Una delle prime udienze del pontificato di papa Leone XIV è stata quella ai Fratelli delle Scuole Cristiane, riuniti in occasione del terzo centenario della promulgazione della Bolla In apostolicae dignitatis solio con la quale papa Benedetto XIII approvò l’Istituto e la Regola e in coincidenza con il 75° anniversario della proclamazione di san Giovanni Battista de La Salle come «Patrono celeste di tutti gli educatori».

Istituto Fratelli delle Scuole Cristiane
Un evento a cui ha partecipato tutta la Famiglia lasalliana, consacrati e associati al carisma di La Salle. Tra loro era presente Andrea Sicignano, insegnante all’Istituto San Giuseppe de Merode di Roma dal 2004, responsabile della pastorale, del volontariato e del Movimento dei Giovani Lasalliani. Da qualche mese lavora anche per la casa generalizia dei Fratelli delle Scuole Cristiane come direttore dell’ufficio per l’educazione dei Fratelli a livello globale. È sposato, ha due figli ed è associato alla missione educativa lasalliana.
Professor Sicignano, si aspettava questo incontro con il nuovo papa?
Questo incontro è stato imprevisto ed è stata una gioia improvvisa perché era un appuntamento che avevamo preso con papa Francesco tanto tempo fa e con tutto quello che è successo, con la morte di papa Francesco, non pensavamo che sarebbe stato confermato. Invece il conclave è stato veloce e soprattutto papa Leone ha confermato l’agenda, quindi in due giorni ci siamo trovati a dover organizzare tutto ed è stato veramente sorprendente ritrovarsi lì ad ascoltare le prime − quasi le prime − parole di papa Leone prima ancora della sua prima Messa, a una settimana esatta dalla sua elezione.
Come ha vissuto questo momento?
Per quanto riguarda me, sono arrivato a questo appuntamento emozionato, certamente con un’assenza nel cuore che era quella di papa Francesco, che è un’assenza che sento profondamente ma anche con una presenza bella, che è quella di papa Leone che si è presentato al mondo parlando di pace e ha scaldato tutti i cuori e anche il mio. Quindi, sono arrivato con sentimenti contrastanti e soprattutto con tanta curiosità e interesse. È stata una sensazione molto bella stare con questo nuovo papa, è stato molto familiare e accogliente, sembrava di conoscerlo da sempre.
Papa Leone XIV ha parlato ricordando il carisma di san Giovanni Battista de La Salle, che ancora oggi è attualissimo…
Il discorso che ci ha fatto è stato davvero molto bello. Ha riconosciuto nel profondo il carisma lasalliano e lo ha voluto poi attualizzare sottolineando due punti che mi sembrano quelli principali. Il primo punto è l’attualità: ha fatto riferimento a La Salle come colui che ha portato l’insegnamento nelle classi e non ai singoli, colui che ha portato l’insegnamento dal latino al francese e quindi nelle lingue nazionali. È stato un grande innovatore del suo tempo e il papa ci ha chiamati ad avere la stessa creatività profetica in questo tempo di cambiamenti. Lui stesso, come ci ha detto, ha scelto il suo nome facendo riferimento a Leone XIII che viveva in un tempo di cambiamenti sociali molto importanti e io credo che anche questo tempo di cambiamenti sia molto importante. Papa Leone XIV ha parlato dell’intelligenza artificiale e credo sostanzialmente che ci abbia chiesto di attuare questa profezia creativa nell’educazione, cioè di portare il mondo di oggi, l’attualità del mondo di oggi nella scuola, nell’educazione e quindi nella vita dei giovani, in una vita che rischia di essere sempre più sola. Il papa ha parlato di una grande solitudine che io riconosco davvero tanto nei giovani che incontro nella mia scuola. I ragazzi vivono in un mondo quasi alienante in cui si rischia di essere sempre più soli. L’invito del papa a trovare nell’attualità di questo mondo un modo per comunicare la gioia e la comunità l’ho trovato davvero incoraggiante e stimolante.
Il papa ha anche parlato di un altro aspetto del carisma lasalliano, la dimensione missionaria dell’insegnamento. Ce ne parla?
Papa Leone XIV ci ha parlato anche del nostro ruolo come missionari, cioè dell’importanza di vivere l’educazione come missionari perché san Giovanni Battista de La Salle diceva che l’altare, il nostro altare, è la cattedra. Anche questo lo trovo molto reale nella mia esperienza. Io insegno in una scuola del centro di Roma, dove i ragazzi sono economicamente benestanti, ma ci sono tante povertà che portano a quella solitudine di cui parlavo prima, del sentirsi soli in mezzo a tante persone. Ho scoperto che questa povertà, non dico si cura ma, insomma, guarisce piano piano portando questi giovani a fare servizio dai poveri, dagli emarginati, dai bambini Rom. Tutti i venerdì facciamo questo servizio e vedere che questo non solo crea comunità, perché è un obiettivo che hanno insieme al di là di ogni divisione tra di loro, ma dà un senso, dà una profondità, dà una visione e li fa sentire più uniti anche a noi insegnanti. Quindi, trovo che le parole del papa sul vivere l’insegnamento come una missione per me in particolare siano assolutamente vere e profonde.