Il Paraguay di Cartes: un’azienda con responsabilità sociale

In un clima che oscilla tra speranza e sospetto di una riedizione delle frustrate promesse alle quali i paraguayani sono abituati, l’imprenditore del Partito Colorado, Horacio Cartes, 50° presidente costituzionale, inaugura un governo in cui “prevalgono idoneità e integrità” sulle vecchie logiche clientelari di partito. Il carisma comunicativo e la rapidissima carriera politica di un uomo d'affari di successo.
Horacio Cartes

Lo scenario era quello delle grandi feste, con il Palazzo presidenziale dei López come telone di fondo e il  nuovo lungofiume e la baia di Asuncion come orizzonte. Tuttavia, la partecipazione popolare alla festa civica, cominciata poco dopo le 8 del mattino di una soleggiata e appena fresca mattinata invernale australe, è stata molto modesta. Se si eccettuano le personalià invitate, il pubblico presente non superava le mille persone.

Probabilmente, é un segno della prudente aspettativa di un popolo troppo abituato alle promesse e, purtroppo, anche alle conseguenti regolari frustrazioni. Nel suo primo discorso ufficiale come presidente, pronunciato dopo il giuramento, Horacio Cartes, il “Berlusconi paraguayano”, eletto per il Partito Colorado, ha mostrato fiducia in sé stesso e nella sua squadra, carisma e determinazione.

La sua estrazione di imprenditore di successo – ha un gruppo di oltre 20 ditte, nel settore tabacchi e bevande gassate, ma anche una squadra di calcio, il Libertad –, il suo grande patrimonio e certe ombre sulle sue origini, il carisma comunicativo, l’empatia e la rapidissima carriera politica (iscritto al partito dal 2009, ha votato per la prima volta nelle elezioni che l’hanno proclamato presidente), sono elementi che permettono un parallelo con il Cavaliere, salvando le differenze di contesto.

Cartes ha subito indicato un profilo altamente tecnico per la sua squadra di ministri. Anche se composto di affiliati al partito, i nomi hanno suscitato sommesse critiche della vecchia guardia, abituata a confondere Stato con partito, e a concepire i ruoli pubblici come privilegi e merce di scambio. Nella scelta dei segretari di Stato si sono cercati “idoneità e integrità”.

«La transizione verso la democrazia è ormai conclusa − (dopo la fine della lunga dittatura del generale Strossner, conclusasi nel 1989, e di cinque presidenti costituzionali, con le prime due alternanze di segno politico nella storia del paese) −: non ci sono più pretesti per rimandare ciò che va fatto», ha affermato il capo del governo.

Il quale ha affermato con orgoglio che «il Paraguay ha tutto quello di cui ha bisogno», salvo «i mezzi economici per sviluppare la sua ricchezza. Ha ciò che altri necessitano: acqua potabile (l’immenso Acquifero Guaranì), energía pulita e rinnovabile, terra al 90 per cento coltivabile e fertilissima. Ciò è la nostra forza e quindi la nostra opportunità».

Per non perdere questa gran chanche, Cartes ha promesso sicurezza cittadina e giuridica, serietà, credibilità e prevedibilità, cose che «dobbiamo assicurare noi paraguayani». Questo sarà la base per l’aumento degli investimenti stranieri, in un quadro favorevole: il paese ha una delle pressioni fiscali più basse della regione e una crescita del PIL prevista per il 2013 del 13 per cento.

E poi i paraguaiani hanno «il bene più prezioso: la loro gente», che «non chiede né vuole elemosine, bensì opportunità, per tutti». La fiducia che ha voluto trasmettere è per il neopresidente il fattore chiave per lo sviluppo, ad intra e ad extra. Il suo discorso ha toccato praticamente tutti le problematiche e i settori sociali trascurati: poveri, indigeni, bambini della strada, giovani, donne, anziani, salute, educazione, sicurezza, rispetto per l’ambiente.

Il presidente ha assicurato trasparenza nei conti pubblici, chiamando il popolo ad essere giudice del suo impegno, anche se si è astenuto dall’indicare mete troppo precise. Ha dichiarato “guerra alla povertà”, dicendo: «Potremmo realizzare le tante e grandi opere di infrastruttura di cui ha bisogno il paese, ma se non riduciamo l’indice di povertà, queste saranno sterili».

In quanto all’inserimento internazionale, Cartes è stato prammatico e diplomatico, salutando particolarmente i presidenti di Brasile (primo socio commerciale del paese) e Argentina, oltre agli altri capi di Stato presenti, cominciando da quelli del Mercosur, e ha riaffermato la sua determinazione di rafforzare le relazioni bilaterali e multilaterali e la complementarietà tra nazioni.

Ai giovani, parafrasando papa Francesco, ha detto «Non posso più chiedervi pazienza, vi chiedo sana ribellione. Se questo presidente non mantiene le promesse, fate confusione, giovani!».Dopo un monito ai corrotti, che «non avranno la complicità» del capo di Stato, si è detto convinto che «il lavoro e la sicurezza sono due facce della stessa moneta. Dove c’è lavoro, diminuisce la criminalità. Prova di questo è che, nei quartieri marginali dove si è installata l’opportunità di un lavoro degno, l’indice di criminalità è sceso dell’80%».

Un messaggio conciliatore, che ha chiamato al «concorso di tutti i paraguayani»ed ha promesso di governare per tutti, anche «per quelli che hanno deposto la loro fiducia in altri candidati. Questo discorso è l’inizio di un governo di fatti». E sono i fatti quelli che ora i paraguayani attendono, con urgenza e senza farsi troppe illusioni.


Il Paraguay in cifre

Superficie:                         406 752 km2

Abitanti:                              6.672.933 (2012)

Frontiere:                           Brasile, Argentina, Bolivia

Lingue ufficiali:                 Spagnolo e Guaranì

PIB pro capite annuale:  4.855 dollari

Moneta:                              Guaranì

Indice di povertà:             30%

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