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Cosa è l’etica ambientale?

di Domenico Palermo

- Fonte: Città Nuova

L’attenzione crescente per la crisi ecologica mette in evidenza le diverse impostazioni culturali circa il concetto della natura e del suo rapporto con l’essere umano. Piccola guida per un primo orientamento

(Chinatopix via AP)

L’attenzione contemporanea per la crisi ecologica, causata dalle rivoluzioni industriali e dalla continua evoluzione tecnologica, nasce con i primi movimenti giovanili romantici di fine XIX secolo.

Ma solo di fronte alla paura di una possibile catastrofe umana e naturale a seguito dell’utilizzo militare e civile dell’energia atomica e dell’uso massiccio di pesticidi chimici per l’agricoltura intensiva, si è cominciato a ragionare sul rapporto uomo-tecnologia-profitto-natura.

Molti intellettuali impegnati nella difesa dell’ambiente si trovarono a lavorare sul concetto di valore intrinseco della natura, un valore in sé, che gli appartiene in quanto tale a prescindere dai valori posti dalla ragione umana. Nacquero diverse teorie etiche, tutte tese a superare una visione meccanicistica e materialistica della natura, ma divise dal valore da assegnarle.

Scaturirono due approcci etici ambientali, quello antropocentrico e quello anti-antropocentrico, che si differenziano per il concetto di valore intrinseco:

  • come valore non strumentale della natura, secondo cui è il soggetto razionale esterno che attribuisce il valore intrinseco ad ogni cosa;
  • come valore riconosciuto a tutti i soggetti di vita, animali, piante ed organismi in generale, ritenuti fini in sé;
  • come valore in sé che appartiene a tutta la natura, anche la terra e gli ecosistemi.

Le teorie antropocentriche

Le diverse teorie antropocentriche si differenziano fra loro per una diversa considerazione del valore che l’uomo riconosce all’ambiente.

L’etica del cow-boy, definita anche etica della frontiera, è priva di qualsiasi considerazione morale dell’ambiente. La natura ha un unico valore, quello economico, necessario per  soddisfare i bisogni umani materiali.

L’antropocentrismo moderato, il quale, partendo dalla limitata disponibilità di risorse naturali, ritiene che esse debbano essere utilizzate e gestite in modo parsimonioso. La natura ha un valore intrinseco che va rispettato e l’essere umano deve focalizzare l’attenzione verso nuovi stili di vita compatibili con la sua permanenza sulla terra.

L’Utilitarismo si basa sull’idea che sia possibile la difesa dell’ambiente solamente attraverso un allargamento del concetto di benessere umano ai beni spirituali, come sostiene Brian Norton.

La Social Ecology identifica le radici della crisi ecologica nel dominio degli esseri umani sugli esseri umani. Per Bookchin, ecologo e anarchico americano, è la gerarchia tra gli uomini a rendere più aggressiva e distruttiva l’umanità, anche verso l’ambiente in cui vive.

L’Etica della responsabilità, che nacque con l’opera del filosofo tedesco Hans Jonas, “il principio responsabilità”, si pone come una proposta capace di rispondere alla sfida tecnologica che l’uomo ha lanciato alla natura. Rimanendo in un’ottica antropocentrica, Jonas cercò di approfondire il tema della responsabilità umana verso la tecnologia, che ha precluso la possibilità stessa di pensare la natura come soggetto con un valore intrinseco da rispettare. L’imperativo etico si può riassumere con “agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano compatibili con la permanenza di un’autentica vita umana sulla terra”.

L’Etica ambientale cattolica, sviluppatasi sotto il pontificato di Giovanni Paolo II e giunta a maturazione con la pubblicazione dell’enciclica “Laudato si’” e la successiva “Fratelli tutti” di Francesco, coniuga il rispetto per il creato con un nuovo modello di sviluppo che pone al centro l’uomo e non il profitto.

Partendo dal lavoro dei predecessori, come Giovanni XXIII, che sottolineava la necessità di giustizia nei rapporti economici fra i popoli, e Paolo VI, che chiedeva di coniugare sviluppo economico e giustizia fra le nazioni, Giovanni Paolo II illustrò in modo chiaro l’inconciliabilità del sistema attuale con la speranza di una vita dignitosa di tutti gli uomini sulla terra.

