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L’eredità di Maria Voce “Emmaus”

di Paolo Loriga

Un ricordo professionale e personale della prima presidente dei Focolari dopo la fondatrice Chiara Lubich. Le urgenze di Emmaus: dare priorità ai rapporti e restarvi fedeli

Maria Emmaus Voce

Si trattò di una piccola novità organizzativa, ma rivelò un’impronta della presidente in quello scorcio finale del 2014. Maria Emmaus Voce aveva proposto di unificare le figure dei segretari del Centro dell’Opera – composto dai consiglieri generali – e di quelle del Consiglio Generale – formato dai responsabili di tutte le diramazioni del Movimento dei Focolari –. Due segretari sarebbero stati sufficienti per entrambi gli organismi di governo. Nel piano di presidenza, perciò, si liberarono due uffici. Emmaus pensò subito di assegnarli a chi le stava più a cuore, cioè i giovani, chiamando vicino a sé i due responsabili del Movimento Gen 2. Ma poi considerò che due stanze sarebbero state insufficienti e che quel particolare ambiente avrebbe finito per penalizzare l’esuberanza del viavai di ragazzi e ragazze.

La scelta di Emmaus cadde allora su un’altra sua priorità, quella della comunicazione. Così, arrivato al Centro internazionale ad inizio dicembre 2014 – assieme a tutti i consiglieri generali eletti nell’Assemblea del settembre 2014 –, chi scrive si trovò catapultato nel piano “nobile”, perché con Cecilia Capuzzi, argentina, esperta di informatica, avevano ricevuto dalla presidente il compito di occuparsi (giornalista, il sottoscritto) di tutto quanto avesse a che fare con l’ampio settore della comunicazione dentro e fuori il Movimento.

Ebbe inizio, così, un’esperienza unica di prossimità, di condivisione, di collaborazione, che negli oltre sei anni di durata non ha mai appannato il senso di privilegio e il sentimento di gratitudine. Il primo ufficio era quello del copresidente Jesús Morán, l’ultimo del corridoio vedeva la presenza di Emmaus, in mezzo i cosiddetti “delegati centrali”, ovvero i primi collaboratori di Emmaus e Jesús, Friederike Koller, tedesca, scomparsa nel dicembre 2021, e Angel Bartol, spagnolo. Accanto a questi ultimi, i due consiglieri della comunicazione.

Ogni volta che arrivava, Emmaus salutava tutti senza fretta. Spesso riferiva le notizie del Movimento che le erano appena giunte da varie parti del mondo. E già da come le raccontava era facile cogliere il suo stato d’animo e le sue valutazioni. Quando poi si trattava di qualcosa di problematico o di doloroso, aggiungeva la sua lettura, sempre realistica dei fatti, ma illuminata dal suo granitico ottimismo e dalla fede nell’amore di Dio e nel sostegno di Chiara Lubich. Quante confidenze affidatele in quel corridoio, quante occasioni di recarsi nella sua stanza per partecipare una gioia o chiedere uno di quei suoi consigli sempre illuminati e illuminanti riguardo a difficoltà o problemi. E poi con semplicità entrava nelle nostre stanze per suggerire una correzione ad un testo da noi preparato. Oppure, si sedeva al tavolo chiaro rotondo per leggere con noi un comunicato stampa o una comunicazione per il Movimento nel mondo.

«La priorità? I rapporti», ebbe a precisare nell’intervista concessa a Città Nuova subito dopo la sua elezione nel luglio 2008. Fu il suo programma ad inizio del primo mandato da presidente, raccogliendo l’enorme eredità della fondatrice. Ed è stato uno dei tratti distintivi, sia in pubblico, che in privato. Nel 2009 Emmaus si recò in Camerun, nella cittadella di Fontem, invitata dal Fon, il re, per celebrare secondo la tradizione e la religiosità del popolo Bangwa il saluto pubblico e comunitario a “Mamma Chiara”, dopo la sua scomparsa. Quale inviato di Città Nuova, Emmaus affidò a chi scrive il compito di preparare dei resoconti – com’era consuetudine con Chiara per il giornalista che l’accompagnava – da far arrivare al Movimento nel mondo.

