Interdipendenti con la natura

Come si arriva alla cura della casa comune nella prassi quotidiana della gestione di spazi verdi.

A quattro anni dalla pubblicazione dell’Enciclica Laudato Si’ è giusto riflettere di nuovo sul nostro rapporto con la natura. Svolgo la professione di ingegnere-giardiniere e ringrazio il papa e il suo grande ispiratore, san Francesco d’Assisi, perché ci donano una dimensione ampia della Chiesa impegnata per la protezione del creato.

In fondo è giusto immaginare che le persone che si occupano di giardinaggio siano una specie felice, perché in continuo contatto con la natura. L’esperienza del toccare le piante con le proprie mani, crescere, conoscere, gestire vivai o giardini, magari parchi pubblici, vivere con la natura, amare la natura e, allo stesso tempo, essere stimato dalla gente per le tue capacità. Ma oggi, come in ogni epoca, la teoria regnante dell’economia ha un’influenza forte anche in questo campo. Su questo punto vorrei soffermarmi.

L’ingegnere-giardiniere che progetta e realizza degli spazi verdi si trova da una parte con degli esseri viventi che gli sono affidati e dall’altra deve agire tenendo conto delle regole del gioco dell’economia di consumo. Non poche volte questi due “mondi” sono chiaramente in contrapposizione tra di loro, ma credo che ci possano trovare dei punti d’incontro.

Il giardiniere per legge deve garantire due anni di garanzia per le piante che cura. Normalmente, in un periodo sufficientemente lungo, quando sono assicurate le circostanze favorevoli, la vita della pianta dura oltre il periodo di garanzia.

La pianta in quanto tale è determinata  – dal programma amoroso del Creatore – a crescere, dare frutti, semi, a dare la propria vita in tutti i sensi. La pianta-merce invece no: la sua vita e morte dipendono da interessi economici, dal mercato, dalla moda momentanea, dal rendimento nello spazio in cui si trova, ecc… Ma nella mia esperienza non c’e una vera tensione tra interessi economici e la custodia del Creato. Intendo dire che in un lavoro svolto bene e nell’interesse particolare del consumatore trovo la soluzione: questo dà speranza di un rapporto vero con il Creato che nell’epoca moderna è minacciato da più fronti.

A mio avviso la merce del giardiniere non sono le piante, né i servizi di giardinaggio ma la convinzione che siamo interdipendenti con la natura e che crescendo in questa reciprocità ogni persona scopre sé stesso sempre di più. Perché è bene che siamo chiamati ad «accettare il mondo come sacramento di comunione, come modo di condividere con Dio e con il prossimo in una scala globale. È nostra umile convinzione che il divino e l’umano si incontrino nel più piccolo dettaglio della veste senza cuciture della creazione di Dio, persino nell’ultimo granello di polvere del nostro pianeta». (Laudato si’)

Il giardinaggio, il lavoro faticoso di creare e mantenere degli spazi “semi-naturali” è un modo eccellente che ci lega alla natura e a tutti gli esseri viventi, perché quella cura che si esprime nel microcosmo di un giardino o di un parco, ci porta a partecipare nella cura del “macrocosmo”, che è l’intero mondo creato.

I più letti della settimana

Chiara D’Urbano nella APP di CN

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons