Intervista a Lorella Cuccarini

Conduttrice in radio e tv, cantante, ballerina, attrice e showgirl. Pippo Baudo le offre il ruolo di prima ballerina a “Fantastico” a solo 20 anni; dopo “Odiens” e “Paperissima”, è pioniera della prima diretta di “Buona Domenica” su Canale 5. E ancora “Sanremo”, fiction e teatro con musical record di incassi

Alta, slanciata, magra, senza un filo di trucco. Pantaloni neri, tacchi d’ordinanza, non molto alti, una camicia colorata blu, bianca e oro. Il volto piccolo, due grandi occhi azzurri, una cascata di bionde chiome. Semplice, disponibile, una persona del tutto normale. Prendiamo un cappuccino nel bar del centro Rai di Saxa Rubra con il riverbero rosso, blu e verde che si riflette sul tavolo proveniente dai tanti monitor appesi alla parete e sintonizzati ognuno su un diverso canale del servizio pubblico.

È reduce dal grande evento di Nemica Amatissima, due prime serate su Raiuno, dove ha sfoggiato un’incredibile forma fisica nei balletti e una rara intensità vocale nei remix dei suoi grandi successi.

51 anni, sposata da 25 anni, 4 figli. Non ti senti, nel mondo dello spettacolo, un po’ una mosca bianca? Assolutamente no. Il nostro ambiente è assai vario come tutti i luoghi di lavoro. Esistono tante belle famiglie felici che resistono nel tempo. Certo, nello spettacolo ce ne sono un po’ meno perché ci sono tante interferenze, ma una mosca bianca no. Non siamo così pochi.

 

Per i tipi di Piemme è uscita la tua autobiografia dal titolo “Ogni giorno il sole”. Un passo importante? Non c’era l’intento di scrivere un’autobiografia, ma di raccontare un po’ di me. Da tre anni rifiutavo perché non pensavo che la mia storia fosse particolarmente interessante, poi il regista Stefano Genovese mi ha proposto un progetto interessante. Al Caffè delle Arti di Roma abbiamo registrato 35 ore di conversazione con tante persone che non conoscevo, ma che avevano tante curiosità nei mie confronti. Da queste conversazioni è scaturito un racconto molto autentico. Tante persone potranno identificarsi con le persone con cui ho parlato.

 

Nel libro sei definita: mamma, pop, multitasking… Racconto delle mie radici e di come sono arrivata al successo. E soprattutto di quello che sono al di fuori del mondo dello spettacolo e del mio mestiere. Viene fuori di più la mamma perché questo lascio trasparire a chi mi conosce nella quotidianità. Pop perché per il mio lavoro e per i miei figli mi piace calarmi nei tempi in cui viviamo. I figli mi mantengono giovane perché ti proiettano nel loro mondo alimentando quel “bambino” che c’è in ognuno di noi. Multitasking come tutte le donne del mondo, perché non credo esista una donna che non faccia contemporaneamente 15 cose insieme. Chi non mi conosce pensa che un personaggio dello spettacolo viva in un mondo parallelo, invece, la mia vita è molto più prosaica e semplice.

 

Hai 4 figli: Sara, Giovanna e i gemelli Chiara e Giorgio, ma non tutto è cominciato bene… Ho perso il primo bambino per un aborto spontaneo. In quel momento l’idea di non poter avere figli mi tolse il fiato. Decisi allora, al culmine della carriera, di fermare tutto per un anno contro il volere di manager, addetto stampa, collaboratori. Pure mio marito era contrario. Niente più programmi televisivi. Smisi perfino di allenarmi. Dopo tremesi, senza nessuna particolare terapia, restai incinta di Sara. I miei figli sono i miei spettacoli più belli e nessuno di loro è stato di impedimento alla mia carriera.

 

Con tuo marito Silvio il rapporto si è mai incrinato? Un rapporto di coppia viene messo in crisi ogni giorno. Sono tante le piccole o grandi difficoltà all’interno di una famiglia: dai problemi casalinghi alle tensioni nei rapporti, dalla malattie ai lutti. Ogni occasione avrebbe potuto rappresentare un motivo di distacco, invece le crisi hanno quasi sempre consolidato il rapporto tra me e mio marito. Ognuno di noi trova nell’altro la forza necessaria.

 

Come passi il tuo tempo libero? Mi piace molto stare con i miei figli, cercare di essere sintonizzata sui loro gusti, sulle loro passioni, fare cose che piacciono a loro perché ci avvicinano. Poi mi piace cucinare, organizzare feste. In realtà, per me, è un grande hobby anche il lavoro. Il mio mestiere per me è gioco, passione, divertimento.

 

Più volte hai raccontato che «la danza mi ha salvato»… Era la mia passione e il mio obiettivo. Mi dava modo di guardare la vita oltre il vissuto contingente: mio padre ha abbandonato la famiglia quando avevo 9 anni. Ho vissuto con un padre assente e una madre, sarta, che bastava per tutti e tre i figli. La danza mi ha  salvato perché abitavo in un quartiere, il Prenestino di Roma – all’epoca oltre la mia casa c’era la campagna –, dove si faceva vita di strada, di periferia. I  rischi di finire in cattive compagnie erano alti. Aver trascorso tante ore in palestra per allenarmi anziché girovagare sulla strada mi ha consentito di dare un’altra direzione alla mia vita. Mi pagavo da sola la retta mensile dei corsi con ogni tipo di lavoro: pulizie, segreteria, assistente del coreografo. Davanti agli specchi della palestra, alla fine  della lezione, mi sentivo felice e potevo immaginare il mio futuro.

