La vita delle parole

Le parole non sono solo locuzioni ma sono l'esito di lunghe e profonde elaborazioni culturali: un popolo intero vive nelle parole.
Simboliche

Lungo le campagne vicino a Volterra, un viaggiatore si aggira con la sua auto per strade sterrate quando un’anziana signora lo ferma e gli dice: «Oh bischero, t’arde il lume». Aveva i fari dell’auto accesi… Esistono molte parole per dire le stesse cose – ricorda l’aneddoto che un amico mi ha raccontato – ma alcune più di altre ci fanno assaporare il gusto di una cultura. Le parole, infatti, non sono solo locuzioni ma sono l’esito di lunghe e profonde elaborazioni culturali: un popolo intero vive nelle parole. Esse sono come il pane: impastate con gli ingredienti della terra, del paesaggio, hanno colori, suoni, odori. Al contempo sono il nutrimento che di generazione in generazione alimenta il pensiero e la capacità di comunicare.

Eppure oggi se ne usano sempre meno. Il parlare quotidiano non usa più di 2.500 parole che da sole esauriscono l’80 per cento di tutti i nostri enunciati. Le lingue tendono a impoverirsi, molte parole scompaiono, altre cadono nell’oblio; per questo in tutti i Paesi europei si stanno moltiplicando iniziative volte a salvare le parole più preziose. In Italia, il dizionario Zanichelli ha raccolto attraverso un blog le parole che potrebbero servirci ancora, anche se le stiamo dimenticando. Un lungo elenco di termini diversi ma parimenti densi ed espressivi, che ci consentono di articolare le molteplici sfumature del pensiero, di raccontare con precisione un’emozione, uno stato d’animo. Come esprimere altrimenti la fragranza del pane appena uscito dal forno? Come rendere la sottile percezione di un suono flebile nella notte? E l’umore di una giornata uggiosa? In quale favola può mancare il naso adunco delle streghe?

 

Molte parole muoiono, non è (solo) un problema di istruzione ma di comunicazione. Ancora oggi contadini e pastori conoscono parole bellissime e ricche di significati, altrove dimenticate. Le hanno semplicemente apprese da bambini, imparando a usare gli attrezzi del mestiere, la varietà delle sementi, assistendo ai rituali del lavoro. E allora ripartiamo dai bambini. Concediamoci una moratoria di vezzeggiativi, diminutivi, verbi solo indicativi, vocine in falsetto, asserzioni da cartoni animati e ricominciamo a parlare ai bambini con precisione. Raccontiamo loro le cose importanti della vita, le nostre emozioni, le gioie e i mali del mondo con le parole adatte, quelle che esprimono con intensità le sfumature del reale. Nella relazione affettiva tali parole, attinte con cura nel bagaglio delle nostre emozioni e del nostro vissuto, saranno il regalo più prezioso per imparare a pensare e ad esprimersi profondamente.

I più letti della settimana

Chiara D’Urbano nella APP di CN

La forte fede degli atei

Mediterraneo di fraternità

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons