Il lavoro e la difesa degli ultimi

Il sindacato rischia di perdere la sua natura profetica e di assomigliare ai poteri che deve criticare. Il monito di papa Francesco nel suo incontro con la Cisl. Il parere dei “vecchi leoni” torinesi di sindacalmente.org dopo le Settimane sociali di Cagliari
Haley Nelson/Post-Gazette

È un segno dei tempi o solo il paradosso della fine di un epoca, ma accade che solo in un canale della televisione della Chiesa italiana riesca a trovare spazio una critica radicale del capitalismo come quella che compie Luigino Bruni nel programma “Benedetta economia”. Ospite della prima puntata del 29 ottobre, incentrata sulla lettura attuale del testo biblico delle levatrici d’Egitto, è stata Susanna Camusso, segretaria nazionale della Cgil. Alla fine la conduttrice Eugenia Scotti, la sindacalista e l’economista hanno ascoltato una storia senza un finale positivo. L’ennesima conferma del capitale senza volto che determina la vita di una coppia, moglie marito, licenziati, senza motivo, dalla loro società, passata di mano dalla proprietà di una famiglia italiana a quella di un fondo di investimento con sede a Manama, capitale del Regno del Bahrein.

Probabilmente, oltre all’analisi, esistono strumenti per reagire a tale sproporzione di forze, ma il primo ostacolo, secondo molti, è proprio la crisi del sindacato. Come ha anche detto papa Francesco incontrando la Cisl il 28 giugno 2017, «nelle nostre società capitalistiche avanzate» il sindacato rischia di diventare «troppo simile alle istituzioni e ai poteri che invece dovrebbe criticare», mentre «nasce e rinasce tutte le volte che, come i profeti biblici, dà voce a chi non ce l’ha, denuncia il povero “venduto per un paio di sandali” (cfr Amos 2,6), smaschera i potenti che calpestano i diritti dei lavoratori più fragili, difende la causa dello straniero, degli ultimi, degli “scarti”».

Il gruppo di riflessione che esprime il sito sindacalmente.org segue da tempo questa crisi strutturale della rappresentanza dei lavoratori cercando le tracce di una sua possibile rinascita. Lo curano due sindacalisti dalla memoria lunga, Toni Ferigo e Adriano Serafino, ai quali abbiamo rivolto alcune domande su questa ricerca di senso del lavoro.

Da cosa nasce il vostro impegno?  

Sindacalmente.org  è giunto all’ottavo anno di vita (circa 3.500 articoli pubblicati, ndr). È stato promosso da un gruppo di sindacalisti Cisl torinesi con esperienze diverse, dentro e fuori il sindacato, nei primi anni assieme ad Alberto Tridente, ed esponenti della Cgil come Vittorio Rieser, Francesco Ciafaloni e Gianni Marchetto. Pubblichiamo articoli, schede di lettura per favorire l’analisi socio-politica e dare un contributo all’“unità dei sindacati”, condizione indispensabile per incidere nella società. Il nostro scopo è quello di far scoprire il valore propositivo del senso critico, di dare anima e voce ai milioni di tesserati al sindacato, ora ridotti a semplici numeri. La libertà, cantava Giorgio Gaber, è partecipazione. La partecipazione priva del senso critico è come la pasta senza lievito.

Da dove bisogna partire?

Bisogna cercare di cambiare il rapporto tra i “quartieri generali” e la base che vive e vede la quotidianità delle trasformazioni sociali e tecnologiche, abbattendo le mura del “fortino” di un sindacato diventato più simile alla corporazione. Nella Cisl sono circa 6.000 i componenti delle segreterie ai vari livelli, a tempo pieno…a vita. In quel tipo di “fortino” sono molto praticate la fedeltà e l’obbedienza “ai superiori” e scarsamente familiari sono la libertà di parola e il senso critico, ovvero le basi della vita associativa partecipata, per consentire di “prender parola” agli oltre 4,2 milioni di iscritti Cisl, ai 52.200 delegati aziendali, ai 19.800 delegati pensionati, con oltre 1.700 sedi sindacali

C’è un difetto di memoria storica?

Certamente e latita la formazione. Oggi nel sindacato pochi sanno di quel Pierre Carniti, (segretario generale della Cisl, ndr) capace di fare un comizio di fronte a nessuno, in una fabbrica milanese dove i lavoratori erano stati diffidati dal fermarsi per ascoltare. Andare contro corrente e avere coraggio è la prerogativa di un “sindacalista che opera per e con i lavoratori”, che sa immaginare, e si batte, per un futuro per i lavoratori con più giustizia, più uguaglianza, più solidarietà e più fraternità.

Come vedete oggi il sindacato al quale rimanete iscritti?

