I lavoratori Sky in piazza san Pietro

Francesco va oltre il protocollo e rilancia le richieste dei dipendenti a rischio licenziamento da parte della multinazionale di Murdoch
ANSA

Come è noto il colonnato di piazza san Pietro a Roma sta a rappresentare un abbraccio accogliente. Mercoledì 15 marzo, papa Francesco ha dato voce a coloro che dovrebbero averla e cioè ai 570 tra giornalisti e tecnici che lavorano per Sky, la Tv controllata dalla famiglia del magnate australiano Rupert  Murdoch, grande player dell’informazione mondiale con la sua 21first Century Fox.

Sono lavoratori che rischiano il posto o di subire un trasferimento deciso da una società che non è affatto in crisi, ma aumenta il fatturato con una politica aggressiva sul mercato tanto da ospitare i più recenti dibattiti dei politici italiani. Il metodo è quello della velocità con le breaking news che scorrono rapide senza lasciare traccia.

Francesco parla invece un linguaggio antico, fatto per restare. Proprio facendo espresso riferimento ai lavoratori presenti in piazza per l’udienza settimanale, ha detto: «Il lavoro ci dà dignità e i responsabili dei popoli, i dirigenti, hanno l’obbligo di fare di tutto perché ogni uomo e ogni donna possa lavorare e così avere la fronte alta, guardare in faccia gli altri, con dignità».

Andando ancora più nel dettaglio questo successore di Pietro che arriva dall’America Latina ha affermato senza misure che «chi, per manovre economiche, per fare negoziati non del tutto chiari, chiude fabbriche, chiude imprese lavorative e toglie il lavoro agli uomini, questa persona fa un peccato gravissimo».

Ai microfoni di Radio Vaticana Paolo Centofanti, rappresentate sindacale di base in Sky Italia, ha lamentato la mancanza di un piano industriale da parte della società, oltre a testimoniare il disorientamento dei lavoratori, alcuni dei quali piangevano sentendo le parole di Francesco.

Quella piazza si potrebbe riempire facilmente mettendo assieme le vertenze di aziende grandi o piccole che coinvolgono migliaia di persone, spesso con responsabilità familiari, messe davanti al baratro della perdita del lavoro. Il pensiero va agli oltre mille e 600 dipendenti licenziati in tronco dal call center di Almaviva di Roma.

La crisi del settore editoriale e della comunicazione si presenta, poi, con volti inquietanti in ambiti che dovrebbero assicurare la libertà di informazione. Si pensi al caso emblematico dell’Unità, il quotidiano controllato dal Pd, partito al governo, e tuttavia a richio chiusura. O agli episodi di vero e proprio caporalato denunciati dall’Associazione stampa romana a Latina con riferimento ad una testata che operava con paghe umilianti e senza contratti di lavoro di alcun genere.

La presa di posizione dell’ottantenne papa Bergoglio, da soli 4 anni vescovo di Roma, potrebbe rappresentare un metodo da adottare in preparazione della settimana sociale sul lavoro  promossa dalla Cei a Cagliari per il prossimo ottobre. Partire dai casi concreti, dalle vertenze dove si gioca il destino delle persone in carne e ossa e dei loro figli.

Nulla di nuovo se si leggono con attenzione i discorsi rivolti dal papa ai movimenti popolari. In particolare quando riconosce nella fraternità la motivazione profonda di lottare per la giustizia sociale.

Nel “Posto dell’anima”, un intenso film sul caso Goodyear, multinazionale statunitense di pneumatici che ha chiuso uno stabilimento italiano, il regista Riccardo Milani fa dire ad un operaio che accoglie riconoscente il vescovo recatosi in fabbrica per portare la sua solidarietà: «ma se gli americani non hanno ascoltato il governo e i sindacati , come potranno mai prendere in considerazione il suo intervento?». Francesco va oltre questo paradigma.

Continua a ripetere che non si tratta solo di curare le vittime, ma di agire sulle cause strutturali dell’ingiustizia.

Proprio a Cagliari nel 2013, incontrando tanti lavoratori minacciati dalla mancanza di occupazione, il papa si è rivolto a Dio dicendo: «Signore, a Te non è mancato il lavoro, hai fatto il falegname, eri felice. Signore, ci manca il lavoro. Gli idoli vogliono rubarci la dignità. I sistemi ingiusti vogliono rubarci la speranza. Aiutaci ad aiutarci fra noi. Dacci lavoro e insegnaci a lottare per il lavoro».

 

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