Nell’enciclica “Centesimus annus” Giovanni Paolo II sottolineava che il consumismo era strettamente connesso con la “questione ecologica”. Alla radice dell’insensata distruzione dell’ambiente naturale c’è un errore antropologico: l’uomo, che scopre la sua capacità di trasformare il mondo col proprio lavoro, dimentica che questo si svolge sempre sulla base della prima originaria custodia del creato da parte di Dio. Papa Francesco ha continuato il percorso dottrinale per superare la crisi ecologica attraverso l’elaborazione del concetto di Ecologia integrale, che unisce la questione ambientale con quella economica, sociale e politica, indicando un percorso per costruire un antropocentrismo responsabile della casa comune, che pone al giusto posto la tecnologia e rivede i concetti di proprietà privata, profitto e rapporto con gli esseri viventi e la natura.

Le teorie anti-antropocentriche

Le teorie anti-antropocentriche si differenziano per il valore intrinseco riconosciuto alla natura.

 L’etica della terra nacque con il lavoro di Aldo Leopold “A Sand County Almanac and Sketches Here and There”, un’opera che muove dal racconto dei mutamenti stagionali della natura per arrivare con il saggio “L’Etica della terra” a criticare la logica di conquista statunitense. Tutto ruota attorno al concetto di comunità biotica definita una comunità di parti interdipendenti che allarga i propri confini dall’essere umano per includervi la terra. La morale leopoldiana si può riassumere nell’affermazione che “è giusto ciò che tende a mantenere l’integrità, la stabilità e la bellezza della comunità biotica”. Le sue idee sono state riprese da diversi autori, tra cui John Baird Callicot.

Il Biocentrismo rappresenta tutte quelle teorie che riconoscono rilevanza morale a tutti gli esseri viventi, sia animali che vegetali. La base dell’impostazione biocentrica è che la morale non si restringe al solo campo degli esseri umani, ma anche a coloro su cui solitamente è esercitata l’azione morale, come gli animali e le piante. Questo allargamento dell’etica viene riconosciuto agli animali da Peter Singer e Tom Regan, ed è stato allargato anche ai vegetali da Kenneth E. Goodpaster e Paul W Taylor.

Le teorie ecocentriche estendono la considerazione morale a diverse entità che non sono dotate di una propria individualità biologica specifica. Un rappresentante di questa corrente è Lawrence E. Johnson che estende le categorie dell’interesse a tutti gli esseri viventi e Holmes Rolston, che allarga il valore intrinseco agli ecosistemi. Il concetto chiave è la salvaguardia degli ecosistemi, luoghi di interconnessione fra uomini e diverse specie animali e vegetali, quindi il valore intrinseco si trasforma in valore sistemico.

L’Ecofemminismo, parte dallo sfruttamento sessista della natura, considerata come madre, e come tale vittima anch’essa del dominio maschile del mondo. Per salvare la natura, propongono di superare un atteggiamento maschilista e riconoscere il valore intrinseco dell’ambiente.

Il Pluralismo è invece la concezione che ritiene superflua qualsiasi etica ambientale, perché tutti in natura sono esseri con un valore intrinseco.

In ultimo la teoria della Deep Ecology che nasce con il lavoro del filosofo norvegese Arne Naess nel 1973, quando pubblicò sulla rivista Inquiry un breve articolo dal titolo “The Shallow and the Deep, Long-Range Ecology Movement”, “Il superficiale e il profondo, Movimento Ecologico a lungo-raggio”. Questo lavoro voleva edificare una nuova ecologia capace di sostituire il paradigma dominante, dualista e individualista, con un paradigma ecologico e si presenta come una religione laica della natura. Partendo da un’etica dell’egualitarismo biosferico, il filosofo norvegese esaltò la diversità, i valori ecologici, l’autonomia locale, il decentramento, il contrasto all’inquinamento ed all’uso indiscriminato delle risorse.

Punto centrale di questo approccio è la priorità razionalmente riservata alle relazioni fra tutti gli elementi del campo biologico, superando così l’attribuzione di un valore intrinseco ai singoli esseri viventi.

Tutte questi approcci ci possono far comprendere quanto sia difficile, anche a livello etico, la ricerca di un percorso comune da intraprendere per superare la crisi ecologica che sconvolge da troppi decenni la nostra casa comune.

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