Natale 2003: una lacrima sul disco

I discografici lo attendono ogni anno come i naufraghi aspettano la nave della salvezza. Solo che ogni anno la zattera è più affollata, e il bastimento assomiglia sempre più alle povere carrette che intasano i mari contemporanei. Ma tant’è: bisogna abituarsi. E allora vale segnalare qualche dischetto in grado d’ammorbidirci il magone. Almeno fino al giorno in cui sarà definitivamente chiaro a tutti che tra poco i dischi li si troverà solo più dagli antiquari. Cominciamo dagli album antologici, estremo e ormai patetico tentativo degli strateghi del business d’arginare il disastro incombente. Quest’anno quasi tutti propongono anche la versione video in dvd, e ce n’è ovviamente per tutti i gusti, più o meno esaustivi, più o meno pretestuosi, più o meno abbaglianti. Red Hot Chili Peppers, Peter Gabriel, Rem, Springsteen, Eagles, Pearl Jam (solo per citare i nomi più in vista): tutti a far bella mostra coi loro greatest-hits nuovi di zecca o con frattaglie riciclate, naturalmente guarnite dal bravo inedito regolamentare, giusto per costringere i fans a comprare una canzone al prezzo di venti (unica eccezione tra i big, le nuove canzoni di Sting nel suo gradevole Sacred Love). E i nostri non sono da meno, da De Gregori a Ligabue, da Carboni a Concato, fino alla Consoli: han fatto i furbetti anche loro, ma se non altro camuffando l’operazione proponendo dei live inediti. Tra le proposte più dignitose oltre al graffiante e a tratti geniale ritorno di Frankie Hi-Nrg Ero un autarchico (Bmg) e l’ultimo Bersani Caramella Smog (Bmg) segnalo il doppio cd di omaggio a Fabrizio De Andrè: Faber-Amico Fragile (Bmg) è un ottimo album dal vivo firmato dai più bei nomi della scena italica, da Vasco a Fossati, dalla Mannoia al Liga passando per Celentano (che in verità c’entra con De Andrè, come la nutella coi maccheroni). Sul fronte internazionale le c o s e migliori arrivano – t a n t o p e r cambiare – da nomi ancora poco altisonanti. Ryan Adams per esempio, un giovanotto americano già leader dei Whiskeytown: lui di idee ne ha così tante che di dischi ne ha addirittura pubblicati due a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro: il ruspante Rock’n’Roll (Universal) e il più morbido Love is Hell Part One (Lost Highway). Altro talento da tener d’occhio è Rufus Wainright, figlio d’arte, canadese d’adozione: un incrocio tra Freddie Mercury ed Elton John, innamorato delle vecchie atmosfere di Tin Pan Alley, dell’operetta e del musical d’altri tempi. Il suo Want One (Universal) è un signor disco, e parecchio originale oltretutto. Da non dimenticare anche il lanciatissimo John Mayer col suo Heavier Things (già recensito qualche numero fa). Ancora più intriganti alcune proposte che escono dall’ortodossia pop-rock. Per esempio il nuovo Costello: North (Deutsche Grammophon) richiama Kurt Weil e la canzone di più alto profilo, quella che oscilla tra il jazz e il retropop da camera. Più o meno la ricetta proposta anche dall’inedita accoppiata Ennio Morricone & Dulce Pontes: un album di gran classe il loro Focus (Universal), sostenuto da quell’incedere epico e struggente insieme che solo il fado incrociato con una grande orchestra può dare. Agli amanti della world-music suggerisco invece il delizioso ritorno della grande Cesaria Evora con Voz de amor (Bmg), un piccolo capolavoro di p o e s i a estratta dal cuore caldo della morna di Capo Verde. Anche la black-music statunitense, in mezzo al solito oceano di banalità, propone qualcosa di buono: ai tradizionalisti consiglio il buon ritorno della sempreverde Aretha Frank- lin con gli aromi soul e rhythm’n’blues che sprizza il suo ruspante So damn’ Happy (Arista), mentre per i modernisti c’è l’hip-hop ruggente di Ericah Badu e del suo World Wide Underground (Universal). A metà strada tra le due trovate invece il Diary di Alicia Keys (su J Records), in gran forma anche lei. Un paio di chicche anche per gli amanti del rock-blues, entrambe su etichetta Edel: l’album postumo con le ultime incisioni di John Lee Hooker (Face to Face) e lo spumeggiante doppio live del redivivo John Mayall (70th Birthday Concert) impreziosito da gente del calibro di Eric Clapton e Mick Taylor. I must per gli amanti del trendysmo sono certamente Room on fire (Sony), ovvero l’atteso second-out dei rockettari newyorkesi Strokes, e gli appena emersi Oi-Va-Voi, un gruppo britannico che mischia con irresistibile buon gusto la dance con la musica kletzmer: il loro Laughter with Tears (Outcaste) è uno dei debutti più intriganti dell’anno. Per i nostalgici c’è invece la riedizione riveduta e ristretta del beatlesiano Let it be, diventato Naked (Emi): come dire che l’ultima frontiera del riciclo s’è spostata dall’addizione alla sottrazione. Chiudo con un accenno ai soliti christmas album, ingrediente immancabile di questo scampolo di stagione. Quest’anno ne sono arrivati meno del solito: tra i pochi degni d’interesse segnalo quello omonimo e folkeggiante dei Jethro Tull (su etichetta Random). Auguri a tutti. Franz Coriasco

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