Bin Laden, Mladic e la cattiveria

Ma siamo sicuri che «il mondo sia migliore» senza Osama e Mladic?
Osama Bil Laden

In un villaggio del Pakistan sopra Islamabad, ad Abbottabad, è stato ucciso Osama Bin Laden, capo di al Qaeda, alla cui responsabilità sono addebitati fra l’altro i tre mila morti delle Torri Gemelle. L’uomo più ricercato del globo si nascondeva in una casa all’apparenza comune, dove viveva coltivando i piccoli difetti e le meschine manie di un qualunque mortale. Islamico radicale e terrorista, amava le armi alla follia. Dopo la sua cattura Obama ha detto: «Il mondo è migliore senza Osama». Mentre la sua trasformazione in martire dell’Islam più duro è cominciata. Le sue spoglie, che sarebbero state abbandonate in mare, rischiano di mitizzarlo.

 

In un’altra casa comune, in un altro villaggio anonimo, questa volta nella Serbia settentrionale, Lazarevo, a nord di Belgrado, è stato invece catturato Ratko Mladic, capo dell’esercito serbo e boia di Srebrenica, otto mila morti sulla coscienza, l’uomo più ricercato dei Balcani e forse d’Europa. Vecchio e malato, beveva alcol in abbondanza e guardava tutto il giorno la tv nella sua poltrona. Cristiano ortodosso, a suo modo fondamentalista e, soprattutto, nazionalista, aveva un debole per le canne mozze. Al coro di plauso proveniente dal mondo intero per la sua cattura, si sono opposte le manifestazioni di piazza, a Belgrado e in altre città serbe, indette dal Partito radicale serbo in favore della sua liberazione e, soprattutto, contro la sua estradizione all’Aja per rispondere alle domande del Tribunale penale internazionale.

 

Ma siamo sicuri che «il mondo sia migliore» senza Osama e Mladic? Nel momento in cui autori di efferati atti terroristici e mostruosi genocidi vengono messi nell’impossibilità di nuocere non c’è che da rallegrarsi. In questa accezione, tuttavia, si potrebbe piuttosto dire che «il mondo è più sicuro» dopo l’uccisione di Osama e la cattura di Mladic.

 

Ma, ripeto, si può dire anche che il mondo sia migliore? C’è da dubitarne, essenzialmente per tre ragioni: primo, perché le questioni politiche che i due hanno sollevato sono ancora apertissime, come dimostrano da una parte l’impossibilità di mettere fine alla guerra in Afghanistan e dall’altra la grande difficoltà a creare una reale riconciliazione politica in terra balcanica.

 

In secondo luogo, mi sembra, il mondo non può essere considerato migliore solo perché i simboli di due mali definiti a più riprese “assoluti” – genocidio e terrorismo – sono messi fuori combattimento: quanto risentimento e quanto odio albergano ancora, infatti, nei cuori di tanta, troppa gente? Forse, addirittura, l’uccisione di Bin Laden e la cattura di Mladic li hanno accentuati.

In terzo luogo, il mondo potrebbe essere definito migliore solo se il bene fosse aumentato. Il mondo non è di per sé migliore se scompaiono certi personaggi, ma se la forza della condivisione, della convivenza civile, della tolleranza e della solidarietà, in una parola della responsabilità, aumenta in corrispondenza di queste “scomparse”. La responsabilità personale e collettiva nel mondo è cresciuta?

 

È uscito un libretto di Emil Cioran, filosofo nichilista ma anche e soprattutto esistenzialista, Taccuino di Salamanca. L’autore, spietato come sempre sulla propria umanità, scrive in uno dei suoi aforismi fulminanti: «Rifuggire dalle mie responsabilità: ci ho messo del genio». È una questione che dobbiamo porci anche noi. Quanto genio mettiamo per sfuggire alle nostre responsabilità? Il genio andrebbe usato piuttosto per aumentare il bene del mondo e la giustizia, unica vera via alla pace. Taluni, da Gesù Cristo in poi, hanno chiamato questo genio “amore”.

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