Agire al femminile plurale

Onlus “Ali giuridiche”: quattro donne mettono in campo la propria professione al servizio della vita nel diritto, nella medicina e nella formazione.
Ester

Di abbondanza di tempo ce n’è sempre meno – e questo è un dato di fatto –. Ma perché quella piccola percentuale rimanente delle nostre giornate non metterla a frutto, a servizio degli altri, negli stessi campi professionali in cui giornalmente si opera? Se lo devono essere prima domandato, e poi risposto affermativamente, quattro giovani donne di tre diverse professioni – dall’avvocato, all’insegnate, al medico –, quando hanno dato corpo e anima all’associazione “Ali giuridiche. Il diritto al servizio della vita”. «Mi dicevano: ma hai già una vita così piena, come farai?», racconta Margherita Frappa, prima insegnante e ora al ministero per l’Istruzione. E invece creatività, idee e aiuti non mancano, da quando, nel 2008, Ester Molinaro, un giovane avvocato di Roma fonda quest’associazione.
«La cultura in generale – dice –, e quella giuridica in particolare, permette di guardare alto e in modo originale tra un continente e l’altro», verso terre svantaggiate come l’Africa. La Somalia della crisi umanitaria dimenticata, Paese del Corno d’Africa dilaniato da venti anni di guerra civile, fa breccia nel suo immaginario: «Negli anni dell’università conosco una persona che mi dona il suo sguardo su questa terra e questo popolo – continua Ester –. Inizio a fare lezione di diritto nelle scuole elementari, mentre decido di condividere il proposito di impegnarmi per la Somalia con Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, che mi incoraggia ad andare avanti». Anche Elena Zazzeri, avvocato di Firenze, si appassiona subito a questo nascente progetto e decide di aderirvi.
 
Dapprima è la volta dei corsi di formazione e di aggiornamento per alunni e docenti sulla Costituzione italiana, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, la Convenzione dei diritti del fanciullo del 1989, e anche di cittadinanza nella prospettiva interculturale. Ostia, Passoscuro e Ladispoli non fanno altro che essere «occasione di fraternità» per Margherita, coinvolta in prima persona nella formazione.
Ma è lo stesso diritto a fare da ponte tra un Paese e l’altro. Oltre ai corsi e ai proventi di un libro scritto dalla stessa Ester, sono in cantiere l’idea di finanziare con borse di studio i ragazzi somali che intendono iscriversi alla facoltà di Giurisprudenza di Mogadiscio. «Non come forma di mero assistenzialismo – precisa Margherita –, ma per dare una possibilità concreta alle giovani generazioni ed essere protagonisti del futuro del Paese». Due architetti fiorentini, intanto, si sono offerti di realizzare gratuitamente il progetto per l’istituto polifunzionale che, sempre in Somalia, dovrà dotarsi di un ambulatorio, una mensa, una scuola di falegnameria, di infermeria e di didattica, una biblioteca e altri servizi.
Un altro scopo della onlus è quello di incentivare la nascita di «gruppi di studio preparati dal punto di vista tecnico e giuridico – continua Ester –, che portino alla luce quella serie sconfinata di diritti non esercitati: un nugolo di norme esistenti poco conosciute e men che applicate». Spesso, infatti, si tratta di mettere la luce sul moggio «cercando di fare la nostra piccola parte», aggiungono.
 
Dall’applicazione della Convenzione Onu dei diritti dei minori, firmata a New York nel 1989, nasce il progetto “Save a life” per permettere a giovani somali di poter venire in Italia e farsi curare presso le nostre strutture ospedaliere, usufruendo proprio di quegli accordi spesso “dormienti”. «In questo periodo, in collaborazione con l’ufficio stranieri del Policlinico Umberto I di Roma – racconta Annamaria Di Martino, altro membro dell’associazione e cardiologo –, stiamo lavorando perché una donna somala di 20 anni, con un bambino, possa essere sottoposta a un intervento maxillo-facciale. Una malformazione che l’ha portata a essere ripudiata dal marito e che in Italia, invece, sarebbe stata curata sul nascere». Grazie al placet ottenuto da uno dei migliori chirurghi in Italia e in attesa di quello della regione, non è mancata «l’offerta di un contributo di altri miei colleghi entusiasti del progetto».
Collaborazioni e aiuti spesso inattesi, il servizio alla vita si declina anche nel patrimonio di rapporti che si costruiscono. Una fonte inesauribile di risorse e di conoscenza reciproca, tanto in Italia – associazioni spesso tutte al femminile – quanto in Somalia, «tenendo conto che si tratta sempre di un incontro tra religioni e culture diverse, dove noi siamo donne, anche un “po’ in carriera”, e oltretutto cristiane – conclude Annamaria –. Differenti sì, ma comunque disposte a rimanere nell’ombra, se necessario». Proprio come ricorda un proverbio africano: «Per andare lontano occorre camminare insieme».

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