“Parliamone… sabato” non piace alla gente

Non tutto il male viene per nuocere. E questo detto ci pare assai calzante per la vicenda del programma Parliamone... sabato, condotto da Paola Perego su Rai1, chiuso due giorni fa dopo la puntata in cui si discuteva del perché «le donne dell’Est sono fidanzate migliori di quelle italiane».

Ricordiamolo, brevemente, questo male: nel corso della puntata, in onda sabato pomeriggio – in orario di “tv per tutti”, bambini compresi –  la conduttrice mostra una slide (presa in Rete da un sito trash e rivista) con i sei punti che spiegano il perché le fidanzate dell’Est sono preferibili. Una serie di affermazioni senza ombra di dubbio sessiste, razziste e in quanto tali inaccettabili, sia per le donne “dell’Est” (quali sarebbero poi?) che per le italiane. Eccole: «Sono tutte mamme ma dopo aver partorito recuperano un fisico marmoreo», «Sono sempre sexy, niente tute né pigiamoni». «Sono disposte a far comandare il loro uomo». «Sono delle casalinghe perfette e fin da piccole imparano i lavori di casa». «Perdonano il tradimento». «Non frignano, non si appiccicano, non mettono il broncio».  A commentare il dato “sociologico” un parterre di ospiti evidentemente scelti perché ritenuti “opportuni” rispetto al tema: il direttore di Novella 2000 Roberto Alessi, per il quale le donne dell’Est Europa vengono in Italia perché da loro non c’è la pensione di reversibilità, l’ex conduttrice Marta Flavi, l’ex Miss Italia Manila Nazzaro e l’attore Fabio Testi. Quest’ultimo in particolare ha ricordato un aneddoto di un suo amico a cui la fidanzata di Mosca, “bellissima”, regalò per il compleanno una notte di sesso a tre in un “bordello”, chiedendosi infine «come fai a non innamorarti di una donna così? È difficile che una donna italiana ti faccia un regalo del genere». E la risposta “da pari opportunità” della Perego: «Perché un uomo italiano lo farebbe questo regalo ad una donna?».

Non ci dilunghiamo su quanto possa essere condannabile una rappresentazione siffatta della donna, tanto italiana che “dell’Est”, chiamata a soddisfare i desideri dell’uomo, «senza frignare», come fosse un oggetto. In tempo di quote rosa, pari opportunità (quelle vere) e battaglie per il riconoscimento dei diritti di base delle donne, l’evento di cui sopra ci pare sorprendente anzitutto perché fuori dal tempo.  Ma è comprensibile che la Rete abbia voluto esprimere, con forza, il proprio sdegno.

È bastato poco infatti che sul web si scatenasse il caos. Al tempo dei social, come è quello che stiamo vivendo, basta fare una foto “scottante” e metterla online per attirare l’attenzione su un fatto, sottrarlo alla legge del flusso, che tutto consuma e consegna all’oblio, e renderlo permanente e virale. Così è stato: l’immagine della slide ha fatto il giro dei social e la polemica si è infuocata al punto tale che è arrivata alle orecchie dei vertici Rai.

Il dg Campo dall’Orto, in una intervista di oggi al Corriere della sera ha riconosciuto l’«errore» che «riguarda non solo la conduttrice ma tutto il gruppo di lavoro» in quanto «la catena di comando è stata rispettata» e «se vogliamo è ancora più grave». Ha detto che «sabato è successa una cosa enorme» perché «se si arriva a rompere il patto di fiducia con i telespettatori e a dare una rappresentazione completamente inaccettabile delle donne, significa che nessun campanello d’allarme è suonato. Per questo il programma è stato cancellato», e ha annunciato che il lavoro di revisione del palinsesto Rai nella fascia del daytime già in corso sarà accelerato. Gli fa eco Monica Maggioni, Presidente della Rai, che si è scusata per l’«errore folle».

Dichiarazioni a parte, in queste ore è la Rai nel suo insieme ad essere sotto accusa. Quello della Perego non è l’unico programma non all’altezza della mission del servizio pubblico, e molte dinamiche nella gestione dell’azienda vanno riviste: dallo strapotere degli agenti delle star che hanno voce in capitolo – a quanto pare – anche sui contenuti (quello della Perego è il “potentissimo” Lucio Presta, agente di molti “vip” dello spettacolo, nonché marito della conduttrice) alla riorganizzazione della piramide gerarchica nella quale lo spostamento, pare difficile, di alcune figure “di comando”, i cosiddetti capistruttura, cioè i responsabili dei programmi – racconta in un retroscena il Corriere ‒ bloccherebbe da un anno, ovvero dall’insediamento del nuovo direttore di rete Andrea Fabiano, la riorganizzazione prevista. Riorganizzazione che dopo questo “folle errore” potrebbe quindi partire, insieme ad un ripensamento dei contenuti proposti.

Già questo aspetto potrebbe essere considerato un frutto positivo della vergognosa vicenda.  Ma in vero non è né l’unico né il più importante.

La rivolta che si è prodotta in Rete ci consegna un messaggio chiaro. La “gente comune”, quella alla quale il programma della Perego era rivolto per sua stessa ammissione, (http://video.leggo.it/leggotv/paola_perego_si_racconta_a_leggo_parliamone_sabato_il_programma_della_gente_comune-2321653.html ) non gradisce affatto contenuti del genere. E lo ha detto a gran voce condannando quanto trasmesso e la rappresentazione della donna che ne è emersa. Lo hanno detto moltissime donne, indignate, e altrettanti uomini, che hanno invitato le loro signore a «frignare e appiccicarsi» perché «col broncio siete ancora più belle».

Significa che non c’è più spazio per l’alibi che fino ad oggi ha riempito la tv pubblica e privata di programmi trash al limite della decenza, perché non è vero che «è quello che vuole la gente» e che programmi di qualità non avrebbero seguito. Tutt’altro. Basti pensare a Benigni che legge su Rai1 La Divina Commedia e fa ascolti record, o al successo di fiction come A un passo dal cielo, e Il commissario Montalbano.

Significa che la rincorsa dell’audience, comprensibile, deve percorrere binari diversi, perché il trash in tv raccoglie sempre meno gradimento. Infatti, forse anche grazie al dibattito che si sviluppa sui social, la “gente comune” sempre più è in grado di valutare la qualità dell’offerta televisiva e di pretendere almeno dalla tv pubblica, che contribuisce a finanziarie, contenuti di qualità. Divertenti, interessanti ma di qualità.  Ci vuole un lavoro diverso, è vero, una ricerca, una creatività vera che richiede tempo, sensibilità e cultura. Quella “cultura forte e condivisa”, anche riguardo l’identità e la mission del servizio pubblico, che per ammissione dello stesso dg Campo Dall’Orto, in Rai è mancata. Auguri quindi alla Rai, che da oggi non ha più alibi.

 

 

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