“Siete il sale della terra”: breve suggestione ecologica

La vera sfida è quella di armonizzare le dinamiche umane e naturali

Il versetto del vangelo di Matteo “Siete il sale della terra…” (Mt, 5,13) viene solitamente letto come un’affermazione della natura del cristiano che deve riscoprire il proprio ruolo nel mondo, quello di dare un senso vero alla vita propria e degli altri e quello di agire “mischiandosi” con gli altri, come il sale fa con gli alimenti per renderli saporiti e degni di essere gustati. Ovviamente ci sono esegesi molto più approfondite, ma io non ho la competenza per trattarne. Mi piace invece leggere questo brano in maniera un po’ diversa e, come spesso si fa, fondandosi su suggestioni e pensieri che lo adattano alla propria esperienza.

Il sale non solo dà sapore, ma è anche un grande conservante naturale, forse il primo ad essere usato insieme al ghiaccio (e l’unico in territori caldi) per mantenere integri e fruibili a lungo vari alimenti, soprattutto la carne: non è un caso che la radice di “salume” derivi da “sale”. Inoltre, il sale nel terreno non deve essere né poco né troppo: se è troppo poco non esistono sali minerali e nutrienti per le piante, se ce ne è troppo la terra diviene sterile (lo sapevano bene gli antichi romani quando spargevano il sale sui campi dei vinti affinché non vi crescesse più nulla).

Mi piace pensare che tutto ciò si possa ritenere valido anche per il nostro rapporto con la Terra con la T maiuscola, cioè con il nostro pianeta, la nostra casa comune. E quindi che l’indicazione del vangelo ci ponga di fronte al nostro ruolo e alle nostre responsabilità verso questa casa. Come sale, da un lato dobbiamo conservare la Terra in uno stato di salute e fruibilità per noi e per le prossime generazioni, dall’altro dobbiamo abitarla con moderazione, perché altrimenti le facciamo del male e inneschiamo delle dinamiche che finiscono per fare del male anche a noi.

E non è un caso che questi due ruoli del cristiano (ma direi dell’uomo in generale) vadano insieme. Non basta infatti agire nei confronti della Terra con i semplici conservazionismo e preservazionismo – due concetti che vengono da una dicotomia qualitativa tra uomo e natura che risale a Cartesio – per cui anche il pensiero ecologico tradizionale mirava a tenere lontani uomo e natura per preservare quest’ultima dalla nostra “invasione”.

Oggi si è capito che non può esistere una natura senza l’uomo e che la vera sfida è quella di armonizzare le dinamiche umane e naturali in questo sistema complesso e completamente interconnesso che è il pianeta. Dunque, una certa inevitabile antropizzazione della Terra deve essere portata avanti senza stravolgere l’ambiente naturale, senza agire rapidamente e brutalmente, senza depredare e ferire la natura innescando le sue dinamiche naturali di risposta, dinamiche che iniziamo a vedere, soprattutto nel clima degli ultimi decenni.

In questo ambito il magistero di papa Francesco ci insegna molto e attualizza il messaggio evangelico nel nostro mondo così interconnesso e globalizzato. Il suo concetto di ecologia integrale, infatti, mostra che l’armonia tra uomo e natura non può esistere senza armonia tra gli uomini e senza lo stabilirsi di una società giusta ed equa. Anche in una lettura ecologica, quindi, come sale dobbiamo agire nel mondo a tutto tondo, nei riguardi sia della nostra casa comune che del nostro prossimo.

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