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G20 ambiente, un accordo a metà

di Fabio Di Nunno

- Fonte: Città Nuova

Fabio Di Nunno, autore di Città Nuova

I Ministri dell’ambiente del G20 hanno raggiunto un accordo che riconosce l’interconnessione tra clima, ambiente, energia e povertà. L’intesa, sebbene presentata come un successo, mantiene però posizioni differenti sui tempi e sul finanziamento della transizione ecologica.

Il G20, forum tra i venti grandi della Terra, è presieduto nel 2021 dall’Italia, all’insegna di tre parole d’ordine: persone, pianeta e prosperità. Non a caso, proprio l’Italia teneva molto al successo dell’incontro ministeriale del G20 Ambiente, Clima ed Energia, svoltosi appunto tra i ministri dell’Ambiente dei paesi del G20, a Napoli, il 22 e il 23 luglio.

Si calcola che l’insieme degli Stati raggruppati nel G20 rappresenti circa l’85% delle emissioni globali di gas serra e che, allo stesso tempo, includa la quasi totalità dei Paesi produttori di energie rinnovabili così come dei principali produttori di petrolio. Pertanto, se un successo c’è stato, è anche evidente che si siano palesati degli interessi contrapposti.

La prima giornata dei lavori è stata dedicata alla tutela di ecosistemi e biodiversità, mentre la seconda giornata riguardava i ben più spinosi temi del clima e dell’energia. In linea generale, l’Unione europea (UE) e gli Stati Uniti d’America (USA), guidate da un forte spirito ambientalista, ma anche da interessi concreti nel contrastare il cambiamento climatico che fa sempre più danni alle rispettive società ed economie, si sono trovati di fronte lo schieramento di Cina, Russia, economie emergenti e Paesi produttori di petrolio.

Eppure si è raggiunto un accordo, non scontato dopo mesi di trattative iniziate a febbraio e articolatesi in ben 17 incontri internazionali, nel quale viene riconosciuta «l’interconnessione esistente tra ambiente, clima, energia e povertà». L’accordo, composto di sette pagine e di 25 articoli, suddiviso in dieci linee, riguarda tematiche quali la lotta al degrado del suolo, l’uso sostenibile dell’acqua, i rifiuti marini, la tutela degli oceani, la sicurezza alimentare, la finanza verde e l’economia circolare.

Smog a Pechino

Secondo Roberto Cingolani, ministro italiano della Transizione ecologica, l’accordo raggiunto contiene «una visione ambiziosa che ricalca quella che era l’intenzione della presidenza italiana del G20», laddove, «per la prima volta il G20 ha riconosciuto l’interconnessione tra clima, ambiente, energia e povertà: non era un passaggio scontato, finora erano settori considerati separati». Del resto, «questa è la prima volta che queste cose sono scritte in modo chiaro e vincolante per tutti quei paesi che producono l’80% del prodotto interno lordo mondiale e l’85% delle sue emissioni di carbonio». L’accordo «è il più completo sulle linee guida ambientali mai concepito», un accordo «che ha soddisfatto tutti, negoziato fino all’ultimo secondo» e il cui «motore principale è rappresentato da tutti quegli esperti che hanno lavorato per mesi per rendere accettabile questo accordo oggettivamente unico».

Per la precisione, l’accordo è accettabile per tutti, ma non proprio condiviso da tutti. Nello specifico, i Paesi del G20 hanno riconosciuto la necessità di raggiungere la neutralità climatica, riducendo a zero le emissioni di CO2, mentre è rimasto un disaccordo sui tempi di tale riduzione. Se gli Stati membri del G7 sono già impegnati a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, gli altri Paesi membri del G20 sono restii a porsi tale obiettivo e, da questo, è discesa la difficoltà di raggiungere quegli impegni vincolanti per i quali tanto si è spesa l’Italia.

Ancora, è rimasta irrisolta la questione del finanziamento della transizione ecologica per i Paesi in via di sviluppo. Eppure, nel 2009, nell’ambito delle Nazioni Unite, come stabilito negli accordi di Parigi del 2015, i Paesi sviluppati avevano concordato di contribuire con finanziamenti per 100 miliardi di dollari ogni anno, entro il 2020, a sostenere le politiche ambientali dei Paesi più poveri, molti dei quali sono alle prese con fenomeni quali innalzamento dei mari, tempeste e siccità aggravate dal cambiamento climatico. Tuttavia, tale obiettivo deve ancora essere raggiunto.

I Paesi in via di sviluppo hanno insistito sulla necessità che i Paesi più sviluppati si assumano la responsabilità di finanziare la transizione ecologica, come illustrato da Juan Cabandie, ministro dell’Ambiente dell’Argentina, che ha proposto che una parte del debito dei Paesi in via di sviluppo venga cancellato per finanziare la transizione ecologica, ricordando che «gli impegni di finanziamento assunti dai Paesi sviluppati non sono stati onorati, intaccando la fiducia tra le parti».

D’altronde, l’incontro ministeriale del G20 Ambiente, Clima ed Energia, è visto come una tappa intermedia fondamentale in vista dell’incontro globale sul clima, noto come COP 26, che si svolgerà a Glasgow a novembre e che sarà co-presieduto dall’Italia e dal Regno Unito. L’Italia proverà a portare avanti tematiche ad essa particolarmente care, quali la tutela dei mari e degli oceani, il ripristino del suolo e l’economia circolare, dove è particolarmente attiva anche attraverso le proprie imprese e la propria ricerca.

 

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