La Cisl vista da noi, dalla “riserva indiana“dei pensionati, ci sembra ben lontana dalle caratteristiche di quei tempi. Non ci persuade la risposta abituale che dice: “..erano altri tempi, siete un po’ nostalgici”. I nostri ricordi, se ben selezionati, danno forza e speranza, suggeriscono analisi. Ad esempio: la formazione dei sindacalisti ha caratterizzato la Cisl dalla sua nascita e per molti anni. Ora non è più così: si pensa di poterne fare a meno, perché poco   “paga” per l’ascesa negli organigramma, dove serve meglio la fedeltà e l’obbedienza.

Con quali modalità si deve esprimere, oggi, quel senso di appartenenza e militanza?

Sindacalmente.org opera per fare informazione e per stimolare discussione e approfondimenti, per “fare prendere parola” ai tanti che sono costretti solo all’ascolto, e poi, volendo, accodarsi ai vari “follow me”. Per contrastare le tante forme di centralismo caratterizzato da autoritarismo che emargina e reprime anche. Nel sindacato come nei partiti e movimenti.

Quali sono i criteri della vostra attività di formazione e informazione?

Cerchiamo di seguire le tematiche all’ordine del giorno dei media, ripescando  quelle notizie – per noi significative – che, nel volgere di pochi giorni, scompaiono o sono relegate a margine. È un lavoro che richiede tempo. Manteniamo una finestra aperta sui problemi internazionali.

Che tipo di ricerca seguite?

Selezioniamo materiale, di diverso orientamento, per conoscere come sta cambiando il mondo: economia, finanza, sociale. Per il lavoro: discernere cosa eliminare e cosa tenere del passato, per progettare il nuovo.

Il taylorismo si è aggiornato, vengono introdotte nuove tecnologie, la produzione è globalizzata, il mercato del lavoro frammentato. Gli strumenti organizzativi del passato vanno ripensati per esprimere la rappresentanza sindacale che è obbligata ad organizzarsi in dimensione extra-nazionale (quindi prima europea e poi mondiale) per contrastare e battere il principale virus della globalizzazione: il dumping su diritti sindacali e sociali.

Cosa emerge da questa analisi?

Che la difesa e la promozione del mondo del lavoro resta la missione storica del sindacato, ma nell’era delle tecnologie “mangia lavoro” è urgente  delineare un sindacato per il futuro, definendo strategie per il crescente mondo del non lavoro, a partire dalla cronica disoccupazione giovanile. Poi c’è il pianeta degli anziani, sia per un loro protagonismo nella società, sia per l’aspetto assistenziale. E poi, garantire flussi d’immigrazione con progetti d’accoglienza, d’inserimento e di lavoro.

Quanto incide la questione dei robot?

Oggi, le nuove tecnologie, i robot, la cosiddetta “fabbrica intelligente” producono certamente nuove professionalità, ambienti di lavoro moderni, con più attenzione all’ergonomia: però il saldo tra nuove professionalità e l’occupazione che prima era richiesta con “vecchie” tecnologie è fortemente in deficit, più produttività ma meno occupazione.

Su quali nuove attività (studio, formazione, nuove forme di mutualismo) bisogna suddividere il tradizionale orario di lavoro settimanale definito nell’era fordista, espansiva anche per l’occupazione? Queste formeranno il totale del nuovo orario? Rispondendo a questi interrogativi vogliamo anche discutere di “reddito universale” senza cadere nell’assistenzialismo.

Tali questioni sono al centro del dibattito sindacale?

Poco dibattuti nel grande corpo sociale della Cisl; ne parlano sindacalisti d’altri tempi, come, ad esempio, Pierre Carniti, Sandro Antoniazzi, Savino Pezzotta, Nicola Cacace, Raffaele Morese, che nei loro interventi delineano i contenuti per una nuova frontiera sia rivendicativa sia partecipativa, per un’alternativa all’economia dello scarto, come ricorda papa Francesco, che produce solitudine.

Cosa significa il leone che campeggia su sindacalmente.org?

All’inizio di questa attività siamo stati definiti “i vecchi leoni della Cisl”, da una cronista de La Stampa di Torino. Il nostro leone, un po’ triste, osserva con bonomia e fa compagnia all’operaio della vignetta che dice “se scoprono che mi piace pensare, passo un guaio”. Ci piace quanto scritto dal filosofo americano Rawls con la metafora della società dei leoni. Serve sentirsi un pò leoni, avere il coraggio di proporre iniziative nuove e non temere di esprimere il dissenso, in pubblico. Pensare è un piacere e valorizza la persona. È necessario per il mondo del lavoro e non lavoro. I guai sono il pane della vivacità. Ben vengano. Vuol dire che qualche cosa si muove. E poi pensiamo che fare il sindacalista non sia solo un mestiere ma anche una missione.

 

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