Godard e Thor

Sempre più spesso alcuni si domandano se il cinema sia vivo o morto o moribondo. I cinefili prima di tutto. Il mercato, o meglio i produttori, stanno già indicando una risposta. Sempre più blockbuster  per accontentare il grande pubblico e toglierlo dalle poltrone di casa a guardarsi i dvd e i serial, e rari prodotti per gli affezionati della "settima arte".  Eccone due esempi in sala. Il mio Godard e Thor: Ragnarock

Tracciare il ritratto di un artista vivente è sempre una sfida. Parlare di Jean-Luc Godard, fondatore della Nouvelle Vague, intellettuale marxista, rivoluzionario in prima persona sessantottino e postsessantottino, scrittore e cineasta di vasti interessi, poi è un azzardo. Il regista Michel Hazanavicius insieme agli attori Louis Garrel e Stacy Martin ci ha provato in Il mio Godard, visto al festival di Cannes. I libri autobiografici di Anne Wiazemsky  Un an après e Une année studieuse sono la traccia di un racconto che viene seguito fino ad un certo punto. Sicuramente il film racconta la storia d’amore fra il regista e la ragazza di vent’anni di meno, interprete de La cinese. Ma sullo sfondo si agita il Sessantotto con tutto ciò che comportava: cortei, assalti della polizia, discussioni con gli studenti nelle assemblee, boicottaggio della rassegna a Cannes, contrasti con gli amici (formidabile il viaggio in macchina verso Parigi da Cannes) e i colleghi (drastico il litigio a Piazza Navona con Bertolucci, sprezzante il suo pensiero su Marco Ferreri),  e con chiunque non la pensasse come lui. La storia d’amore che seduce la giovane attrice non può durare: lui è troppo preso da sè stesso («prima la politica, poi l’amore»), lei vorrebbe vivere, ma per Godard esiste solo il suo mondo, i suoi progetti di rivoluzione da parte di uno nato ricco e borghese che non sa cosa sia il lavoro (come gli viene rinfacciato) nè conosce un operaio. Sotto questo aspetto il film rivisita causticamente il mito del Sessantotto fomentato da giovani ricchi che si divertivano a fare i rivoluzionari, come appare in The dreamers di Bertolucci.

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Il ritratto che ne esce di Godard è cattivo e spiazzante, anche  se la commedia viaggia con qualche sprazzo umoristico (il regista perde spesso gli occhiali).  Gli interpreti sono credibili e la fotografia esalta i corpi la natura il clima, ma non si può dire che la sfida, del resto difficile, sia stata vinta. Il mio Godard rimane il racconto di un amore rivisto ad anni-luce di distanza con tutto ciò che di bello e amaro è rimasto. Una operazione nostalgica che svela lati ben poco ideali di un uomo e del suo mondo con quella vena sottile di retorica che sa di “addio del passato”.

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L’avventura di Thor: Ragnarock

Far diventare simpatico e divertente il plastico biondo Chris Hemsworth nei panni del mitico Thor dio del tuono e figlio di Odino – ormai si saccheggia  di tutto, dai Nibelunghi all’Iliade alla Bibbia – è una sfida. Il regista neozelandese Taika Waititi ci prova nella terza puntata della saga e un po’ ci riesce, perchè i dialoghi (a doppio senso, spesso) talvolta sono carini, le bizzarrie dei cattivi, per quanto prevedibili, non sono così male e gli attori,  prima di tutti la perfida Cate Blanchett (irriconoscibile) ce la mettono tutta. Risultato? Uno spettacolone di due ore con giganteschi effetti speciali dove si mescola di tutto, fantascienza, horror,avventura, azione, mito e finale aperto (a nuove puntate) con qualche ritocco fisico per Thor. Manca una avvincente storia d’amore (per ora c’è la rivalità tra i fratelli e un padre che appare e scompare come ne L’uomo d’acciaio), ma siamo sicuri che arriverà. Per rilassarsi  senza problemi,  il filmone va più che bene.

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