Cristicchi & Co: Roma caput mundi?

Un tempo c’erano il Folk Club e il Piper, i De Gregori, i Venditti, gli Zero, i Baglioni… La scuola romana, al pari di quelle genovese, emiliana, partenopea, e milanese, ha scritto pagine fondamentali nella storia della nostra canzone d’autore. Poi vennero i Ramazzotti e infiniti altri. Ma di scuola romana non si parlò più. Anche perché nel frattempo il baricentro del music-business s’era progressivamente spostato verso Milano. Un polo più cosmopolita e modaiolo, ma anche assai meno caratterizzabile sotto il profilo socioculturale. Non so quanto giochi la crisi discografica in corso, certo è che oggi la Roma veltroniana non sembra più intenzionata a brillare di luce riflessa. Nella musica come nel cinema o in letteratura. Non so se sia una buona notizia per il Paese, ma il dato è indiscutibile. Mai come di questi tempi l’offerta musicale capitolina appare ricca e variegata. Oltre alla vivacissima scena jazzistica – sulla breccia da anni – anche il pop e i suoi dintorni espressivi sono da qualche tempo un vulcano in piena eruzione. Si va dal sophisticated soul di Giorgia al minimalismo d’autore di Gazzè e dei Tiromancino, dalla world-music interrazziale dell’Orchestra di Piazza Vittorio al rock politicizzato dei Tête de Bois, dal pop-jazz delle varie Niccolai, Grè, e Laquidara, fino al neofolk stornellistico degli Ardecore. Per non dire della triade che ha fatto il botto all’ultimo Sanremo: Cristicchi, Silvestri e Fabrizio Moro. Del trio, Daniele Silvestri è quello che vanta un curriculum e un carisma più definito e consistente. Il suo recente Il latitante dimostra che la furberia para-caraibica del suo hit sanremese era solo un escamotage per aumentare l’appeal di un album che, altrove, ben poco concede ai cliché del pop radiofonico; un disco scuro, complesso, maturato nel tempo, dove atmosfere malate di jazz incrociano valzerini sbilenchi, lampi di bossanova, swing, e lampi rap. Il tutto a sostenere una bel pinzimonio di storie e di ritratti appena abbozzati. La penna di Silvestri sorvola problematiche e sentimenti elementari portando a galla tutte le confusioni e gli smarrimenti dell’oggi. Un percorso simile a quello che s’intuisce, guarda caso, tra i solchi del nuovo album di Simone Cristicchi. Che il cespuglioso trionfatore della 57° Festival fosse un talento ben più solido di quel che s’intuiva dietro il tormentone che lo lanciò un paio d’anni fa, lo confer- ma il suo secondo album Dall’altra parete del cancello, anch’esso fresco di stampa. Anche se non tutte le canzoni raggiungono i vertici raggiunti sul palco dell’Ariston, tra i solchi brilla più d’una perla. A cominciare da Laureata precaria, perfetto sequel della sua fortunata Studentessa Universitaria. È ancora presto per dire se Cristicchi sia o meno un fuoriclasse, certo è che dimostra una profondità di scrittura e una lucidità d’analisi ben al di sopra della media dei suoi colleghi. Temi alti e impegnativi, ma accarezzati senza retorica: oltre al precariato e all’emarginazione, la deriva mass-mediatica, l’eutanasia. Un linguaggio moderno e ricco di personalità, ma maturato nel solco della nostra migliore tradizione cantautorale. Quanto al trentaduenne Moro, al di là della fulminante Pensa che tanti trasversali consensi ha saputo raccattare anche al di là del plebiscito sanremese, possiamo dire che se saprà resistere alle pressioni e non farsi prendere dalle smanie tipiche degli svoltati di fresco, potrà lasciare tracce ancora più consistenti. Dietro ha un vecchio marpione come Bigazzi, ma dentro un’inquietudine vagamente modì che sembrerebbe garantirgli una certa estraneità ai cliché imperanti. Roma insomma gongola, e si coccola i suoi pupilli. E va bene così; basta che a nessuno salti un mente d’approfittarne, magari proponendo un ennesimo controfestival all’amatriciana. CD Novità Max Paiella Serenate Coniglie (Edel) C’è un’altro romano da tener d’occhio. Molti lo conoscono soprattutto per le sue incursioni a Il ruggito del coniglio di Radio2. Max fa il verso ai big nostrani, caricaturandone non solo le rispettive vocalità, ma anche lo stile di scrittura. Da Conte a Battiato, da Guccini a Daniele, una ventina di bersagli centrati in pieno. Un album esilarante, e terapeutico per chi li prendesse troppo sul serio…

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