La partita di ogni giorno

A Verona la sfida della socializzazione e dell’inclusione per tutti. Coinvolte amministrazioni comunali, scuole e società sportive.
Diversamenrte abili

L’appuntamento con Roberto Nicolis, amico e operatore socio-sportivo del Csi di Verona, è per le 18,30. Parcheggio la macchina, scendo e Roberto è lì ad aspettarmi. Un caloroso saluto e saliamo le scale che conducono alla soglia della nuova casa, fresca di trasloco. Dal terrazzo della sala da pranzo, la vista spazia su un grande parco, dove i bambini giocano. Poco più in là la piscina e gli impianti sportivi. Semplice caso o sotto si nasconde qualcosa?

 

Con Roberto ci sediamo attorno al tavolo di legno chiaro della cucina, davanti a una gustosa torta di mele. «Devi sapere che dove ci sono io c’è sempre una ciambella!». Subito dopo si comincia a parlare di sport, più precisamente (o forse inevitabilmente) di biciclette, visto che è una comune passione. «Ricordo quando sono andato a vedere i Mondiali a Verona nel ’99, sulle Torricelle (una salita poco fuori dal centro cittadino). C’era gente da tutte le parti d’Italia, altri venivano dalla Francia, dalla Germania, dal Belgio. Il comune denominatore era divertirsi e guardare i corridori. Tra un passaggio e l’altro ho fatto amicizia con un tale che aveva un televisore nel camper. Mentre si guardava la corsa sul piccolo schermo, insieme ad altre persone, si affettava il salame, si parlava, ci si incontrava. Al punto che il proprietario del camper mi ha invitato a salire sul tetto del suo mezzo per vedere il passaggio della corsa».

 

E così senza accorgermene mi ritrovo già dentro l’intervista: «Cos’era successo in quell’occasione durante i mondiali di Verona? Lo sport aveva mostrato la sua capacità di mediatore culturale, di strumento d’incontro tra le persone, di riduttore degli handicap. Perché le vere difficoltà oggi sono le distanze tra gli individui».

Roberto nutre con passione un sogno, che negli anni è diventato un lavoro; usare il gioco, lo sport, l’arte e la musica per far incontrare le persone, senza escludere nessuno, nei luoghi-simbolo della società: una strada, un teatro, una piazza, un mercato. Sembra di tornare per un attimo a scoprire la funzione fondamentale dello sport, proclamata da Nelson Mandela: «Lo sport ha il potere di cambiare il mondo»; e ancor prima da De Coubertin, padre delle moderne Olimpiadi: «Lo sport è parte del patrimonio di ogni uomo e di ogni donna e la sua assenza non potrà mai essere compensata».

 

Leggendo la realtà con queste idealità, Roberto, attraverso la collaborazione con le Ulss della provincia, incontra circa 380 ragazzi disabili a settimana, promuovendo l’attività sportiva per tutti, ma soprattutto con tutti. «Nel momento in cui giochi, le persone con disabilità non ti chiedono solo di giocare, ma di giocarti. Non di essere, ma di esserci. Lo sport diventa così motivo di incontro e di scambio tra le persone. Il gioco è la chiave per entrare in tutte le dimensioni della persona». Così il sogno di Roberto è diventato realtà nel 1996, quando all’interno del progetto “Handicap e sport” del Csi di Verona è nata la “Grande sfida”, manifestazione internazionale di cultura, sport, arte e dialogo, dove le città e i paesi diventano luoghi di incontro per tutti.

 

Un tour che da maggio a giugno colora le strade di tanti comuni del veronese, coinvolgendo nell’organizzazione le amministrazioni comunali, le scuole e le società sportive. Il momento clou è “La grande sfida international”, una coinvolgente festa finale in piazza Bra a Verona dove tutti si incontrano senza discriminazioni, per giocare, dipingere o suonare uno strumento, disabili compresi.

 

«Quest’anno abbiamo proposto come tema per la 16ª edizione il desiderio. Ognuno poteva attaccare un biglietto con il proprio sogno su un grande albero. Il desiderio porta con sé una dimensione fondamentale: la relazione. Per realizzare qualcosa, hai inevitabilmente bisogno dell’altro. Parlando con il sindaco davanti all’albero dei desideri, ci siamo accorti che questa iniziativa può essere una valida opportunità per costruire un programma elettorale alla portata di tutti». Forse è proprio vero ciò che afferma il sociologo Zygmunt Bauman: «La nostra vita è un’opera d’arte. Per viverla dobbiamo porci delle sfide difficili. Possiamo solo sperare di riuscire prima o poi, con uno sforzo lungo e lancinante, di raggiungere standard di eccellenza ed obiettivi ben oltre la nostra portata, dimostrandoci così all’altezza della sfida».

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