Roma cuore del mondo

Sono inquadrature inconsuete di panoramiche e dettagli. Vasti spazi racchiusi in tagli d’immagine fortemente orizzontali o in vertiginose prospettive verticali. Scorci di luoghi riconoscibili, carichi di storia; e, contemporaneamente, fuori dal tempo. Dense di fascino. Quello che la città eterna conserva ed esercita su chiunque la vive o la osserva. Sia egli turista o abitante, esploratore, amante del bello o passante disincantato. Gli occhi di Josef Koudelka – il 65enne fotografo d’origine ceca reso famoso dalle immagini dell’invasione di Praga – hanno immortalato una Roma diversa, nuova.Vuota, apparentemente. Poiché non compaiono uomini. Eppure, se ne avverte la presenza, il passaggio appena avvenuto o li si immagina subito dietro l’angolo. “Il fotografo – spiega Diego Mormorio nell’introduzione al catalogo (Peliti Editori) – ha dovuto attendere. Nell’attesa, così come il poeta prova e riprova, ha tentato di cogliere quello che già sapeva che ancora non c’era. Poi, dopo aver consapevolmente aspettato, ha trovato quel che cercava. Ha sperimentato ancora una volta la fotografia come arte dell’attesa e dell’intelligere”. Tempo, natura e bellezza: è questo il trinomio aureo di Koudelka. Nelle immagini dominano masse, linee, forme, atmosfere, evocanti un’anima. Di una città rigorosamente in bianco e nero. Monumentale, periferica o centrale. Ma anche raccolta, come quella insolitamente brumosa di un mattino di autunno a Villa Borghese. Questa immagine accanto ad altre ventidue raggruppate sotto il titolo Teatro del tempo, ed esposte nel suggestivo scenario archeologico dei Mercati di Traiano, costituisce solo una delle quaranta mostre del 2° Festival della FotoGrafia che presenta altri nomi illustri e giovani autori di varie nazionalità. Per una ricognizione sul mondo tra passato e presente. Prodotto da Zone Attive e curata da Marco Delogu, il Festival ha come tema Roma e le comunità. Comunità intese come microcosmi umani, etnici e linguistici che sono, insieme, luoghi e percorsi, narrazione di storie provenienti dai più remoti angoli del pianeta e che a Roma confluiscono in un viaggio immaginario fatto di esperienze ed incontri: tessuto umano di una città che acquista sempre più un volto aperto e tollerante. E la fotografia, quale mezzo espressivo capace di scrivere e raccontare la realtà, è di questi eventi testimone contemporaneo. Lo è in ogni angolo del mondo, pronta a documentare la storia e gli avvenimenti, piccoli e grandi, e, spesso, sintetizzarli in un solo scatto fotografico. Come in quello dell’iraniano Eric Grigorian vincitore del World Press Photo 2003 (Catalogo Contrasto). Negli occhi di un bambino accovacciato ai bordi di una voragine di terra attorno alla quale si af- fannano uomini e donne dopo il terremoto del 23 giugno 2002 nella provincia del Qazvin, egli ha colto la paura e l’angoscia. La perdita del padre che ha colpito il piccolo iraniano la rivelano il pianto e lo smarrimento del suo volto, insieme a quel gesto di stringere i pantaloni del genitore trasformati in un fagotto. Una immagine che sembra racchiudere tutto il dolore, privato e universale, del mondo. ALTRI SGUARDI Tra gli sguardi sul mondo c’è anche quello di Sebastião Salgado, il fotografo “umanista” da anni impegnato a raccontare la fatica del lavoro dell’uomo. In una selezione di venticinque scatti egli ha sintetizzato le diverse fasi della lavorazione dei raccoglitori di caffè nelle piantagioni del Brasile: un progetto di possibile “economia sostenibile” voluto da Illy-caffè che coniuga mercato e impegno sociale (In principio, all’Auditorium Parco della Musica, fino al 31 luglio). C’è poi Don McCullin, fotografo di guerra ed erede del grande Robert Capa; la Sicilia delle feste religiose di Ferdinando Scianna e del suo paese raccontato nell’ultimo lavoro “Quelli di Bagheria” (alla galleria Valentina Moncada); la comunità dei monti Appalachi nella parte orientale del Kentucky ritratta da Shelby Lee Adams; e la Cina col suo cambiamento economico e sociale testimoniato dalla collettiva dei suoi giovani fotografi e da Bertrand Mounier e Rhodri Jones. Molti altri sono gli sguardi di FotoGrafia, compresi quelli degli under 35 impegnati nella ricerca di nuove forme espressive nella collettiva Circa 35 (al Macro di Testaccio, fino al 17 agosto). LA COMUNITÀ UNIVERSITARIA Tra le esposizioni più curiose c’è la vivace comunità degli studenti di Scienze delle Comunicazioni raccontata da Giuseppe Onorati. Un variegato caleidoscopio di volti, atteggiamenti, look, fissati in immagini di grandi dimensioni allestite sulle pareti del cortile della sede universitaria, sulle colonne interne, le scale, le finestre e le aule. Il progetto fotografico “Salaria 113. Una comunità” ha coinvolto un gran numero di “abitanti” della Facoltà che da marzo hanno affiancato Onorati ritraendo a loro volta scene di vita universitaria – inclusi professori e personale – ed intervistando i protagonisti fotografati. Il risultato è uno spaccato dell’eterogeneo mondo giovanile che sortisce l’effetto di rappresentare un’allegra, colorata, e originale famiglia umana, da “visitare” anche attraverso il sito www.salaria113.it

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