Latte: accorciare la filiera

Si chiariscono le posizioni dei produttori e degli industriali. L’eccesso di produzione. La vicinanza dei vescovi sardi… in attesa del governo

Cambiare prospettiva e accorciare la filiera degli acquisti. È una delle opzioni che comincia a farsi strada anche in Sardegna dopo le proteste di questi giorni con decine di ettolitri di latte versati per strada, come segnale forte di disagio nel quale si trovano migliaia di allevatori dell’Isola, ai quali non viene riconosciuto un prezzo congruo del latte: solo 60 centesimi a litro, insufficienti a coprire i costi di produzione. Per poter guadagnare dal loro lavoro i pastori dovrebbero ricevere almeno un euro a litro più Iva.

Per questo si sta facendo strada la convinzione di andare a comprare latte e i suoi derivati direttamente dagli allevatori, saltando le intermediazioni che portano ad avere il prezzo del formaggio ovino sui banchi del supermercato almeno a 12 euro al chilo, quando per produrre una forma di formaggio occorrono 5 litri di latte.

La colpa del prezzo basso non è tuttavia solo di chi lo trasforma, complici sono anche le regole del Consorzio di produzione del Pecorino Romano. Gli industriali, riuniti nel Consorzio di tutela, decidono quanto formaggio produrre e dei 300 milioni di litri di latte ovino prodotti, 165 sono destinati al Pecorino Romano e 135 ad altri due Dop (Fiore Sardo e Pecorino Sardo) più ulteriori piccole produzioni.

Il piano di produzione approvato dal Consorzio ha stabilito una soglia di 280.000 chili che – secondo i pastori – avrebbe consentito la quantità in grado di garantire un prezzo equo del latte. Ma – accusano gli allevatori – è stato approvato un piano di produzione che ha consentito uno sforamento fino a 340.000 chili, con una sanzione di appena 16 centesimi per ogni chilo prodotto in più. In questo modo – sempre secondo i pastori – è calato il prezzo del pecorino romano e conseguentemente quello del latte ovino. Secondo la Coldiretti solo due trasformatori avrebbero rispettato il plafond stabilito. L’eccesso di produzione – accusano gli allevatori sardi – è stato scaricato sui produttori per far calare il prezzo del latte.

Non c’è solo il latte tra i prodotti vittime della crisi. Anche l’olio e altri beni della terra rischiano la svendita per la concorrenza di prodotti provenienti dall’estero. Un nuovo segnale di mobilitazione è stato messo in atto in moltissimi centri dell’Isola: lenzuola bianche appese ai balconi delle abitazioni in segno di solidarietà verso i pastori. Oggi è previsto un vertice in Regione tra produttori di latte, anche se Coldiretti si è sfilata dall’incontro, e industriali caseari, con la mediazione della Giunta sarda. Ma si guarda a giovedì pomeriggio a Roma, dove il ministro Salvini ha convocato associazioni di categoria, governo e produttori al Viminale per cercare un’ulteriore mediazione.

La tensione resta comunque alta in tutta l’Isola. Anche i vescovi sardi hanno testimoniato vicinanza ai pastori chiedendo però loro di soprassedere sui versamenti di latte in strada. «Piange il cuore – scrivono – vedere le nostre strade invase da quel fiume bianco, che dovrebbe essere, invece, veicolo di benessere e di serenità per chi lo produce. È vero che la sopportazione è arrivata al limite e il senso dell’ingiustizia subita non può tollerare ulteriore indifferenza da parte di chi è tenuto ad assicurare il giusto riconoscimento a un lavoro tanto duro e spesso ingrato; eppure si tratta pur sempre di un ben di Dio che non deve andare sprecato». Apprezzando il gesto, scrivono i Vescovi, «di coloro che hanno trasformato la protesta in atti di solidarietà verso le classi più povere delle nostre comunità. Segno di straordinaria sensibilità e nobiltà danimo che ha sempre caratterizzato i nostri uomini di campagna».

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