Turismo: la sfida delle tre “s”

Il giro del mondo? In pochi giorni è fatto. Benvenuti nel XXI secolo dove viaggiare da un capo all’altro della Terra è oramai possibile a tutti, almeno in teoria. Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando erano necessarie la fantasia e le conoscenze scientifiche di Giulio Verne per poter fare il giro del mondo in 80 giorni. Anzi, son passati due secoli di storia, perché l’illustre viaggiatore e scrittore visse nel XIX secolo, quando non esistevano boeing, pacchetti vacanze, offerte last minute. E proprio a lui si è fatto riferimento in occasione della Giornata mondiale del turismo che è stata celebrata lo scorso 27 settembre. Forse non a caso. Viaggi e trasporti: dal mondo immaginario di Giulio Verne alla realtà del secolo XXI era il tema scelto dall’Organizzazione mondiale del turismo (Omt) per questa ricorrenza che anche nel nostro paese ha suscitato una certa attenzione. L’Italia deve puntare su un modello innovativo di sviluppo che valorizzi il turismo come risorsa ha scritto Carlo Azeglio Ciampi nel messaggio inviato al presidente di Confindustria in occasione della prima Giornata nazionale del turismo. È una sfida – ha aggiunto – che il mondo delle imprese saprà cogliere attraverso azioni mirate e coordinate, in sinergia con gli altri soggetti pubblici e privati. La stagione appena conclusa non è stata entusiasmante per il turismo nostrano. Secondo un’indagine Doxa l’estate 2005 ha visto in Italia una diminuzione delle presenze del 4 per cento circa con un calo del 5,5 per cento per il turismo balneare tradizionale e dell’11 per cento dell’agriturismo, mentre hanno tenuto le città d’arte con un più 3,2 per cento. E così, impauriti più dalle prospettive che dal riaccendersi del terrorismo internazionale (stando a quanto rilevato dagli esperti), i vacanzieri italiani hanno limitato le loro villeggiature, sia nella durata che nei costi. Secondo il presidente della Confesercenti Marco Venturi nel complesso non si registrano crolli ma le famiglie tirano la cinghia, rinunciando alle vacanze o riducendole in maniera significativa. Siamo, di fatto, di fronte ad un fenomeno in linea con la crisi dei consumi che ci stiamo portando dietro oramai da troppo tempo. Sul piano internazionale non va meglio. L’Italia, dice il rapporto annuale dell’Omt, con 37, 1 milioni di visitatori è scesa dal quarto al quinto posto nella classifica delle destinazioni turistiche, scavalcata ormai anchedalla Cina che ha registrato un aumento del 27 per cento. Lo stesso rapporto nota che la ragione del calo di presenze nel nostro paese sia ind viduabile nei prezzi troppo alti, nei servizi poco soddisfacenti e nella migliore qualità della concorrenza. Infatti il fenomeno si spiega se si confrontano i prezzi praticati dagli operatori turistici italiani ( i primi dunque a dover fare un esame di coscienza) con quelli degli omologhi concorrenti stranieri. Insomma il marchio Italia è tutto da promuovere e le nostre ricchezze tutte da scoprire, a cominciare dagli italiani stessi che vanno ovunque in giro per il mondo e, il più delle volte, non conoscono le meraviglie dietro l’angolo. E se il turismo verso e dentro il nostro paese preoccupa, quello fuori dai confini nazionali allarma le agenzie turistiche. Ad esempio a Roma que- st’anno si è registrato un record di presenze straniere grazie anche ad una buona programmazione degli eventi culturali, musicali, congressuali (si parla emblematicamente di effetto Notte bianca). Ma è intorno al Vaticano che si concentra ancora gran parte del turismo romano, soprattutto quest’anno con l’avvento del nuovo papa. E tuttavia non possiamo dimenticare che nella capitale più di tremila operatori del turismo in uscita rischiano il posto di lavoro con decine di aziende vicine alla chiusura. Tiene solo il target dei viaggi di lusso, dai 5 mila euro in su, afferma Cinzia Renzi, presidente di Fiavet Lazio. Paradossale… neanche tanto. Turismo per tutti, con tutti A colloquio con Alberto Ferrari, presidente del Centro turistico giovanile. Dai tempi di Giulio Verne ad oggi è cambiato profondamente il nostro modo di viaggiare. Cosa si è perso e cosa si è guadagnato? Ai tempi di Giulio Verne il turismo era un fenomeno di avventura, oggi è molto più complesso e ha grandi risvolti economici. Non dimentichiamo che il turismo è la prima industria a livello mondiale, con 750 milioni di persone nel mondo che si muovono ogni anno e che si pensa taglieranno il traguardo del miliardo nei prossimi anni. Il rischio è quello di farlo diventare un puro consumo, di ridurlo a piacere egoistico personale o a una moda. Sempre più persone si dirigono verso mete più o meno esotiche per dire ci sono stato e non per conoscere la realtà di un popolo, di un paese, di un ambiente naturale. Credo che questa sia purtroppo una costante di questi anni. Non dobbiamo dimenticare invece che il turismo può essere uno strumento di incontro tra i popoli attraverso cui superare gli steccati. Nel momento in cui conosciamo gli altri popoli possiamo rispettarli, apprezzarli, amarli e dunque anche da qui può passare la via della pace. L’Italia è scesa dal quarto al quinto posto nella classifica mondiale delle destinazioni turistiche e si parla di un settore bisognoso di rilancio. Secondo lei quali strategie sono necessarie? La prima strategia da mettere in atto è quella di pensare il turismo globalmente. Mi spiego. Con l’abolizione del ministero del turismo e poi con l’attribuzione della materia turistica alle regioni abbiamo spezzettato la nostra politica turistica in 21 segmenti, 21 piccole politiche regionali non coordinate fra di loro. Questo ci porta chiaramente ad una situazione di debolezza rispetto ad una proposta complessiva di quello che potremmo chiamare prodotto Italia. Un altro aspetto a mio avviso è l’applicazione della legge 135 del 2001, una legge nazionale di indirizzo sulle politiche turistiche, che prevedeva fra l’altro anche il sistema dei buoni vacanza. Già in uso da molti anni in Francia, Svizzera e Ungheria tale sistema dà la possibilità di rilanciare il fenomeno turistico soprattutto a favore delle famiglie e dei ceti medi. In giro per le coste italiane quest’anno abbiamo visto aumentare gli yacht e diminuire gli ombrelloni, abbiamo sempre più ricchi che fanno un turismo di lusso mentre si restringono le possibilità per le fasce più deboli e fra queste le famiglie. Sociale, sostenibile, solidale. È il turismo del presente o del futuro? Qual è la sua esperienza come presidente del Centro turistico giovanile? Purtroppo è ancora il turismo del futuro però noi ci battiamo perché diventi il turismo dell’oggi. È chiaro che quando parliamo di sociale intendiamo un turismo per tutti ma anche un turismo che aiuti la socialità fra tutti. E poi c’è l’aspetto della sostenibilità: noi non possiamo rapinare l’ambiente in cui ci troviamo a fare turismo se vogliamo permettere anche ai nostri figli di godere di quello di cui godiamo noi. In quanto alla solidarietà occorre tenere presente che il turismo non può diventare un mezzo di sfruttamento delle economie locali, come succede invece con molte multinazionali che portano via tutti i guadagni. Solidarietà poi vuol dire anche possibilità per tutti di fare turismo, anche i giovani, gli anziani, le persone con difficoltà fisiche o psichiche. Se vogliamo che sia uno strumento di crescita deve essere corredato da queste tre s. Un turismo insomma che sia attento alle persone, che le faccia incontrare.

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