Sobrietà cristiana e sviluppo

Sono auspicabili – scrive un nostro lettore – stili di vita più sobri per chi ha la fortuna di essere nato nel ricco occidente, ma come conciliarli con i forti richiami degli economisti in seguito agli allarmi sul calo dei consumi in Italia e sulla stagnazione economica del nostro paese?… Essere cristianamente sobri non sembra attentare a quella concezione di progresso che viene posta come riferimento per tutto il mondo occidentale? Non è pensabile vivere sulla Terra in sei miliardi con i ritmi di consumo di beni e servizi di noi europei o degli americani: eppure – verrebbe da dire – se non si consuma, il modello di sviluppo occidentale non sta in piedi! Quale modello proporre concretamente in questo scenario? Certo, uno sviluppo sostenibile per tutti che non comprometta le conquiste dell’occidente è la sfida del terzo millennio: lo stile di vita sobria suggerita dal Vangelo a mio parere non è certo un ostacolo, ma semmai indica una via per realizzarlo. Uno degli aspetti più eclatanti della insostenibilità del sistema di sviluppo attuale è la sua esagerata necessità di energia: un difetto a tutti noto, ma per correggere il quale non si è finora fatto molto, grazie alla cultura individualista che permea il sistema, spingendo alla ricerca cieca del proprio interesse nell’immediato, senza mai guardare in avanti. Così si sono raggiunti i limiti della capacità di raffinazione del petrolio – purtroppo nel presente unica fonte di energia facilmente disponibile -, e vicino a quelli della sua capacità di estrazione. Neppure il nucleare è una vera alternativa. Nel nostro paese si potrebbe produrre la prima energia fra quindici anni e ad un prezzo che dovrebbe tener conto non solo del costo non indifferente di centrali nucleari sicure, ma anche di quello da sostenere a fine ciclo per lo smaltimento dei loro materiali di costruzione, nel frattempo divenuti radioattivi: un costo superiore a quello iniziale dell’impianto. L’unico modo di continuare nel nostro stile di vita malgrado questa emergenza, sta nel cercare di consumare meno: l’unica alternativa oggi disponibile è il risparmio di energia. Non è detto che farlo significhi stare tappati in casa al buio o andare per forza in bicicletta, anche se spesso farebbe bene alla salute. Si possono usare metodi più intelligenti per continuare il nostro tenore di vita ma con minori consumi: così non si deprimerà l’economia ma semmai i nostri esborsi verso i paesi petroliferi. Se ancora questo obiettivo non è diventato primario negli Usa è perché non piace alle lobbies petrolifere e dei costruttori di automobili, e in Europa perché i governi approfittano di questi consumi per raccogliere dai cittadini una quantità di imposte che avrebbero difficoltà politiche a reperire diversamente. Per i privati cittadini poi evidentemente il prezzo della benzina e del gasolio non è ancora abbastanza alto da far pensare seriamente ad attrezzarsi per ridurlo. Inoltre non si è ancora coscienti che consumando più del necessario si sporca senza ragione l’atmosfera: non se ne dimostrano coscienti neppure i più raffinati amanti della natura, coloro a cui piace immergersi in aree incontaminate, foreste e deserti: gente che non butterebbe per terra un pezzo di carta o un mozzicone di sigaretta, ma con i propri fuoristrada ad altissimo consumo, compromette proprio quella natura che tanto dice di amare! La nostra atmosfera è particolarmente delicata: John Glenn, l’astronauta che ad ottant’anni è tornato in orbita dopo essere stato il primo uomo a mettere piede sulla Luna, ammonisce che se la Terra avesse il diametro di un metro, in proporzione il velo di atmosfera che ci mantiene in vita sarebbe spesso solo un paio di millimetri! Ma come essere più sobri senza compromettere lo sviluppo economico, a noi necessario tanto quanto un ambiente incontaminato? Occorre spendere meglio le risorse che abbiamo a disposizione. Investirle, invece di consumarle. Quale è la differenza? Di solito si dicono investimenti le spese che si fanno per ottenerne un vantaggio nel tempo: questo vale per le aziende ma anche per le famiglie. Spesso investire richiede più risorse che non consumare, quindi investendo si attivano maggiori produzioni e un maggior sviluppo economico: più posti di lavoro che non semplicemente consumando. Che cosa spinge le persone a consumare invece che a investire? Per chi ha poche risorse il fatto di non averne a sufficienza per effettuare un investimento, ma per chi le risorse le avrebbe, e nei paesi sviluppati molti le hanno, non si investe perché si ha paura del futuro, o non si trova una motivazione per farlo. Così si tengono i soldi in banca ed essi finiscono per alimentare quella finanza speculativa che sembra offrire più profitti rispetto all’avvio di una attività economica, che magari richiede anni di dedizione e fatica per diventare produttiva, ma che crea lavoro e sviluppo vero. Quali possibili investimenti a livello