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Maria Voce, lo sguardo della giurista

di Adriana Cosseddu

- Fonte: Città Nuova

Già presidente del Movimento dei Focolari, conosciuta con il nome di Emmaus, giurista, avvocata: che cosa unisce queste tre dimensioni di Maria Voce e che cosa ci ha lasciato?

Maria Voce

La storia di Maria Voce inizia in terra di Calabria, in quel Sud dell’Italia che all’epoca non riconosceva alle ragazze il diritto e la possibilità di studiare, soprattutto se questo significava lasciare la famiglia d’origine. Eppure, quella laurea in Giurisprudenza all’Università La Sapienza di Roma si era realizzata come una conquista, per fare di lei dopo poco la prima avvocata del Foro di Cosenza. Quella toga, indossata nelle aule dei Tribunali, e per lei troppo lunga perché fatta solo per uomini, le faceva meritare il 27 marzo 2009, l’iscrizione all’Albo d’Onore del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Cosenza con la seguente motivazione: «Maria Voce si è distinta per l’impegno costante a favore del dialogo e per la creazione di rapporti improntati alla comunione fra uomini e donne di razze, fedi e culture diverse. Nel campo professionale si è, in particolare, prodigata per il rinnovamento del diritto e della giustizia partendo dalla ricerca in essi di valori fondanti comuni ad ogni realtà umana, fino a riscoprirvi le ragioni stesse ed il senso ultimo e profondo della comunità fra gli uomini». E ancora: «Nella sua visione il diritto non è una mera sussistenza di regole, ma si trasforma in una realtà viva», per l’attenzione alla persona.

Ma quale la scintilla che faceva maturare in lei tanta apertura, fino ad arrivare dopo gli studi a una nuova tappa nella vita? Improvvisa e inaspettata, raccontava Maria Voce, la chiamata di Dio, che la spingeva a consegnare i suoi fascicoli di cause al collega, perché quello che l’aspettava lo sentiva tanto più grande di ciò che lasciava. Lasciare tutto per qualcosa di più grande, … eppure non perdere nulla.

Tante le tappe significative in varie città, tra queste Istanbul e altre che l’hanno vista partecipare a eventi istituzionali, come il seminario a Caracas nel 2006, nel quale, dinanzi a «una involuzione culturale in senso individualistico», indicava nel dialogo e nella fraternità la radice di un «diritto nuovo». Ma non sono mancati gli studi canonistici, fondamentali per la sua collaborazione nella stesura degli Statuti del Movimento, fino a essere richiamata in Italia, proprio dalla fondatrice del Movimento, Chiara Lubich, anche per far parte del Centro studi internazionale da lei denominato Scuola Abbà, e approfondire alla luce del carisma dell’unità una disciplina come il diritto. Un’esperienza, raccontata da Emmaus in prima persona, di particolare intensità per l’unità che maturava anche nel pensiero in modo originale: «chiudo in un certo modo il codice per aprire […] il libro di medicina o […] il libro di matematica o […] il libro di fisica, ed entrare in quella disciplina», e così veder nascere nella trans-disciplinarità, sperimentata nella comunione fra tutti nella diversità, il “vero diritto”, la “vera giustizia”.

Ed ecco nuovi passi, accanto al magistrato Gianni Caso, in un cammino di dialogo con la cultura giuridica, per dar vita nel mondo a una rete internazionale di giuristi, studiosi e operatori del diritto: Comunione e Diritto. Una denominazione inedita, se è vero che il diritto interviene piuttosto là dove si sperimenta la patologia nei rapporti, e si ricerca nelle norme, a ogni livello, una soluzione ai conflitti, alla violenza, alla prevaricazione. Eppure, è dalla stessa esperienza mistica, vissuta da Chiara Lubich all’inizio del Movimento nel 1949, che Emmaus attinge parole nuove per il diritto, o meglio, categorie proprie della disciplina, ma ricomprese in una luce capace di rischiarare la profonda crisi che l’umanità vive e concorrere a muovere passi concreti perché quanto scritto nel Preambolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (1948) non resti utopia: comporre la famiglia umana.  

Da dove cominciare in un mondo disincantato e polarizzato, capace di innumerevoli connessioni, eppure costellato di infinite solitudini e abbandoni, in una cultura che mostra segni evidenti di “scarto”, esclusione, piuttosto che incontro e condivisione? Proprio in questa sfida, lo studio di tanti giuristi nel mondo muove i primi passi: nel 2005, Maria Voce, con un gruppo di studiosi e operatori del diritto lancia quasi una ‘provocazione’ espressa nel titolo di un convegno internazionale, che vede la partecipazione di più di 600 esperti da tutto il mondo: «Relazionalità nel diritto: quale spazio per la fraternità?».

Giorni di intenso lavoro, soprattutto scambi di esperienze, contributi della dottrina, spazi di dialogo perché la “fraternità”, da principio dimenticato, diventi sentiero da scoprire e percorrere fino a fare del diritto uno “strumento di comunione”. Utopia? Gli studi che prendono l’avvio incrociano pensieri, forse poco noti, ma che aprono piste di ricerca, tanto da coinvolgere in un cammino di dialogo anche i giovani, studenti in giurisprudenza, praticanti nelle aule dei Tribunali, o semplicemente coinvolti nella ricerca di risposte per chi ha fame e sete di giustizia.

Tutti hanno trovato in Emmaus un posto speciale nel suo cuore, una possibilità di dialogo attraverso seminari, incontri, convegni a Parma, Catania, Malta, nelle summer schools… Per i giovani, messaggi di incoraggiamento, parole di fiducia e speranza in un impegno condiviso nel sentirci tutti costruttori di rapporti autentici, giusti, per quanto possibile, in una convivenza che esprima il coraggio di far tacere il fragore delle armi. Così il ricordo di uno di loro: «Mi ha sempre colpito in lei la capacità di saper ascoltare e il modo in cui dava la parola ai giovani con naturalezza, non per mera concessione o per paternalismo, ma perché credeva nell’importanza del contributo delle giovani generazioni»; uno stile così diverso anche per l’apertura su nuove prospettive culturali, come il rapporto tra fraternità e diritto.

Parole-chiave, come giustizia, libertà, pace, dignità, relazioni, responsabilità, tutte basilari nel diritto, si arricchiscono di significato, fondano il tessuto culturale che Maria Voce potrà offrire anche nelle sedi internazionali come l’Onu e l’Unesco. Con lei, altri giuristi hanno collaborato al progetto di redazione del volume Un orizzonte di luce oltre la frammentazione dell’umano. Conversazioni su diritto, relazioni, vita, edito da Città Nuova nel 2024, perché per Emmaus il pensiero non resta solitario, ma si fa comunione di vita, dono reciproco, dialogo fra le diversità perché l’unità è, nel carisma della Lubich, un cammino capace di generare una cultura dove ognuno ha qualcosa da “dire”, qualcosa da “dare”.

Ed è in questo cammino di ricerca e rilettura dell’esperienza giuridica, in un tutt’uno dinamico fra norme e vita, che Maria Voce ha intuito l’importanza della recente fondazione, presso l’Istituto universitario Sophia, del Center for Research in Politics and Human Rights, per rispondere ai bisogni dell’umanità di oggi e di sempre. A lei vogliamo lasciare l’ultima parola rivolta ai giovani: «I giovani sono il futuro, a loro edificare la casa comune, custodire il Creato, operare perché la fraternità universale non resti un’utopia…». Una consegna e un impegno che anche noi vogliamo raccogliere!

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