Davanti alle sfide del secolo

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Le situazioni in cui vivono ed operano sacerdoti e diaconi oggi, sono di una varietà impressionante. Eppure, per giovani e meno giovani un medesimo fascino, per tutte le circostanze una stessa chiave risolutiva: il Vangelo vissuto con autenticità. L’abbiamo costatato in questi giorni al Centro Mariapoli di Castelgandolfo. Dal 19 al 21 aprile più di mille sacerdoti, seminaristi e diaconi permanenti, provenienti dai cinque continenti, hanno accolto l’invito del Movimento dei focolari per un’esperienza di Chiesacomunione luminosa e variopinta. Età media: 35-40 anni. Fra i partecipanti anche tre vescovi. Le molte lingue – dal croato al coreano, al thailandese o allo swahili, per citarne quattro delle 15 tradotte in simultanea – non hanno impedito di sentirsi subito a casa. Qui si fa un’esperienza di Chiesa – ha osservato un seminarista irlandese -: non si rimane nel singolo gruppo, ma ci si apre l’uno all’altro. Con grande arricchimento reciproco. L’hanno confermato anche i 15 teologi ortodossi dell’Istituto delle Chiese orientali a Regensburg in Germania. Corre la voce – ha affermato un rumeno – che nell’Occidente, dove si parla tanto della passione di Gesù, prevalga la tristezza. Non è vero: qui ho trovato la gioia, la resurrezione e la presenza di Gesù in mezzo a noi. Con incontri in piccoli gruppi, momenti artistici ed interventi dei due portavoce della sala che hanno riferito nelle plenarie impressioni e domande dei partecipanti, il convegno si è svolto in forma agile e partecipativa. Quattro le tappe tematiche: Il vissuto e le sfide – Una spiritualità per la Chiesa-comunione – Alle prese con la sofferenza – Dialogo ed evangelizzazione. In un rapido succedersi, testimonianze dai vari continenti hanno fotografato la cruda realtà a cui la Chiesa, e con essa i sacerdoti, oggi sono chiamati a rispondere. In Occidente: crisi di credibilità e di incidenza, frammentazione sociale e culturale, individualismo e superlavoro; nel mondo asiatico: l’urgenza di un dialogo maturo con le grandi religioni; nel Medio Oriente: situazione di minoranza in ambiente islamico; in Africa: la necessità di superare le divisioni tra le etnie; in America Latina: le disuguaglianze sociali in contrasto col messaggio evangelico. Segnali di speranza Guardando in faccia ai problemi con una sincerità che contagiava, si sono evidenziati pure i segnali di speranza: sintomi dell’agire dello Spirito, proprio in mezzo alle difficoltà, come hanno rilevato vari esperti tra cui Giuseppe Maria Zanghì del Centro studi dei Focolari ed Aldo Giordano, segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali europee. C’è oggi – hanno detto – una diffusa sete di Dio, alla quale occorre però imparare a ril spondere. La prima e più importante soluzione al calo di immagine del prete è un ritorno alla radicalità del Vangelo. Nuove risorse sono il fiorire delle piccole comunità cristiane e dei moderni carismi che attualizzano il messaggio cristiano per l’oggi. E, in modo speciale, il passaggio da una visione dell’uomo prevalentemente individuale a una spiritualità di comunione. L’incontro con i focolarini – ha affermato Silvano Cola, responsabile del Movimento sacerdotale dei Focolari – mi ha fatto scoprire tre aspetti fondamentali per la vita di ogni cristiano e sacerdote: scoprire e scegliere Dio Amore come tutto della propria vita; vedere Gesù in tutti, perché tutti siamo creature e figli di Dio; centrare la propria vita in Gesù crocifisso e abbandonato: l’Uomo al culmine della maturità umana, libero da ogni condizionamento, anche nel momento dell’abbandono, quando per amore si affida al Padre. Chiara Lubich è intervenuta con un messaggio letto da Gisella Calliari, una delle sue prime compagne, accolto da un lungo applauso. Sottolineando l’urgenza di una spiritualità che favorisca il dialogo, ha messo in luce l’idea-chiave dell’incontro: Gesù crocifisso e abbandonato è colui che ha aperto agli uomini la via alla fraternità universale. Ed è il modello del sacerdote (v. box). Scandito da momenti di preghiera animati da partecipanti di diverse Chiese cristiane, il convegno ha proposto molte testimonianze su come affrontare, con lo sguardo rivolto a Gesù in croce, situazioni ed esperienze limite: come quella di un sacerdote italiano impegnato in Brasile tra i meninos da rua o quella di uno svizzero che ha avuto il coraggio di raccontare di una crisi affettiva risolta bene con l’aiuto dei confratelli. O ancora la reazione di un seminarista austriaco al generale disorientamento davanti a recenti scandali: Ho cercato di vedere in questi fatti un volto di Gesù crocifisso e, sostenuto da lui, sono andato avanti. Cerco di vivere in seminario l’arte d’amare e di creare un clima di famiglia. Comunione in atto Sì, la comunione – e una spiritualità di comunione – sono l’essenziale e urgente risposta. Ed è possibile perché la si è vista in atto: nello stesso convegno tra persone di età e culture diverse; nella testimonianza della vita quotidiana di un sacerdote che aiuta l’altro affetto dal morbo di Parkinson, o ancora nella vita fraterna vissuta fra tre sacerdoti (parroco e due viceparroci) appartenenti a tre movimenti diversi, ma in piena