familiare per ridurre i consumi energetici? Si può partire da piccole cose, ad esempio sostituire le lampadine tradizionali di casa con quelle a basso consumo, o chiamare il falegname per installare guarnizioni che eliminino gli spifferi delle finestre, o aggiungere doppie finestre, o coibentare il tetto di casa da cui di solito si perde la maggior parte del calore dell’impianto di riscaldamento; o semplicemente regolare l’impianto di riscaldamento facendo attenzione che all’uscita dei termosifoni l’acqua esca appena tiepida, e non ancora calda, chiedere all’amministratore del caseggiato di installare per ogni appartamento un contatore del calore consumato, e così via. Passando ad investimenti più importanti, si potrebbe acquistare una automobile ibrida, che quando ci si ferma al semaforo spegne automaticamente il motore e poi col semaforo verde riparte con il suo motore elettrico, oppure rivestire esternamente il tetto o le pareti esterne di casa con cellule fotovoltaiche, per vendere alla rete energia elettrica, anziché acquistarne! I risultati ottenibili sono sorprendentemente alti: le nuove lampadine consumano un decimo delle tradizionali, è possibile ridurre del trenta, anche del cinquanta per cento il consumo del riscaldamento domestico, le macchine ibride sono ancora costose, ma soprattutto in città consumano la metà di quelle tradizionali. Con i prezzi attuali della benzina il loro maggior costo per chi usa molto la macchina si recupera in pochi anni. Se gli Usa avessero impiegato l’equivalente delle spese militari in Iraq per incentivare l’acquisto di mezzi di trasporto a basso consumo anziché per produrre carri armati e gipponi, non solo decine di migliaia di persone sarebbero ancora vive, ma le sue importazioni di petrolio dal Medio Oriente si starebbero già riducendo e fra pochi anni non sarebbero state più necessarie. Ma un punto nodale nella scelta tra consumi ed investimenti sta proprio nell’avere una ragione per investire: questo è particolarmente vero per le persone non più giovanissime, quelle che nella nostra società più facilmente hanno risorse da investire, perché le hanno guadagnate nella loro vita. I cristiani, gli stessi a cui è proposta una vita sobria, sono parimenti interpellati dal Vangelo a non nascondere, ma anzi a far fruttare i loro talenti (i talenti erano denaro) a beneficio della loro famiglia e del bene comune. E in questa ottica esiste un tipo di investimento molto più nobile, possibile per molti, sempre che si superi il timore del futuro: investire, o permettere che i giovani investano in un maggior numero di figli. L’elemento umano è un fattore indispensabile per la crescita economica: se la popolazione di una nazione sviluppata si riduce invece di crescere o almeno di rimanere stabile, il suo sviluppo economico imploderà. Un esempio lo abbiamo già oggi in Italia: una sciagurata politica per la famiglia degli ultimi decenni ha por- tato l’indice di natalità della nostra nazione ai limiti più bassi del pianeta: se non si interverrà decisamente, in pochi decenni il nostro paese perderà milioni di abitanti. Gli altri paesi del nord Europa e la Francia invece sono molto più attenti a sostenere la famiglia, vantano un indice di natalità molto superiore a quello italiano e non prevedono riduzioni di popolazione. È una proposta per i nostri politici, di ogni schieramento: una politica fiscale di alto livello, orientata al futuro puntando sulla famiglia e sulla formazione dei giovani in modo che essi un domani sappiano esprimere al meglio i loro talenti. Lasciare alcune migliaia di euro in più all’anno alle famiglie giovani e numerose, con una tassazione effettuata sull’introito complessivo della famiglia ma prima diviso per il numero dei componenti, come si fa in Francia, sarebbe certamente un modo per incoraggiare consumi più che produttivi: queste famiglie non userebbero certo i soldi in più per metterli in banca, ma per allevare ed accudire gli uomini e le donne del domani! Diverrebbero disponibili più posti di lavoro, perché non si sarebbe obbligati a lavorare in due a tempo pieno per mantenere il livello di vita accettabile, e verrebbe rivalutato il nobile lavoro dell’accudire i figli. Ma soprattutto si fornirebbe a un grande numero di persone una ragione per investire anziché consumare: se si hanno figli o nipoti, le famiglie più mature che magari hanno più risorse sarebbero indotte ad aiutare i figli più giovani ad approfondire la propria professione magari con corsi specializzati, e i figli già con famiglia a mettere al mondo più nipoti: se non altro per evitare di vedere un unico nipote oppresso dai regali di quattro nonni che non hanno altro da adorare. È un circuito virtuoso da innescare: più figli e nipoti, più voglia di investire per loro anche in attività economiche produttive, anziché magari in costosi viaggi di piacere all’estero: ecco una sobrietà che produce sviluppo.

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