Ventimiglia città aperta

Nella città divenuta simbolo per tutte le persone che vogliono continuare il loro viaggio della speranza nell’Europa si sono dati appuntamento in più di settemila persone, per dire no alla chiusura delle frontiere, dei porti
Foto di Silvano Gianti

No alle politiche razziste del nostro governo e degli altri Stati. Sotto la sigla “Ventimiglia città aperta”, sono arrivati da tutta Italia, dalla Francia e dalla Spagna coordinati dai ragazzi del Progetto 20k, da Arci, sindacati, Comunità di San Benedetto, Coordinamento nazionale Comunità di Accoglienza, per dire che l’Italia non è solo chiusura, che qui c’è il Paese che protesta contro chi chiude i porti e alle necessità degli altri. Impressionante la marcia lungo le vie periferiche della città e ancora più impressionante i componenti. Erano giovani, giovani, e ancora giovani, appartenenti ad ogni credo, ad ogni colore politico, ad ogni sigla dalla più nota alla più sconosciuta. Il futuro è questo, l’Europa dei popoli s’è costruita a Ventimiglia, l’hanno costruita loro. E resterà una pagina di storia tra le più importanti. È questa l’Europa che vogliamo vedere presto.

Foto di Silvano Gianti
Foto di Silvano Gianti

No, i politici non c’erano per fortuna, erano contrari a questa data, per non disturbare lo shopping in città e la festa nazionale nella vicina Francia. Anche il vescovo aveva detto che non era opportuno manifestare in questo giorno. «C’è molto silenzio in Italia – aveva detto in un’altra occasione padre Alex Zanotelli – contro le politiche di respingimento. Si ha paura, ma la paura è nemica del cristianesimo». Ma a Ventimiglia c’erano ragazzi di ogni credo, che chiedendo accoglienza, solidarietà, rispetto per ogni uomo. Il sole del pomeriggio scalda e tra musica e slogan, il serpentone umano racconta le storie dei tanti ragazzi di colore arrivati qui con la speranza di poter continuare il viaggio. «Non si gioca con la vita delle persone, non si gioca sulla pelle di uomini e donne, non si lasciano morire nel Mediterraneo persone che domandano solamente di poter vivere in  pace, in un Paese senza guerra senza e senza odio razziale». È il lamento di Api, un nigeriano, mentre il vignettista Vauro «dice che il nostro è un Paese che applica una politica criminale, perché quando si consegnano persone a torturatori, come ai libici o quando le si lasciano morire in mare si è criminali. La politica italiana è complice del nuovo olocausto». Gli fa eco il sociologo Marco Revelli affermando che «oggi ci sia un grande segnale di rifiuto contro chi non accoglie. Questa manifestazione lo dice forte». «Abbiamo voluto lanciare il corteo per chiedere un permesso di soggiorno europeo e la libertà di circolazione presentandoci alla frontiera con questo ‘permesso di soggiorno europeo’ racconta Giacomo Mattiello del Progetto 20k – un documento che oggi non esiste ma che speriamo possa diventare quanto prima una realtà, un primo passo per un Europa dove oltre alle merci anche le persone possano circolare liberamente alla ricerca di una vita migliore».

Foto di Silvano Gianti
Foto di Silvano Gianti

Intanto la manifestazione ha raggiunto i giardini accanto al municipio dove è stato posto un cartello che riporta i nomi di alcuni migranti morti mentre cercavano di superare le frontiere in Europa. «Siamo tra i 6000 e 8000 – ha concluso Mattiello -. È stato un corteo non solo di persone provenienti da ogni parte del mondo. Ventimiglia città aperta è una piattaforma che continuerà. Tutte queste realtà hanno deciso che oggi non doveva essere una data in cui si esauriva il progetto. Dato il potenziale enorme, abbiamo deciso di tornare ad opporci alle politiche europee che hanno due facce. Da una parte quella di Macron, che sembra l’emblema dell’accoglienza, quando invece ha sigillato le frontiere; dall’altra quella di Salvini che chiude i porti e non accoglie le navi dell’ong». E c’è già una ipotetica data per un prossimo appuntamento che potrebbe tenersi a settembre. E, in serata, si conclude una giornata straordinaria, preludio di un risveglio ricco di speranza, perché a sperarlo sono stati i tantissimi giovani, con i loro volti sorridenti, il loro desiderio di pace, di fraternità e di uguaglianza. Un sogno che non deve e non avrà più confini. «Giorno verrà in cui Francia, Italia, Inghilterra, Germania o non importa quale altra nazione del continente, senza perdere le loro qualità peculiari e la loro gloriosa individualità, si fonderanno strettamente in una unità superiore e costituiranno la fraternità europea. Giorno verrà in cui le pallottole e le bombe saranno rimpiazzate dai voti, dovuti al suffragio universale dei popoli. Un Senato sovrano sarà per l’Europa quello che il Parlamento è per l’Inghilterra, la Dieta per la Germania, quello che l’Assemblea Legislativa è per la Francia. L’edificio del futuro si chiamerà un giorno Stati Uniti d’Europa. Giorno verrà in cui si vedranno questi due gruppi immensi, gli Stati Uniti d’America, gli Stati Uniti d’Europa, uno di fronte all’altro tendersi la mano attraverso i mari». Come già sperava due secoli fa Victor Hugo.

 

 

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