La Festa vira verso la fine

Mancano due giorni alla conclusione dalle dodicesima edizione della rassegna romana. Ma le sorprese non sono finite

Si fa strada il tema della violenza, vista sotto diverse luci. Incomincia il giovane documentarista americano Tom Volf che, dopo quattro anni di lavoro, spulciando tra gli archivi e le confidenze degli amici, ha presentato Maria by Callas. Un omaggio d’amore ad una “divina” conosciuta attraverso le incisioni qualche anno fa e diventata oggetto di un mito personale.  A quaranta anni dalla morte, a 53 anni, nella solitudine di Parigi, esce il ritratto  di una donna dalla  vita difficile, violentata anche dal successo come dalle difficoltà in famiglia e sul lavoro. Si rivela una Maria tanto superba – la Callas – sul palcoscenico e fragile nel privato. Strumentalizzata dagli uomini e alla ricerca inutile di un affetto stabile: Meneghini, Onassis, Pasolini, Di Stefano sono gli uomini della sua vita che il documentario rivela attraverso interviste inedite – una nel 1970 a New York, straordinario filo conduttore -, frammenti di lettere da dove emerge un carattere oscillante tra un fatalismo molto greco e vendicativo e il desiderio struggente di essere compresa. I filmati inediti di ammiratori – la Callas come Madama Butterfly o Norma -, i “dietro le quinte”, le interviste corredano un prodotto prezioso con ripetuti inserti musicali. Forse troppo Puccini (la Callas mai è stata una cantante pucciniana), troppo poco belcanto (mancano Donizetti e Rossini) che era il suo vero repertorio. Ma la grandezza di una voce carismatica, unica e assoluta, il ritratto la trasmette tutta con autentico amore, tratteggiandone la carica vitale irripetibile.

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Un’altra donna, ancora oggetto di violenza sia domestica che mediatica. Siamo in America e la pattinatrice Tonya Harding nel 1994 viene accusata di aver organizzato l’aggressione alla rivale Nancy Kerrigan. Il film di Craig Gillespie I,Tonya mette il dito sulla piaga della vicenda e racconta la vita di questa bambina fragile, vittima di una madre durissima, che vuole fare di lei una star del ghiaccio, e ci riesce, a prezzo di sacrifici formidabili: primo fra tutti, la mancanza di affetti veri, la privazione dell’infanzia e della giovinezza che hanno forgiato un carattere ribelle e fragile. Attraverso interviste e flashback si tenta di scoprire la verità sulla nota vicenda (Tonya fu condannata ed estromessa dallo sport) ma ancor oggi è difficile stabilire come siano andate veramente le cose, date le diverse “verità” raccontate dai protagonisti (l’ex marito, la madre). La scarica di elettricità e di violenza, anche verbale, attraversa il film senza un attimo di pausa e lo rende simile ad una tragedia familiare e sociale, dove si costruiscono  miti e successi che durano un giorno, ma poi  finiscono nel disprezzo e nel dimenticatoio.

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Billy Moore, un pugile inglese, ha scritto la sua autobiografia che è diventata il film A Prayer before Dawn, presentato a Cannes e diretto da Jean-Stéphane Sauvaire. Il ragazzo inglese, grande pugile ma sfatto da droga e alcool, vive per tre anni in una prigione della Thailandia. Risorgerà a prezzo di sacrifici, per sopravvivere, tornare sè stesso e riconciliarsi col padre. La boxe è sport violento, sanguinoso: il regista non ci risparmia dolore, rabbia, scontri, la disumanizzazione, anche quella di un carcere. Il processo di risalita del ragazzo (Joe Cole) è lento, duro, con ricadute e soprusi, ma la rinascita è possibile e uno spiraglio di speranza pure.

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Ben poca di speranza ne lascia invece, nella sezione Alice, l’opera prima di Ulisse Lendaro L’Età imperfetta, una storia adolescenziale di incontro-scontro fra due amiche-nemiche. Camilla, padre vicentino madre russa (Anita Kravos, perfetta nei ruoli difficili) vuole diventare danzatrice classica e si prepara per l’audizione. Ma i falsi amici la mettono nei guai, la ragazza saprà come uscirne con fredda determinazione. Uno sguardo disincantato sul mondo adolescenziale di oggi, sulla apparente tranquillità della provincia, e sui ragazzi capaci di un odio-amore che arriva all’estremo. Straordinaria la giovane  protagonista Marina Occhionero, buona la regia, amara l’atmosfera.

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