Warfree per difendere la legge 185/90 e la Costituzione che ripudia la guerra

Procede spedito l’iter del Ddl inteso a indebolire il controllo sull’esportazione degli armamenti. Il caso Rwm nel Sulcis Iglesiente e l’impegno del comitato riconversione Rwm e dell’associazione di imprese Warfree - Lìberu dae sa Gherra
Comitato riconversione Rwm. Marcia intorno alle mura antiche della città di Iglesias Foto Iriad

La Rete italiana pace e disarmo ha lanciato l’allarme sul disegno di legge governativo che procede spedito con il voto della commissione Esteri e Difesa del Senato inteso ad indebolire la legge 185/90 che pone dei limiti all’esportazione di armi verso i Paesi in guerra e/o che violano i diritti umani.

Una notizia che si pone in contrasto con l’esempio riportato da cittanuova.it dell’ospedale Bambino Gesù che ha rifiutato la donazione di denaro da parte della società Leonardo che rientra tra le principali società produttrici di armi al mondo.

È importante far capire la gravità dell’attacco in atto contro una legge ( la legge 185/90) che non abolisce certo la produzione di armi ma pone dei limiti ragionevoli. Per questo motivo il comitato Riconversione Rwm e l’associazione War Free è intervenuta il 4 ottobre 2023 alla conferenza stampa presso la Camera dei deputati per sollecitare la difesa di una norma che cerca di applicare la Costituzione.

Il caso della produzione bellica nel Sulcis Iglesiente è un esempio eclatante che permette di entrare nel merito della questione.

Partiamo da alcuni dati di base. Il Sulcis Iglesiente, a sud ovest della Sardegna, è un territorio di grande interesse sia dal punto di vista geologico-naturalistico che da quello storico-culturale.

Con la fine dell’epoca mineraria, a partire dagli anni ’70, l’area è stata obiettivo di politiche di sviluppo caratterizzate da un modello di re-industrializzazione esogena, o “forzata” (come qualcuno la definisce), focalizzata sulla produzione a “base minero-metallurgica-manifatturiera ed energetica integrata”, per usare la definizione che troviamo nella seconda legge sul Piano di rinascita.

I relativi impianti industriali, con la fine delle politiche d’investimento pubblico, hanno conosciuto un veloce declino, nel segno della crisi industriale che ha travolto nel tempo, l’intero sistema Paese, lasciando sul territorio ferite insanabili, a causa dell’inquinamento ambientale, oltre a una strutturale carenza di occupazione, piaga rispetto alla quale nessuna misura di politica economica, poi attuata, è risultata efficace, con enormi danni sulla vita delle comunità locali.

In questo contesto di profonda crisi industriale, la Sei – Sarda Esplosivi Industriali, con sede nel comune di Domusnovas, tradizionalmente vocata alla produzione di esplosivi per l’industria mineraria, nel 2001 cerca la propria via d’uscita attraverso la conversione al bellico degli impianti e della politica aziendale. La produzione di bombe per aereo, che peraltro genera significativi risultati economici e un ritorno occupazionale minimo, suscita la fortissima reazione da parte di cittadini e istituzioni della società civile.

È nel 2010 che con l’acquisizione del ramo d’azienda da parte di RWM Italia Spa, con sede a Ghedi, in provincia di Brescia, che la conversione al bellico viene completata, con ampie rassicurazioni a cittadini e istituzioni locali di una produzione destinata esclusivamente alla difesa, nel pieno rispetto, quindi, della normativa nazionale ed europea.

La RWM Italia Spa, è posseduta al 100% dal colosso Rehinmetall, ritenuta il maggior gruppo  industriale tedesco nel campo degli armamenti

Sono del 2015-2016 le prime inchieste giornalistiche, condotte da diverse testate internazionali, sull’utilizzo delle bombe della Rwm nella guerra intrapresa da una coalizione guidata dall’Arabia Saudita (a cui partecipano vari altri paesi della penisola arabica) contro i ribelli Yemeniti, a partire da marzo 2015.

Le inchieste documentano che tra gli ordigni sganciati su case, ospedali, acquedotti, infrastrutture vitali e convogli umanitari dello Yemen  ci sono anche le bombe serie MK prodotte in Sardegna, a Domusnovas,  da RWM Italia, inviate in Arabia Saudita attraverso le strade, i porti e gli aeroporti della Sardegna, in quella che, a noi sembra, una violazione della legge 185 del 1990, e dei diritti umanitari fondamentali che essa richiama, come ripetutamente evidenziato dagli esperti dell’Onu che hanno definito la guerra in Yemen come la peggiore catastrofe umanitaria mondiale, dal 1946 ad oggi.

Centinaia di migliaia le vittime civili, 14 milioni di persone alla fame, oltre la metà delle strutture sanitarie distrutte, con la conseguente diffusione di una gravissima epidemia di colera e negli anni successivi, l’ulteriore dramma della pandemia da coronavirus.

In questo drammatico scenario il governo italiano ha autorizzato nel 2016 l’esportazione di bombe per un importo di oltre 400 milioni di euro. Circa 20.000 grosse bombe per aereo prodotte a pochi chilometri del centro abitato di Domusnovas e di Iglesias e spedite in Arabia.

