi – e che con ciò incrementano la paura. Poi ci sono quelli che sfruttano l’occasione per diffondere i soliti slogan contro l’Islam, contro i rifugiati e chi si mostra benevolo verso di loro. In questi momenti tutto viene strumentalizzato per attizzare l’odio.

Sempre sui social si registra anche un’ondata di solidarietà e di vicinanza: girano dichiarazioni di attenzione verso le vittime ed i loro parenti e spopolano gli hashtag #pray4berlin e #prayforberlin; mentre le grandi chiese cattoliche e luterane hanno organizzato per martedì funzioni, momenti di preghiera e di commemorazione.

Intanto la polizia ha comunicato che il pakistano sospettato di aver commesso l’attentato sembra non ne sia il reale autore. Questo vuol dire che probabilmente chi ha commesso quest’atto crudele è ancora libero e questa non è una notizia rassicurante. Si attendono sviluppi e dichiarazioni sulla reale matrice del folle gesto, che intanto l’Isis ha rivendicato come operazione di un “suo soldato”.

 

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