Lo scorso 13 marzo è uscito sul quotidiano statunitense The Atlantic un articolo destinato a orientare significativamente la discussione pubblica sull’impatto degli smartphone e dei social network nelle nostre vite.
L’articolo è un’anteprima firmata dallo psicologo sociale Jonathan Haidt dal suo ultimo libro1, pubblicato lo scorso 26 marzo negli Stati Uniti, e si intitola End the phone-based childhood now. The environment in which kids grow up today is hostile to human development.2 Si tratta di un appello alla classe dirigente statunitense (ma potremmo allargare e dire “occidentale”) a porre un limite all’uso degli smartphone da parte di bambini e adolescenti. Il sottotitolo recita: «L’ambiente in cui crescono i nostri figli è ostile allo sviluppo umano».
Per capire di cosa si tratta bisogna partire dai dati presentati da Haidt: negli Stati Uniti (ma dati analoghi sono riscontrati in molti Paesi occidentali, compresa l’Italia) i livelli di ansia e depressione, rimasti più o meno costanti fino agli anni Duemila, sono cresciuti di oltre il 50% tra il 2010 e il 2019. Nel gruppo di età compreso tra i 10 e i 19 anni, la percentuale di suicidi è cresciuta del 48%, con un aumento impressionante del 131% tra le adolescenti dai 10 ai 14 anni. Sintetizzando, la cosiddetta generazione Z, cioè le persone nate a partire dal 1996, mostra livelli marcatamente più elevati di ansia, depressione, autolesionismo e disturbi correlati rispetto a qualsiasi altra generazione con dati comparabili.
Come scritto, i dati sono analoghi in vari Paesi occidentali, e seguono più o meno lo stesso trend a livello temporale, con uno spartiacque attorno al 2010. Il passaggio tra primo e secondo decennio degli anni Duemila è il periodo storicamente associato alla transizione dal telefono cellulare agli smartphone, con conseguente spostamento di buona parte della vita reale su piattaforme online, soprattutto per quanto riguarda relazioni e socialità. La tesi di Haidt quindi è che l’avvento e la conseguente diffusione globale di smartphone e social network sia il motivo alla base dei dati (terrificanti) descritti poco sopra.
Chiunque abbia studiato un po’ di statistica conosce il principio secondo cui la correlazione non implichi necessariamente la causalità; nel caso specifico, non possiamo essere certi che questo impressionante crollo nella salute mentale degli adolescenti sia da attribuire ai social network, o in ogni caso che questa sia l’unica causa. Sono due variabili tra loro correlate, nulla più. Tuttavia, ci sono degli aspetti cruciali da tenere a mente che possono sostenere l’ipotesi di Haidt.
Vari studi hanno evidenziato che l’uso eccessivo di smartphone può influenzare la struttura e la funzione del cervello in età di sviluppo, specialmente nelle regioni coinvolte nel controllo dell’attenzione e nell’elaborazione emotiva. Riassumo i meccanismi e gli effetti principali per comodità di lettura:
- L’interazione tra utenti con like e i commenti, crea una gratificazione immediata che attiva il sistema dopaminergico (cioè di piacere e gratificazione) del cervello;
- Quando una persona sperimenta una ricompensa, il cervello rilascia dopamina. Questo provoca sensazioni positive e rinforza il comportamento che ha portato alla ricompensa. L’uso di notifiche e aggiornamenti continui crea un senso di aspettativa e urgente necessità di controllare costantemente il feed. Il design delle piattaforme è inoltre strutturato per massimizzare l’interazione e l’attenzione, utilizzando colori vivaci, notifiche intermittenti e infinite scorciatoie di scroll. Di fatto, per una fruizione potenzialmente eterna;
- La natura sociale dei social media induce anche una paura di perdere connessioni sociali e informazioni rilevanti, spingendo gli utenti a rimanere connessi.
Questi fattori combinati contribuiscono a creare un ciclo di utilizzo compulsivo, che può portare a una vera e propria dipendenza. Sappiamo, inoltre, che tale esposizione prolungata può aumentare l’esperienza di ansia, depressione, bassa autostima e isolamento sociale. L’accesso costante alle interazioni sui social network favorisce poi pressioni sociali, confronti nocivi con modelli di bellezza o popolarità irrealistici favorendo un senso di costante inadeguatezza, specialmente durante l’adolescenza, una fase già vulnerabile dal punto di vista emotivo. Per non parlare degli effetti sul sonno: la luce blu emessa dai nostri telefoni può interferire con la produzione di melatonina e il sonno disturbato può a sua volta influenzare negativamente l’umore, la concentrazione e le prestazioni cognitive durante il giorno.
Insomma, correlazione non implica causalità ma abbiamo già sufficienti elementi per considerare dannoso lo strumento con cui, presumibilmente, l’80% di voi sta leggendo questo articolo. E se è dannoso per la persona adulta, per un cervello in via di sviluppo è potenzialmente catastrofico: studi di neuroimaging (cioè di analisi del cervello “in vivo”) hanno mostrato che l’uso eccessivo di dispositivi digitali può portare a modifiche strutturali nel cervello, come la riduzione della materia grigia in aree coinvolte nel controllo degli impulsi e nella regolazione emotiva.
Cosa fare, quindi?
Haidt suggerisce l’implementazione di quattro regole comunitarie, basate su ricerche preliminari condotte in alcune scuole, che potrebbero portare a un miglioramento significativo della salute mentale giovanile, a suo dire, nel giro di due anni. Queste regole includono il divieto dell’uso dello smartphone prima dei 14 anni, il divieto di aprire account sui social media prima dei 16 anni, l’eliminazione dell’uso dello smartphone a scuola e la promozione di maggiore indipendenza e responsabilità nei giovani.
Nel dibattito piuttosto polarizzante tra chi si considera “a favore” e “contro” l’uso degli smartphone per gli adolescenti, questi dati sicuramente spingono verso una direzione conservatrice. Tuttavia, la proibizione da sola non basta. Serve chiedersi, a livello politico e comunitario, a quali bisogni adolescenziali evidentemente frustrati stanno rispondendo i meccanismi dei social media? Cosa stanno sostituendo? Di chi prendono il posto?
La risposta non può essere univoca e banale, ma probabilmente si avvicina a tematiche quali solitudine, scarso senso di comunità, scarsa coesione sociale, impoverimento delle relazioni. Estirpare il sintomo è inutile, se non si guarda alla radice del problema.
1 https://www.penguinrandomhouse.com/books/729231/the-anxious-generation-by-jonathan-haidt/
2 https://www.theatlantic.com/technology/archive/2024/03/teen-childhood-smartphone-use-mental-healt h-effects/677722/
per una versione italiana dello stesso articolo: https://www.ilpost.it/2024/04/03/effetti-smartphone-salute-mentale-adolescenti/
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