Il primo giorno delle celebrazioni fu così ricco di eventi speciali ed Emmaus si lasciò coinvolgere con tale partecipazione e generosità, che chi annotava le vicende si fece prendere la mano da un tale entusiasmo che il testo ne risultò intriso e la dovizia di particolari fu sovrabbondante. Insomma, niente a che vedere con una prosa sobria e un po’ distaccata per tenere conto delle diverse sensibilità dei lettori nelle varie aree culturali. Emmaus lo fece presente con delicatezza. In certi casi, si fa subito un lavoro di asciugatura, se non di taglio. Lei propose un’operazione molto diversa. Sarebbe bastato aggiungere all’inizio del testo che la nota esprimeva il punto di osservazione dell’autore, con tanto di nome e cognome.

Il 30 dicembre 2010 è al Fanar, ad Istanbul, accolta dal patriarca Bartolomeo I che l’aveva invitata a visitarlo, ora che del Movimento era presidente. «Deo gratias! – aveva esclamato al termine dell’udienza il patriarca di Costantinopoli–. Deo gratias per la vostra amicizia, per la vostra visita, per i frutti del vostro Movimento, per la continuazione di questa opera di Dio che rende gloria al Suo nome». Emmaus era stata responsabile del focolare di Istanbul dal 1978 al 1988, e in quegli anni si erano conosciuti, perché allora il futuro Bartolomeo I era segretario del patriarca Dimitrios.

Per Emmaus fu un incontro molto gradito. Anche gli appuntamenti con la comunità dei Focolari furono per lei motivo di gioia. Altrettanta gioia le dette l’opportunità di rivedere la suggestiva città, tanto che fu lei a fare da guida al giornalista, al fotografo Domenico Salmaso e al gruppetto di focolarini e focolarine del posto. Visitarono, tra il resto, la Basilica di Santa Sofia, la Moschea Blu, la Basilica Cisterna e, con un entusiasmo particolare, il Grande Bazar. La segretaria di Emmaus, Teresa Martins, era stata bloccata all’aeroporto turco per una questione di documenti d’identità ed era stata subito rimandata a Roma, senza nemmeno uscire dall’aeroporto. Così, i due inviati di Città Nuova si trovarono nel gratificante compito di accompagnare dovunque la presidente e di fungere, per quel che potevano, un po’ da collaboratori. Non senza un filo di divertimento da parte di Emmaus, nei giorni di permanenza ed anche nel viaggio aereo di ritorno.

La fedeltà creativa che contraddistinse la presidenza Emmaus era molto evidente nelle sue parole innovative che rilanciavano le intuizioni di Chiara. Ma la si coglieva standole vicino, nelle relazioni che intesseva con chiunque incontrasse, nel saper accogliere senza timore le sfide del “dopo Chiara”, nel saper tutti incoraggiare, nel dare piena fiducia e nel saper restare fedele ai rapporti. Era sempre inclusiva di ogni diversità, testimoniando nelle scelte quel «Che tutti siano uno» consegnato a Chiara dallo Spirito Santo. Si andava così impreziosendo un patrimonio che non poteva restare nascosto, soprattutto perché taluni nella Chiesa e nella società nutrivano dubbi sulla reale tenuta del Movimento. Eravamo nell’autunno del 2011, ovvero a metà mandato della nuova presidente.

Nacque così a qualcuno in redazione l’idea di scrivere un libro-intervista per far conoscere “La scommessa di Emmaus”, che ne sarà il titolo, sulla visione della nuova presidente e spiegare – come recitava il sottotitolo – “Cosa fanno e cosa pensano i focolarini nel dopo Chiara Lubich”. Ci volle un po’ per vincere la ritrosia di Emmaus riguardo al progetto editoriale. Ma non si trattava di un fatto di impegni (eppure erano numerosi), né lo sforzo per risposte argomentate (figurarsi!), ma semplicemente per il motivo che aveva addotto: «Non ho nulla di significativo da dire». Il successo editoriale fu notevole e il libro funse da “biglietto da visita” per il periodo appena iniziato di post-fondazione.

Nell’imminenza dell’Assemblea generale del 2014, che poi l’avrebbe rieletta, Città Nuova la intervistò. Due aspetti emersero in modo particolare. «Nel Movimento elaboriamo programmi anche nell’ambito dei dialoghi, ma talvolta li abbandoniamo perché non si vedono frutti o sviluppi. Invece – indicò Emmaus –, è importante restare fedeli ad un rapporto e viverlo senz’altro scopo». E per la presidente che verrà eletta? «Saper ascoltare sempre lo Spirito Santo e, di conseguenza, costruire tutto “in unità”». È quanto ha saputo incarnare non solo nei dodici anni di presidenza, ma in tutta la sua vita di focolarina. Un esempio e un’eredità per i membri del Movimento e per tutti i credenti e i pensanti di ogni parte del pianeta.

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