Viva l’Italia dei carneadi!

Non ricordo una stagione così ricca e vivace per i bassifondi della musica italiana. Mentre i grandi nomi si limitano, tranne rare eccezioni, ad inondare i mercati di greatest hits e autoriletture dei propri classici più o meno giustificabili, gli italici sotterranei fremono di creatività e di energie degne d’arrivare a tanti. Non è questa la sede per soffermarci sul perché tutto questo accada proprio adesso, nella più epocale delle depressioni discografiche e nel presunto tramonto valoriale di una generazione giovanile che, almeno stando alle cronache, par fatta solo di teppistelli annoiati o di potenziali assassini. Non so neppur dire se ci sia un nesso o trattasi solo di casuale coincidenza. Bando ai preamboli sociologici dunque, ed entriamo nello specifico nostro. Cominciando dal debutto solista di John De Leo, già leader carismatico dei Quintorigo. Il suo stupefacente Vago svanendo (Carosello) spiazza, sconcerta e sorprende ad ogni solco. Ci vuol poco per capire d’aver a che fare con un disco a sé, quasi uno sberleffo sparato in faccia a chi non sa che nutrirsi di playlist e comparsate catodiche: un rock operistico solo apparentemente sbilenco, attraversato da un’ansia quasi compulsiva d’uscire dai cliché, dribblando le convenzioni canzonettare, le barriere di genere, le etichette stilistiche: De Leo e la sua straordinaria vocalità se ne fregano delle regole, non per uno slancio anarchico fine a sé stesso, ma per provare a cercarne di nuove: e ciò, soprattutto oggi, è opera coraggiosa e benemerita. Il ventiduenne Paolo Simoni s’esprime, invece, seguendo solchi più vicini all’ortodossia cantautorale. Qualche critico l’ha già eletto ad erede di Conte e di Dalla: accostamenti spericolati e probabilmente pure controproducenti, ma meno azzardati di quel che si potrebbe pensare. Perché il romagnolo, a dispetto della giovane età, mostra già perfetta padronanza del mestiere, carisma interpretativo, e una profondità poetica assai rara nei suoi coetanei. Il suo recente debutto Malatempora (Cgd-Warner) è un signor disco, capace d’affrontare tematiche impegnative e mai banali, ma senza rinunciare alla necessaria mediazione poetica: che è poi ciò che distingue un proclama da una canzone. Un discorso simile vale anche per il parmense Francesco Camattini, ancora sconosciuto ai più nonostante sia già al terzo album. Il suo Fine della Storia (Radar) è quasi un album concept dove il Nostro si cimenta coi mille rivoli e gli infiniti maestri della canzone d’autore: un progetto ambizioso che porta a termine col supporto di un’espressività colta, ma non criptica o troppo cerebrale. Simile per attitudini, classe e propensioni jazzistiche anche il notevole L’isola (Splash) del bergamasco Pier Mazzoleni. Riconducibile al teatro- canzone di gaberiana memoria, è invece Parole Sante (Fandango), il debutto discografico dell’attore Ascanio Celestini: un duro j’accuse alle infinite disfunzioni della post-modernità occidentale, dal precariato allo strapotere mediatico. Parole come pietre, supportate da melodie ed arrangiamenti volutamente essenziali. E non finisce qui. Il progetto Nielsa, da Carloforte, oscilla tra citazio ni di De Andrè e l’aspra, ventosa, poetica dell’isola che trasuda da ogni solco del loro Le rose di addio; il talentuoso siciliano Gerardo Balestrieri miscela le lezioni degli chansonnier francesi con il folk mediterraneo: il suo raffinato I nasi buffi e la scrittura musicale (Interbeat) è un altro fiore all’occhiello del Made in Italy contemporaneo. E una citazione la meritano anche il bizzarro blues alla forlivese di Vince Vallicelli e del suo Com’un can sota la lona (Hkm), il raffinato bossanova italianizzato de Il primo passo (Irma) del duo Jacaré, o i modernismi d’autore di Carlo Fath, alias Io Carlo, e del suo fulminante In perenne riserva (Universo). Per non dire del travolgente, variegato e divertentissimo The incredible soudtrack adventure (Irma) degli Shiffers: venti tracce, quasi tutte strumentali in stile lounge, concepite come altrettante ipotesi di colonne sonore. Chiudo qui, solo per questioni di spazio. Piccole perle, tra le tante germogliate fra le pieghe e le metastasi del music business italiano: cercasi pescatori disperatamente…

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