Senza lavoro, senza permesso

In tempi di crisi verrebbe da chiudersi e da pensare di dedicarci a quei “nostri” che hanno perduto il lavoro, dimenticandoci degli “altri”.
Un immigrato al lavoro

Perdere il lavoro è per un cittadino comune una tragedia personale e familiare. Significa vedersi sottrarre la propria occupazione quotidiana, la garanzia di uno stipendio, le proprie sicurezze ma anche il proprio status di lavoratore con sentimenti diffusi di emarginazione sociale. Se a perdere il lavoro è un cittadino straniero le conseguenze di questa tragedia sono però ancora più pesanti. Ritrovarsi un giorno disoccupati vuol dire perdere il diritto al permesso di soggiorno ed entrare – se non si trova presto un’altra occupazione regolare – in una condizione di clandestinità, oggi perseguita penalmente. Ciò può accadere magari dopo lunghi anni di lavoro presso un’azienda, a capo di un’attività imprenditoriale, con una famiglia e dei figli a carico i cui diritti dipendono in linea diretta da quello stesso permesso.
Negli anni dell’ascesa della nostra economia i lavoratori stranieri hanno fatto fiorire innumerevoli attività imprenditoriali e sono diventati attori decisivi del nostro sviluppo economico (circa un decimo del nostro Pil). Oggi si trovano però a pagare il prezzo più alto di questa crisi. Lavorano, infatti, in gran parte in piccole imprese che sono state costrette a chiudere, oppure hanno un contratto a tempo determinato e sono i primi a cui non viene rinnovato al momento dei tagli per la crisi; rischiano infine più degli autoctoni di essere soggetti a licenziamenti selettivi e non debitamente giustificati (http://www.neodemos.it).
In tempi di crisi verrebbe da chiudersi e da pensare di dedicarci a quei “nostri” che hanno perduto il lavoro, dimenticandoci degli “altri”. Il ministro alla Cooperazione internazionale e all’integrazione Andrea Riccardi ha invece proposto un atto concreto: prolungare per la durata di un anno il permesso di soggiorno ai lavoratori stranieri che perdono il lavoro. Anche solo per il rilancio dell’economia, è necessario infatti guardare a questa fascia più fragile, meno tutelata, ma anche nettamente più giovane, flessibile, dinamica della nostra società, rilanciandone i diritti e sperando insieme in un nuovo futuro. Ci sembra un’ottima idea.

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