Vicende politiche, quanta amarezza

Molte missive sui recenti, eclatanti episodi. Chiedono coerenza, trasparenza e una riforma elettorale.
Manifestazione

La prima preoccupazione sono i giovani. Ad incominciare dai propri figli. Tra i lettori che hanno scritto in risposta al servizio sulla situazione dell’Italia non mancano le missive delle mamme. «Cosa serve al Paese per trasformare in opportunità questo difficile frangente nazionale?» era la domanda con cui interpellavamo sul n° 3 il nostro pubblico.

 

«Cerco di insegnare ai miei tre figli (7-9-15 anni) le parole del Vangelo» e «faccio catechismo a ragazzini che vanno dalla prima alla terza media», scrive Silvia di Macerata. «Ultimamente sono molto sconcertata e avvilita perché trovo sempre più difficile spiegare quanto sentono in tivù riguardo ai comportamenti di chi dovrebbe essere di esempio per le nuove generazioni». La signora Silvia è spaventata da una frase assolutoria di taluni comportamenti: «A casa propria uno può fare quello che vuole». Una formula ripetuta da molti adulti, tanto che si chiede: «Come possiamo lamentarci se c’è crisi di fede tra i giovani, se non vedono un’onestà morale e intellettuale in chi dovrebbe essere la Guida?».

 

«Non dimentichiamoci quanto male e quale cattiva testimonianza ricevono tanti nostri giovani, che, pur con tante potenzialità, o non credono più a nulla o si fanno ammaliare dal mondo patinato offertoci dalla televisione e ora anche dalla politica», fa presente anche Cardenia Zanna, di Bari. Che offre la sua ricetta: «Ancor prima che confidare in una nuova classe dirigente retta (chissà quanti anni richiederà), dovremmo dedicarci di più ai nostri figli, educarli per farne uomini nuovi e retti, avere uno stile di vita più sobrio perché il necessario non manchi a nessuno».

 

Maria Giulia Tassano, trascorsi da sindacalista Cisl, sottolinea ancora il tema dell’educazione, proponendo di potenziare anche «gli asili e i servizi necessari per la donna che lavora». Guarda ai giovani e suggerisce di «individuare tavoli di dialogo». Pensa infatti ai due milioni di giovani che «non studiano, non lavorano e non cercano un’occupazione».

 

«Se mi accorgo che il partito di cui faccio parte non persegue il bene comune e calpesta le regole della Costituzione, ho il dovere morale di lasciare quel partito, altrimenti me ne rendo complice. Non vi sembra?». Salvatore Pandolfo suona la carica sul tema della coerenza.

 

Luisa Arnaboldi, della provincia di Bergamo, va più in là e fa presente «l’indignazione che mi pervade da un bel po’ di tempo». «Sto male, quasi fisicamente, quando sento certi discorsi di politici e mi meraviglio come non vi sia una ribellione a questo andazzo». Per lei il quadro politico odierno è desolante: «Il premier è attorniato di “sudditi” pronti a tutto per il loro “capo”, mentre anche dall’altra parte non si brilla per i valori». Analoghi sentimenti in Gian Maria Bidone, dei Castelli romani: «Ciò che mi preoccupa di più non è il comportamento di Berlusconi, che abbiamo da tempo imparato a valutare, ma quello dei parlamentari a lui asserviti che non esitano a distruggere le istituzioni».

 

Su cosa serve al Paese, il pugliese Fedele Casulli non nutre dubbi: «Ripristino della legalità e di un minimo di giustizia e di garanzie per i cittadini. Riscoprire o introdurre il senso della moralità». E ancora: «All’Io non dobbiamo anteporre il Noi? Alla competizione la collaborazione? Se le forze del bene cominciassero a collaborare e a coalizzarsi…».

Loretta Danieli, da Vicenza, vede prioritario «cambiare il clima attuale di contrapposizione: solo così daremo una vera “scossa” alla nostra vita politica». Ritiene infatti che «l’elemento che è venuto a mancare, e sarebbe vitale ricostruire per dare il via ad una stagione di riforme, è la coesione sociale a tutti i livelli».

 

Affonda l’analisi su alcune valutazioni contenute nel servizio Giuseppe Sbardella, da Roma: «Quei continui accenni alle insufficienze e alle timidezze nell’azione di governo mi sono parsi un po’ superficiali». E prosegue: «Non mi sembra che in questi due anni ci fossero molte alternative alla cura Tremonti tenendo conto dei fatti economici oggettivi nazionali e internazionali».

Di diverso parere Riccardo Rodella, della provincia di Mantova: «Condivido l’analisi della rivista, la necessità di una potente iniezione energetica che può venire dalla società civile, l’impegno di persone che militano in diversi partiti. Occorre però essere realisti, stante l’attuale legge elettorale».

 

Di una riforma di quest’ultima parla Giuseppe Maria Sesta, palermitano, che vede necessario «supplire mediante una legislazione di sostegno alla caduta dei valori fondanti del vivere civile». Serve perciò «restituire al popolo la guida del Paese». La riforma delle legge elettorale è vista perciò come priorità assoluta per evitare che la distanza tra istituzioni e cittadini divenga incolmabile, mettendo a rischio la democrazia.

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