Non si può essere felici senza gli altri

Nel mondo delle relazioni sociali e affettive, l’unilateralismo è un atteggiamento egoistico che ha lo scopo di garantire il potere e il controllo di una certa situazione. E ciò è espressione di una vera e propria patologia della reciprocità. Come contrastarla?

La felicità è reale solo quando è condivisa. È questa l’intuizione che il giovane protagonista del film Into the Wild matura prima di morire di stenti nelle remote terre dell’Alaska. Il ragazzo parte da solo per fuggire da un mondo che lo ha deluso, per dare un significato alla sua vita, e questa ricerca lo porta a capire, troppo tardi purtroppo, che l’uomo è un essere sociale e che la felicità non può essere raggiunta da soli, ma ha bisogno degli altri.

Nei rapporti affettivi fra due adulti il senso della reciprocità è alla base della felicità, della comprensione e della sintonia fra i partner. È la reciprocità che garantisce lo scambio di gesti e attenzioni. Nella vita di coppia bisogna imparare a restituire ciò che si riceve. Altre volte ho sottolineato come in questa età dell’ansia in cui viviamo si possa facilmente essere vittime di un mercato dell’individualismo, di una tendenza a sfiduciare le relazioni con gli altri, i quali vengono percepiti come un ostacolo al raggiungimento dei propri fini, come una possibile minaccia.

Il riconoscimento lascia il posto al disconoscimento sistematico dell’altro. Matura l’idea che il benessere sia prerogativa della sfera personale, qualcosa che si ottiene individualmente, la cui conseguenza non posso che essere rapporti provvisori e precari. Tale mentalità risente di quella che potremmo definire una normo-patologia: i dubbi, le paure e la sfiducia legati alle relazioni con gli altri sono così comuni e frequenti che acquisiscono il carattere di normalità.

Nel mondo delle relazioni l’unilateralismo è un atteggiamento egoistico che ha lo scopo di garantire il potere e il controllo di una certa situazione. E ciò è espressione di una vera e propria patologia della reciprocità. Non stupisce sapere che dietro alle diverse diagnosi psicopatologiche si riscontrano puntualmente difficoltà di rapporto con gli altri, mancanza di empatia e di amore, incapacità di mantenere rapporti paritari e reciproci.

Una coppia felice sa creare significati condivisi, non solo rispetto a ciò che i partner possono vedere con gli occhi e sentire con le orecchie, ma anche rispetto alla loro vita interiore, ai sentimenti, ai pensieri e alle speranze di ciascuno.

La ricerca comune di ciò che ha più senso per entrambi è una garanzia del legame profondo sia nei momenti di gioia che in quelli di dolore, sia in quelli di benessere che in quelli di stress. La condivisione dei significati profondi presuppone però che si sappiano integrare le esigenze personali con quelle dell’altro, accordando armoniosamente il proprio bisogno di attaccamento con quello di autonomia.

La condivisione, costruita attraverso la disponibilità e l’ascolto, accettando anche di rinunciare a ciò a cui si tiene, crea benessere: tale consapevolezza dovremmo averla non solo nei confronti delle persone che amiamo, ma anche dell’ambiente in cui viviamo.

 

 

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