Nel nome di Sauro

Articolo

Ore ed ore di allenamento. Migliaia di chilometri nelle gambe. Paolo Bettini adesso è pronto. Una nuova stagione di grande ciclismo sta per entrare nel vivo, e l’attenzione è rivolta a questo trentatreenne livornese. E già… Perché il grillo, come è stato ribattezzato affettuosamente dai suoi tifosi, in questi anni ne ha fatta di strada. Ho iniziato ad andare in bicicletta perché mio fratello Sauro correva. Lo seguivo alle corse finché un giorno mio padre non mi ha preso una vecchia bicicletta. L’ha sistemata, pitturata di rosso: quella è stata la mia prima bici. Poi sono arrivate le prime gare, le affermazioni da dilettante, ed il tanto desiderato passaggio nel mondo dei professionisti. Dove, per diversi anni, Paolo ha svolto il ruolo di gregario di lusso al servizio di un fuoriclasse come Michele Bartoli. Michele è stato uno dei miei maestri. Da lui ho imparato come si corre e come si vince. In quegli anni molti ne elogiavano le qualità, altri intravedevano in lui le stimmate del campione, ma Paolo continuava a lavorare nelle retrovie, fino a quando non si è presentata l’occasione giusta. La Liegi- Bastogne-Liegi del 2000 è stato il momento in cui la mia carriera ha avuto una svolta. Bartoli quel giorno era a casa per un infortunio, io ho corso per la prima volta da capitano, ed ho vinto. Un successo che ha portato Bettini ad aspirare a sempre maggiori traguardi. E così in questi anni sono arrivate numerose vittorie. Su tutte, il trionfo olimpico ad Atene 2004 ed il titolo mondiale conquistato lo scorso anno. Successi ottenuti con un modo di correre che ormai è diventato uno stile. Un campione che sa emozionare, che non si risparmia mai, e che è dotato di una generosità in gara e di una intelligenza tattica fuori dal comune. Con un piccolo segreto … Si tratta di capire quando è il momento di rimanere concentrati sulle gare, e quando è invece il momento di pensare ad altro, di staccare la spina. Se sono a casa, ad esempio, sono capace di lasciare la bicicletta nel garage anche per una settimana. In quel momento la mia attenzione è tutta lì, per la mia famiglia . I suoi punti di forza in gara? Lo scatto bruciante ed un’ottima resistenza. Ma anche uno sprint che talvolta gli ha permesso di battere velocisti del calibro di Cipollini, Zabel, Freire e Petacchi. Paolo però, oltre alle qualità tecniche, ha anche qualità umane che ne fanno uno dei ciclisti più apprezzati e stimati dell’intera carovana. Basti pensare che in occasione della vittoria al mondiale dello scorso settembre il tedesco Zabel (giunto secondo) e lo spagnolo Valverde (terzo), invece di essere delusi per l’occasione persa hanno preso Paolo, lo hanno sollevato sorridendo, scherzando, e tributandogli uno dei riconoscimenti più belli per un atleta: quello che viene dalla stima dei propri avversari. Un momento di gioia indimenticabile, a cui ha fatto seguito pochi giorni dopo un momento di dolore che ha segnato per sempre il nostro campione: la morte improvvisa del fratello Sauro in un incidente d’auto. È incredibile, ho vinto una delle gare più importanti e dopo pochi giorni ho capito che era una cosa quasi inutile. A caldo, dopo la morte di Sauro, non volevo più correre. Poi, Paolo ha sentito che doveva tornare alle corse, che anche suo fratello avrebbe voluto così. Sarà difficile dimenticare l’immagine del suo pianto sul traguardo dell’ultimo Giro di Lombardia, vinto pochi giorni dopo la scomparsa di suo fratello. La mattina, alla partenza, non pensavo di affrontare la gara. Avevo deciso di partire per onorare la maglia di campione del mondo appena conquistata, ma la testa non c’era. Poi, strada facendo, qualcosa è scattato dentro di me. Alla fine della gara, tra le lacrime, il nipote Francesco, il figlio di Sauro, gli ha sussurrato Oggi c’era il papà che ti spingeva. E lui: È vero, da oggi non pedalo più da solo. In uno sport spesso avvolto da problemi di iniezioni e flaconi, Paolo Bettini rappresenta una speranza per i tanti innamorati di questa disciplina. Che ora attendono con ansia di vederlo andare a caccia di nuove imprese. Voglio fare una bella stagione con la maglia di campione del mondo. Correrò tanto in Italia, lo devo ai miei tifosi. E mi piacerebbe vincere il Giro delle Fiandre . Un sogno? Disputare la Parigi-Roubaix. Vorrei farla non per vincerla ma solo per essere al via, per attaccarmi il numero di partenza sulla maglia, per provare questa esperienza almeno una volta nella vita. Solo per provare, certo, ma per un campione come lui nessun traguardo è proibito in partenza.Anche perché ora Paolo… non correrà più da solo.

I più letti della settimana

Chiara D’Urbano nella APP di CN

La forte fede degli atei

Mediterraneo di fraternità

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons