La forza e i sogni di Matteo Orsi

Il 19enne atleta ligure ha vinto la medaglia d’oro agli Europei Paralimpici Giovanili di Genova: dopo un grave incidente in moto, la sua vita è ricominciata anche grazie al Tennistavolo. Il suo sogno, adesso, sono i giochi di Tokyo 2020

«Da elemento per ricominciare a vivere, lo sport è diventato ragione fondamentale della mia esistenza»: le parole di Matteo Orsi, 19 anni di Albissola (Savona), rappresentano l’esempio di come sia possibile rialzarsi anche dopo eventi tragici, divenendo al tempo stesso emblema dei valori dell’attività sportiva e dell’importanza che questa può avere nella vita di ognuno di noi. Il giovane albisolese si è infatti aggiudicato, lo scorso giovedì, la medaglia d’oro nel tennis tavolo ai Giochi Europei Paralimpici Giovanili tenutisi a Genova e Savona: un risultato arricchito anche da un argento nel doppio e un bronzo a squadre, reso ancor più straordinario dal fatto che l’atleta ha cominciato ad allenarsi in questa disciplina soltanto nel 2014.

Matteo Orsi, infatti, si è avvicinato al Tennistavolo dopo l’incidente del maggio 2014 quando, mentre rientrava a casa con la motocicletta, è stato investito da una macchina che gli ha tagliato la strada, causandogli la paralisi dallo sterno in giù. Un evento del genere, in un periodo in cui ci si comincia ad affacciare alla vita adulta, è doppiamente tragico: il ragazzo ligure, però, ha trovato nello sport non solo le motivazioni per ricominciare a vivere, ma addirittura nuovi stimoli che lo hanno spinto a diventare uno dei migliori atleti del panorama paralimpico europeo.

«Quando ho avuto l’incidente avevo 16 anni – ha dichiarato Matteo in una intervista al sito dagospia.com – l’unico pensiero che hai è quello di continuare a vivere. Nell’ospedale in cui ero ricoverato era iniziato proprio in quel periodo un progetto di Tennistavolo. Sono stato dimesso dall’ospedale il 25 ottobre e tre giorni dopo ho fatto il primo allenamento. Gli amici sono stati importanti, non si sono mai allontanati».

Matteo si tessera quindi con l’Asd Tennistavolo Savona, diventando il primo giocatore disabile in squadra e dimostra subito un talento e una tenacia fuori dal comune: nel giro di due anni, la passione e la voglia di cominciare una nuova vita lo hanno portato a vincere ben tre ori ai Mondiali Under 23 di Praga nel 2016, diventando poi campione italiano assoluto l’anno successivo. Ai Giochi Paralimpici Europei della scorsa settimana è arrivata una ulteriore consacrazione internazionale: la medaglia d’oro è giunta dopo un percorso netto, in cui il savonese ha superato il girone all’italiana battendo 3-0 lo svedese Brooks e 3-1 l’austriaco Caha. In semifinale Orsi ha superato 3-1 l’altro svedese Ollson, per poi vincere in finale 3-1 contro lo slovacco Travnicek.

Una giornata difficile ed emozionante, come ha dichiarato il neo campione europeo a fine gara: «nello sport ho ritrovato la voglia di dare il meglio di me stesso. Conoscevo già i miei sfidanti, anche se nulla può essere scontato. Ho soltanto pensato di andare a giocarmela con tutti: Travnicek, ad esempio, era dato favorito contro di me e, infatti, è stato un incontro combattuto fino alla fine». Orsi ha anche avuto l’opportunità di leggere il giuramento, all’inizio della manifestazione: «è stato stupendo, rappresentare 600 atleti è motivo di grande orgoglio e onore». L’obiettivo, adesso, è quello di spostare l’asticella delle aspettative sempre più su: il prossimo passaggio sarà infatti quello di tentare la qualificazione alle Paralimpiadi di Tokyo 2020: «il movimento paralimpico italiano è in grande crescita, ma non sarà affatto facile. Per andare in Giappone devo salire ancora nella classifica internazionale».

La vita, nel frattempo, prosegue anche oltre il Tennistavolo: dopo la patente e il diploma di maturità, lo attende la facoltà di Ingegneria all’Università: «visto dal di fuori – ha dichiarato al Tg1 – ciò che mi è successo può esser visto come qualcosa che ti stronca. Dal mio punto di vista, però, penso che non potrei essere qui: mi sono salvato e adesso la mia vita va benissimo. Bisogna sempre guardare il lato positivo delle cose».

 

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