Ceta: bilancio di un accordo

Un anno dopo l’entrata in vigore, la Commissione europea ha diffuso dati che dimostrerebbero un impatto positivo dell'intesa commerciale tra Unione Europea e Canada, ma non mancano le critiche
Il primo ministro canadese Justin Trudeau e il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani

Nel settembre 2017 entrava in vigore in via provvisoria il Comprehensive Economic and Trade Agreement (Ceta), l’accordo commerciale tra Unione Europea (Ue) e Canada che, oltre a rimuovere il 98% dei dazi doganali, prometteva di incrementare gli affari tra l’Ue e il Canada, offrendo una sicurezza giuridica importante per le imprese dell’Ue intenzionate ad esportare i propri prodotti. Quando tutte le riduzioni tariffarie entreranno in vigore, secondo i calcoli della Commissione europea, il risparmio sui dazi ammonterà a circa 590 milioni di euro l’anno. Le imprese europee avranno anche migliori opportunità di partecipare alle gare d’appalto in Canada, non solo a livello federale ma anche a livello provinciale e municipale.

Il Ceta tutela anche 143 prodotti enogastronomici Ue di alta qualità (le indicazioni geografiche), che possono essere venduti in Canada con la propria denominazione e sono protetti dalle imitazioni. Il CETA offre anche condizioni migliori per i prestatori di servizi, una maggiore mobilità per i dipendenti delle aziende e un quadro per consentire il riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali, come quelle di architetto o di gruista.

Secondo la Commissione europea, nonostante sia troppo presto per trarre conclusioni certe, stando ai primi dati disponibili, relative al periodo che va dall’ottobre 2017 al giugno 2018, le esportazioni europee verso il Canada sono aumentate di oltre il 7% rispetto all’anno precedente.

Questo riguarda in particolare alcuni settori: macchine, apparecchi e congegni meccanici (il 20% delle esportazioni Ue in Canada) hanno registrato un incremento superiore all’8%; i medicinali (il 10% delle esportazioni Ue in Canada) un più 10%; le esportazioni di mobili hanno registrato un incremento del 10%, quelle di profumi e cosmetici più 11%, le calzature più 8% e l’abbigliamento più 11%. Dati positivi sono stati registrati anche per le esportazioni di prodotti agricoli: frutta fresca e a guscio (+ 29%), cioccolato (+ 34%), vino spumante (+ 11%) e whisky (+ 5%).

Per quanto riguarda l’Italia, le esportazioni di prodotti agricoli italiani in Canada sono aumentate del 7,4%; mentre un vero boom hanno avuto le esportazione di prosciutto di San Daniele, registrando un aumento del 35%.

Cecilia Malmström, commissario per il Commercio, ha espresso il suo gradimento nel «constatare i progressi finora conseguiti dall’accordo commerciale Ue-Canada, in vigore ormai da un anno. Secondo i dati preliminari, i motivi per rallegrarci sono numerosi, anche in questa fase. Nel complesso l’export è ripartito e molti settori hanno registrato un incremento considerevole. Questa è un’ottima notizia per le imprese europee, grandi e piccole. Come sempre accade per gli accordi commerciali, vi sono alcuni settori in cui è necessario accertarsi di attuare rigorosamente quanto è stato concordato, garantendo che i cittadini e le imprese possano beneficiare appieno delle nuove opportunità. […] La nostra partnership con il Canada è più forte che mai, a livello sia strategico sia economico. Insieme difendiamo un ordine commerciale internazionale aperto e basato sulle regole. Il Ceta è una chiara dimostrazione dei nostri intenti».

Inoltre, l’Ue e il Canada hanno deciso di intensificare l’impegno per l’attuazione dell’accordo di Parigi, adottando una raccomandazione sui cambiamenti climatici e l’accordo di Parigi, in occasione del primo comitato misto del Ceta. Il documento stabilisce che entrambe le parti collaboreranno e intraprenderanno azioni congiunte per contribuire al raggiungimento degli obiettivi dell’accordo di Parigi e alla transizione verso la riduzione delle emissioni di gas serra, tramite una maggiore cooperazione in materia di clima.

Infine, il 13 novembre, la Commissione europea e il Canada hanno anche firmato un accordo che consentirà l’istituzione di un sistema di scambio di informazioni sui prodotti pericolosi tra Ue e Canada, che collegherà il sistema di allarme rapido per i prodotti pericolosi dell’Unione europea e il sistema canadese, facilitando il ritiro dei prodotti pericolosi dal mercato europeo da parte degli Stati membri e fornendo informazioni aggiornate sui nuovi rischi per i consumatori. Secondo Věra Jourová, commissario per la Giustizia, i consumatori e la parità di genere, «il commercio elettronico non conosce frontiere. Una migliore cooperazione internazionale agevolerà il lavoro delle autorità consentendo una circolazione rapida delle informazioni e permetterà ai consumatori europei di acquistare prodotti in tutta sicurezza».

Non mancano anche opinioni negative sul CETA, come quelle che si alzano dalla piattaforma No Ceta (promossa da Coldiretti, Cgil, Arci, Acli Terra, Fairwatch, Fare Ambiente, Greenpeace, Legambiente, Ecoitaliasolidale, Slow Food, Adusbef, Federconsumatori, Movimento Consumatori, Fondazione Campagna Amica, Fondazione Isscon, Fondazione Univerde e dalla Campagna Stop Ttip Italia), che innanzitutto ritiene poco significativo l’aumento delle esportazioni italiane verso il Canada. Coldiretti, in particolare, ritiene che il Ceta non sia ancora in grado di difendere e tutelare i prodotti tipici italiani, in particolare quelli che sono vittime del cosiddetto italian sounding, cioè quei prodotti che richiamano un prodotto italiano ma che non lo sono affatto, come il ben noto Parmesan.

Altre critiche si concentrano sulla questione dell’uso intensivo del glifosato (cancerogeno) in Canada nella fase di pre-raccolta del grano, per seccare e garantire artificialmente un livello proteico elevato, che verrebbe importato in Europa senza alcun controllo. Altre critiche riguardano l’impatto del Ceta sugli standard e sui diritti del lavoro, nonché sulla tutela della privacy, poiché nonostante l’Europa abbia adottato delle clausole trasversali a protezione dei dati personali queste non sono applicabili negli attuali accordi commerciali.

Però, secondo Federvini, gli accordi commerciali come il Ceta sono determinanti per le esportazioni italiane, soprattutto nel medio e lungo periodo. E forse proprio questo è il fulcro della questione: un paese fortemente orientato alle esportazioni dei propri prodotti, come l’Italia, dato che il Made in Italy è già di per sé un brand, dovrebbe impegnarsi nel favorire le esportazioni, certo attraverso accordi commerciali equi per i quali le associazioni di categoria dovrebbero fare pressione innanzitutto a Bruxelles.

Il Ceta è entrato in vigore a titolo provvisorio, in seguito alla sua approvazione da parte degli Stati membri dell’Ue, espressa dal Consiglio e dal Parlamento europeo. L’accordo entrerà in vigore pienamente e in via definitiva soltanto con la ratifica di tutti gli Stati membri dell’Ue. Gian Marco Centinaio, ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, e quello dello sviluppo economico, Luigi Di Maio, hanno più volte manifestato la volontà dell’Italia di non ratificare il Ceta.

 

 

 

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