Ci risiamo con i thriller politici

Nella sale dall'11 luglio

Il genere non muore mai, anzi è in piena attività. Le occasioni del resto non mancano. Questa volta  il regista danese Per Fly in Giochi di potere si rifà all’autobiografia di Michael Soussan che mise  a dura prova la credibilità dell’Onu nel 2003 rivelando lo scandalo dell’Oil For Food che approfittava della  missione di aiuti economici in Iraq per traffici illeciti. In  tempi come questi di corruzione ad alto e basso livello il film, anche se non un capolavoro, è uno sguardo diretto su di un fenomeno preoccupante. L’intreccio tra affari e politica guida il film con un andamento regolare, molto televisivo, smuove lo spettatore e vorrebbe portarlo, se vuole, a pensare.

giochi

Il giovane Michael Sullivan (un bravo Theo James), figlio di un diplomatico morto in un attentato, vuole continuare l’attività del padre, e viene assunto dall’Onu come coordinatore del programma Oil for Food, creato dal presidente Clinton per aiutare il popolo iracheno, stremato dalla guerra. Il ragazzo è onesto, perspicace, si reca in Iraq e lentamente capisce un sottobosco di traffici petroliferi in cui è coinvolto il suo astuto capo Pasha – un ammirevole Ben Kingsley –. Il giovane che si innamora  di una attivista curda – un omaggio al cliché televisivo delle love stories – percepisce come stanno effettivamente le cose, al di là della facciata perbenista di parecchia gente dell’Onu ma anche di molti altri, curdi e iracheni compresi: i soldi e il loro potere muovono tutto, chi li intralcia viene eliminato violentemente. Il cuore del racconto sta nel dramma di coscienza che Michael si trova ad affrontare: collaborare, diventando un ipocrita come il suo capo o denunciare e chiudere la carriera, rischiando pure la vita? Il regista, molto corretto e professionale, non affonda troppo l’indagine, eppure quel tanto o poco che racconta è sufficiente a dire e a denunciare la sporcizia che si nasconde sotto tanto apparente buonismo. Michael sceglie ed ascolta la propria retta coscienza. Non è male per un prodotto estivo che, senza concessioni evidenti ai cliché del genere, è però capace di raccontare  con equilibrio una scelta di libertà.

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