 

A 20 anni con “Fantastico” arriva il successo televisivo. Anche tu sei stata vittima della “sindrome di Narciso”, una crescita dell’ego a dismisura? Da giovanissima ho rischiato anch’io perché avere a 20 anni un successo così prepotente e dover gestire la notorietà non è facile. Ho avuto la fortuna di avere una famiglia che non ha approfittato del mio successo e mi ha protetto, accompagnato, facendomi un po’ crescere. Non ho mai fatto delle scelte per inseguire il denaro, ma delle scelte che fossero propedeutiche per  crescere  professionalmente e nella vita. E quando hai tante offerte, tanto successo, tanti premi, tante proposte cominci a mettere te stesso al centro dell’universo.

 

Anche perché un talento è un dono… Esattamente. Nel tempo ho imparato a vivere ogni successo, ogni traguardo come un grande regalo che mi veniva fatto dalla vita e con l’idea che niente ti è dovuto. Non è neanche detto che, perché hai avuto successo nel tuo mestiere, sia scontato anche per il futuro e prosegua nel tempo. È sempre frutto del tuo lavoro, del tuo seminare, della tua caparbietà, del tuo costruire, del tuo crescere. Oggi che ho superato i 50 anni, credo di aver capito la lezione. E cerco di vivere ogni cosa che faccio come un grandissimo dono.

 

Dove trovi tutte queste energie, so che ti alleni ancora tutti i giorni… Dipende moltissimo dalla passione che hai e dall’amore che metti nelle cose che fai. Questo mestiere l’ho desiderato e l’ho amato sin da quando ero piccolissima. Ancora oggi, finché avrò l’opportunità e la forza per farlo, cercherò di buttarmi con tutta me stessa nelle mie avventure con la forza, l’amore e la passione che ho sempre avuto. Non sempre si riesce, ma credo che la passione e l’amore per quello che faccio, in qualche modo, traspaia e riesca a comunicarlo al di là dei risultati.

 

Dal servizio pubblico televisivo che tipo di spettacoli ti piacerebbe vedere? Mi piacerebbe mediare tra la televisione di oggi e quella di ieri. Una volta la televisione era molto più artigianale e originale. Sapevamo veramente raccontare e intrattenere con una tv che era tra le più amate e invidiate al mondo. Oggi prendiamo quasi in maniera pedissequa i format che provengono dall’estero e li adattiamo al nostro pubblico. Non c’è mai quasi più niente che nasca dalle nostre menti. E siccome credo che il nostro parco autorale sia ancora molto valido, mi piacerebbe che questi due mondi dialogassero. Non significa guardare indietro e pensare solo a un passato glorioso, ma guardare con un occhio un po’ più critico l’assetto di oggi. Arrivare ad una sintesi tra questi due mondi può fare solo il bene della nostra televisione.

 

Che programmi hai per il futuro? Intanto sono contenta di come è venuto questo libro anche se non ho doti di scrittrice. Credo che sia sincero, che esca dagli stereotipi che si hanno di me, di donna bionica e maestrina. Sui giornali, anche per mancanza di spazio, su di me si dicono sempre le stesse cose. Inoltre ho un progetto con il teatro Brancaccio di Roma, dal 2 marzo, con il musical La regina di ghiaccio. Maurizio Colombi ha scritto lo spettacolo basandosi sulla favola Turandotte di Carlo Gozzi che ha ispirato anche la Turandot di Puccini. Mi stimola molto portare un’opera così importante a un pubblico familiare. Se riusciamo ad avvicinare anche le giovani generazioni alla grande tradizione della musica italiana, facciamo qualcosa di buono.

 

Che ruolo ha avuto la fede nella tua vita? Soprattutto in questo ultimo periodo ha avuto un ruolo importante. La fede è qualcosa che respiri in famiglia quando sei piccolo e la vivi più che altro come una tradizione e non come una scelta. Poi ci sono i passi che fai man mano con i sacramenti. Il passaggio che fai dalla Comunione alla Cresima è un piccolo crescendo, ma la vera maturità arriva con il matrimonio e con l’arrivo dei figli, le scelte che compi per loro, come educarli. È come fornirgli una tavolozza di colori dove i figli possono attingere per farsi un loro disegno e sappiano camminare sulle loro gambe. Fino all’accettazione delle perdite delle persone che non ci sono più. In questi ultimi anni l’importanza della fede si è palesata molto di più perché cominci a fare i conti con tante cose che a 20 anni non rappresentano un problema.

 

«Con Gesù e in Gesù mi sento più forte. Nulla mi fa paura. Nemmeno la morte», scrivi nel tuo libro. Devo dire la verità. Parlo soprattutto della mia, su quella delle persone che amo ci sto lavorando ancora…

 

Ma se oggi fosse il tuo ultimo giorno di vita, cosa diresti a chi rimane quaggiù? Di non piangermi, ma semmai di pregare per me perché ce n’è sempre bisogno.

 

E se dovessi incontrare Gesù, cosa gli diresti? Non avrei parole. Penso che mi metterei solo in ascolto con la massima apertura del cuore.

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