La presa di coscienza del ruolo infausto della fabbrica del Sulcis iglesiente ha suscitato nel 2017 la risposta concreta della società civile con la nascita del “Comitato Riconversione Rwm – per la pace ed il lavoro sostenibile”. Di fronte al dramma della guerra in Yemen e nell’urgenza di dire no allo sfregio di un territorio come la Sardegna che, dopo le immagini della guerra in Yemen, è diventata l’isola delle bombe, il comitato si costituisce in tempi brevissimi, con l’adesione di oltre 20 soggetti della società civile, costantemente in dialogo con le istituzioni e le associazioni sindacali e datoriali, oltre che con le reti pacifiste italiane e non solo (anche un’organizzazione non governativa yemenita).

Il suo nome esteso “Comitato per la riconversione RWM, per la pace, il lavoro sostenibile, la riconversione dell’industria bellica, il disarmo, la partecipazione civica e processi di cambiamento, la valorizzazione del patrimonio ambientale e sociale del Sulcis iglesiente”, contiene già il suo programma, perché da subito si è compreso che la riconversione è un processo complesso e multifattoriale.

L’obiettivo è quello di promuovere la riconversione al civile di tutti i posti di lavoro dello stabilimento RWM, nell’ottica di uno sviluppo del territorio che sia pacifico e sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale e come segno di volontà di “pace dal basso”, che possa costituire uno stimolo alla cittadinanza attiva e alla politica a livello nazionale e internazionale.

Il sacrosanto diritto al lavoro non può entrare in contrasto con il diritto alla vita.  Proprio questi due diritti fondamentali legano con un filo rosso che unisce il sud Sardegna allo Yemen, entrambi luoghi di periferia, lontani dai centri decisionali dei grandi consigli di amministrazione delle multinazionali e dai tavoli politici, ma che nel prendere consapevolezza possono realmente incidere se fanno leva sulla coscienza collettiva. Un nucleo di resistenza umana che sta vicino alla coscienza civile sul territorio, per liberare la propria comunità dal ricatto occupazionale.

Nel 2019, insieme a tutte le organizzazioni in rete a livello nazionale e internazionale, il comitato ha ottenuto dal governo la sospensione per 18 mesi di 6 licenze di esportazione di bombe e missili verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, convertita in revoca definitiva nel 2021 dal secondo Governo Conte.

All’esito del divieto di esportare armi in Arabia Saudita, in conseguenza della semplice applicazione della legge 185 del 1990, l’80% della produzione dello stabilimento di Domusnovas della RWM Italia, non ha avuto più sbocco commerciale, evidenziando in modo inequivocabile, che la produzione non solo non ha alcuna utilità, ma è estremamente dannosa per il territorio in termini di ricadute ambientali e sociali. La necessità di una riconversione industriale della fabbrica è diventata perciò  un’urgenza evidente.

Le scelte politiche della amministrazione regionale, in netta antitesi con il clima culturale e le istanze del territorio, hanno finora chiuso alla possibilità di una riconversione reale, che l’embargo all’Arabia Saudita aveva aperto, nel nome della salvaguardia di posti di lavoro e pil regionale.

Il 31 maggio 2023 il governo Meloni ha revocato il divieto di esportazione della Rwm sul presupposto “dell’attenuazione del rischio” di uso di missili e bombe sulla popolazione civile.

Nel 2021, tuttavia, è nata la rete Warfree – Lìberu dae sa gherra – Associazione di categoria degli imprenditori, commercianti e professionisti per la Pace e la Transizione Ecologica, che oggi conta oltre 70 soci che svolgono diverse attività economiche in Sardegna, dalle agenzie di traduzione, alle imprese agricole, dai servizi di comunicazione pubblicitaria all’ospitalità turistica, alla promozione del territorio, ecc.

L’idea della valorizzazione del territorio e della “pace dal basso” è sempre stata iscritta nel corredo genetico del Comitato. Ma è la necessità di rispondere concretamente alla mancata riconversione industriale della fabbrica d’armi, che nel 2021 suscita la scintilla per la costituzione di Warfree per avviare un processo di “riconversione dal basso”. Warfree rappresenta quindi il tentativo di creare quell’humus culturale e di pace che si costruisce nella quotidianità, con l’esercizio di un’economia costruttiva che rispetta i lavoratori e l’ambiente e i destinatari del proprio lavoro, da parte di imprenditori, artigiani, professionisti, lavoratori.

Tutti i prodotti e i servizi delle aziende appartenenti alla rete si fregiano del Marchio collettivo europeo Warfree che garantisce l’assenza di collegamenti con l’economia di guerra, la sostenibilità ambientale e il rispetto dei lavoratori e di ogni persona coinvolta nel processo economico, dal produttore al consumatore finale. Sono 5 le linee guida di questa associazione di imprese:

Stimolare la creazione di nuovi posti di lavoro sostenibile all’interno delle imprese già esistenti e di quelle di nuova creazione, attraverso una rete di supporto e consulenza allo sviluppo.

Generare valore attraverso la promozione dei prodotti etico-sostenibili della Sardegna sul mercato globale, con il nostro Marchio di Qualità etico-ambientale.

Promuovere solidarietà e collaborazione fra tutte le imprese aderenti alla rete, in maniera da potenziare la qualità e la varietà dell’offerta.

Essere una realtà intermedia tra il mondo della produzione sostenibile e territorio, consumatori, istituzioni e mercato globale.

Promuovere una nuova cultura economica che metta al centro l’uomo e i suoi bisogni fondamentali, piuttosto che il capitale e il profitto.

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