I mali d’Italia, secondo Stefano Zamagni. Come affrontarli

AppuntI dall’intervento dell’economista, tra i fondatori della Scuola di Economia civile, al festival della dottrina sociale di Verona di fine novembre. Andare oltre il conservatorismo compassionevole, ripartire da un’impresa per la civitas e rilanciare la cultura
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«Il dispotismo vede nella separazione tra gli uomini la garanzia della sua permanenza. Il despota facilmente perdona i suoi sottoposti per non amarlo, a condizione che essi non si amino l’un l’altro». Una conclusione attuale, quella dell’economista Stefano Zamagni, tra i fondatori della Scuola di Economia Civile con sede al Polo Bonfanti di Figline Incisa Valdarno, al termine di una precisa disamina: parole tratte dal testo Democrazia in America, dato alle stampe nel 1835 da Alexis de Tocqueville, figlio di Hervé Clérel, uno dei tanti rivoluzionari francesi poi decapitato nel periodo del terrore dallo stesso “fuoco amico” firmato Robespierre.

 

Un epilogo pronunciato dall’economista in occasione del Festival della Dottrina sociale svoltosi nell’auditorium del Cattolica Center di Verona dal 24 al 27 novembre e intitolato “In mezzo alla gente”. Dopo decenni difficili, ben più di oggi, ha premesso Zamagni, il Paese è stato capace di progressi per i quali non può, oggi, disperare, a patto di non insistere su antichi mali ben distinti nella storia recente del Belpaese.

 

Ecco alcuni elementi tratti dall’intervento di Zamagni.

Inventiva e innovazione. «Siamo ai primi posti nel mondo per inventiva, ma agli ultimi per innovatività, perché via di regole del gioco che in Italia sono di fatto di ostacolo all’innovazione: non a caso esportiamo cervelli. Ce li portano via: basti pensare alle start up che spesso al terzo anno vanno all’estero…», afferma.

 

Politiche occupazionali o del lavoro? In Italia esiste un preoccupante fenomeno che riguarda i cosiddetti Neet: sono giovani fino ai 29 anni che non studiano, non lavorano, né sono in fase di apprendistato. Se nell’Ue sono 13 milioni, in Italia sono 2 milioni: un’autentica vergogna nazionale, sottolinea Zamagni. Se continuiamo a insistere su politiche occupazionali anziché su politiche del lavoro, è chiaro che i Neet sono destinati ad aumentare. 

 

Corruzione organizzata. Quello che però fa specie è la presenza della corruzione organizzata, che porta via l’1% del Pil. «Forse perché siamo più cattivi in Italia?», ironizza Zamagni, che spiega: Tacito due mila anni fa introdusse il concetto secondo cui «più erano le leggi e più aumentava la corruzione». Il problema è che in Italia molte non sono espressive, cioè coerenti con una tradizione, alcune culture e valori, che allontanino la cultura civica dal percorso retto, un concetto caro a papa Francesco.

 

Diseguaglianza sociale per “ereditarietà”. In Italia, chi nasce da famiglia povera ha il 70% di probabilità di continuare ad essere nella stessa condizione dei genitori: un nodo cruciale per risolvere il quale non c’è bisogno di ulteriori risorse ma intervenire su alcuni punti.

 

Cosa occorre, quindi, oggi in Italia secondo l’economista Zamagni?

Affrontare il “conservatorismo compassionevole”, un tratto tipico per il quale il Paese non affronta le cause generatrici di effetti dolorosi che poi cerca con compassione di lenire o tamponare.

Bisogna ripatire dall’impresa, storicamente maltrattata da certe matrici ideologiche, affinché torni al centro come impresa civile, cioè al servizio della “civitas”, città delle anime, a differenza di “urbe”, città delle pietre. Il contributo dell’impresa per la “civitas”, può e deve andare al di là dell’impresa stessa.

 

Infine, bisogna rilanciare veramente la cultura: produrre ossia “pensiero pensante”, tema già caro a papa Paolo VI. Ci siamo illusi, spiega Zamagni, che bastasse qualche “pensiero calcolante”, cioè quello che risolve i problemi, ma nulla potrà essere risolutivo senza pensiero pensante.

 

Ventimila, secondo le stime della segreteria organizzativa, gli accreditati da tutta la penisola per un festival cui erano presenti anche mons. Dario Edoardo Viganò, Prefetto per la Segreteria della Comunicazione della Santa Sede, artefice di una prolusione intitolata “La pervasività dei media che tipo di relazioni permette? Mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, mons. Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e presidente del Comitato delle Settimane Sociali, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin. Tra le centinaia di imprenditori presenti, 11 figure del panorama italiano sono state insignite del “Premio all’impegno d’impresa per il bene comune”.

Un contributo in grado di offrire più di uno spunto per arricchire e promuovere le settimane sociali dei cattolici italiani, il cui prossimo appuntamento è previsto a Cagliari.

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