unità nel servire la stessa comunità parrocchiale alla periferia di Roma. Allora anche quei numerosi giovani già in seminario o alla ricerca della propria vocazione – venuti dall’Italia, ma anche dall’Olanda, dal Portogallo, dall’Ungheria e da altri Paesi – ti vengono a dire: Ho capito che il prete non è un isolato, un senza- famiglia. Qui ho visto sacerdoti felici perché sanno vivere insieme da fratelli.Ma non sono i soli. Succede pure a un vicario generale, o al ret- tore di seminario e al vescovo, di trovare nuova luce nella comunione. Evangelizzazione e dialogo A partire da queste premesse, riprende slancio anche la missione. Evangelizzazione e dialogo è stato il binomio che si è esplorato, con l’intervento di sacerdoti e laici sul dilagare del Vangelo ben oltre gli ambienti raggiunti dalla pastorale classica. È il caso di due parroci che, con la loro donazione, hanno saputo suscitare numerose conversioni in ambienti assai restii alla vita ecclesiale. E quello di due giovani sacerdoti: l’uno, tedesco, ha parlato di un’azione di aiuto per la Bosnia che si è trasformata in un’esperienza di evangelizzazione con centinaia di giovani in 45 Paesi; l’altro, brasiliano, ha riferito del crescere di oltre duemila piccole comunità che ravvivano, nella sua diocesi, la vita della Chiesa e il tessuto sociale. In conclusione di questa tappa, l’aspetto culturale, con l’intervento di Pasquale Foresi su Una nuova scuola di pensiero, seguito da due panoramiche su nuovi orizzonti della missione, con Carlos Clariá sui dialoghi e Vera Araújo sulla penetrazione del Vangelo nel sociale. Alle radici più profonde Condizione di tutto ciò è andare alle radici del cristianesimo. Lo ha sottolineato sin dal primo giorno una risposta – proiettata al video – di Benedetto XVI al clero della diocesi di Aosta: Dobbiamo prendere a cuore queste difficoltà del nostro tempo e trasformarle soffrendo con Cristo e così trasformare noi stessi. Solo così possiamo vedere la presenza del Regno di Dio e farla vedere agli altri. Parole che hanno fatto colpo fra i partecipanti cattolici, ma anche fra quelli di altre Chiese. Punto d’arrivo del congresso, un momento di preghiera, semplice e solenne. Circondata da sacerdoti, diaconi e seminaristi, Natalia Dallapiccola, prima compagna di Chiara Lubich, ha letto una preghiera di Chiara di cui, dopo quei giorni, si coglieva tutta la profondità e la bellezza: Ho un solo sposo sulla terra: Gesù crocifisso e abbandonato… Con lui prosciugherò l’acqua della tribolazione in molti cuori vicini e lontani.Mentre dal palco risuonano quelle parole, un’onda di commozione pervade la sala. Alla fine un applauso spontaneo, interminabile, come per dire: Ci stiamo!. DAL MESSAGGIO DI CHIARA LUBICH Gesù crocifisso e abbandonato è colui che ha aperto agli uomini la via alla fraternità universale. È in quel momento che egli diviene mediatore fra gli uomini e Dio. È lì sulla croce che si presenta al Padre come sacerdote e insieme vittima per l’intera umanità. E perché gli uomini, per Gesù crocifisso e abbandonato, hanno potuto ristabilire il rapporto con Dio, si è reso possibile il rapporto pure fra di loro: Gesù abbandonato è il vincolo d’unità anche fra gli uomini. E l’unità è il frutto del dialogo: è il dialogo consumato. Ecco perché si parla di lui: egli è il vero sacerdote! Il mio augurio, accompagnato dalla preghiera, è che ognuno veda in lui il suo modello, affinché la Chiesa oggi si trovi arricchita di sacerdoti-Cristo, sacerdoti- vittime per l’umanità; autentici Cristo, pronti a dare la vita per tutti. Due domande a mons. Bregantini Che cosa l’ha spinta a partecipare al convegno Chiesa oggi? Due ragioni. La prima: accompagnare alcuni sacerdoti e seminaristi della mia diocesi. La seconda: mi ha avvinto il richiamo a Gesù abbandonato, proprio per i momenti difficili che stiamo vivendo a Locri. Quali spunti pensa possano essere utili per il suo ministero di vescovo e per la sua diocesi? Al convegno è emerso che Gesù abbandonato è libero persino dalla preoccupazione di sé stesso: è la libertà massima. Il più grande dolore diventa il più grande amore. Questo porta il prete a non preoccuparsi né del numero, né del risalto ottenuto dalle sue attività, ma piuttosto del dono di sé all’altro, cioè non considerare nessuno come lontano, ma sentire tutti vicini, amare tutti. Dall’intervento di mons. Aldo Giordano* Proprio oggi dove tutto sembra illuminato dal potere, dalle scienze, dalla ragione, o meglio da un certo tipo di ragione, l’uomo sente l’esigenza di una nuova luce. Mi sembra che un primo compito della nostra pastorale sia ascoltare e sostenere questa ricerca. Prima di fare, dovremmo essere. E imparare il segreto misterioso, l’anima più profonda della pastorale da Cristo crocifisso e abbandonato. Si tratta di avere il coraggio di seguirlo fuori le mura, fino al grido di abbandono, dove anche il cielo e la terra appaiono separati. Non possiamo stare a guardare i dolori, le ferite come spettatori o arbitri, ma dobbiamo entrare dentro le divisioni, i fallimenti per comprenderli fino in fondo. Dobbiamo essere come il chicco di frumento: soltanto se muore, porta frutto. * Segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee)

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