Il bambino interiore

«Sento spesso parlare di bambino interiore, cos’è esattamente?». Lino - Monza

Per Freud esiste un’eguaglianza tra inconscio e infanzia che continuamente cerca di condizionarci in età adulta data la sua natura regressiva e invadente, e cioè con il ritorno al passato. Tutti noi cerchiamo, seppure inconsapevolmente, di ripristinare le condizioni e le situazioni che ricordano e assomigliano alla nostra infanzia a prescindere se l’infanzia sia stata bella o brutta, l’importante è riviverla, replicarla di nuovo, e questo perché, sentenziava Freud, «sopra ogni cosa, noi amiamo noi stessi com’eravamo da bambini». Per cui risulta imprescindibile entrare in dialogo con questo “bambino genitore di tutti noi” allo scopo non solo di conoscerlo meglio ma soprattutto di acquisire una maggiore libertà interiore da vivere nel proprio quotidiano.

Tra tutti i grandi della psicoterapia chi prese sul serio il concetto di rapportarsi esclusivamente con il bambino interiore è stato forse Milton Erikson il quale spesso ripeteva nelle sue sedute ipnotiche frasi del tipo: «Voglio che tu scelga un momento nel passato in cui eri una bambina piccola piccola. E la mia voce ti accompagnerà. E la mia voce si muterà in quelle dei tuoi genitori, dei tuoi vicini, dei tuoi amici, dei tuoi compagni di scuola e di giochi, dei tuoi maestri. E voglio che ti ritrovi seduta in classe, bambina piccolina che si sente felice di qualcosa, qualcosa avvenuto tanto tempo fa, qualcosa tanto tempo fa dimenticato».
Quindi, riflettendo sul fatto di affrontare il proprio passato con moderazione, resto convinto che sia opportuno rivolgersi alla già citata arte di “diventare genitori di sé stessi”, un’arte che comporta tre aspetti principali: guardare con benevolenza a tutto ciò che abbiamo ricevuto durante l’infanzia e l’adolescenza, avere ben chiare tutte le privazioni, le delusioni e il dolore patiti durante l’infanzia, sforzarsi di avere un buon rapporto con il bambino che c’è in noi per garantirgli ciò di cui ha bisogno per crescere.

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