Vaccini, facciamo chiarezza

Intervista al prof. Carlo Federico Perno, ordinario di Microbiologia all’Università degli Studi di Milano e direttore del Dipartimento di Medicina di Laboratorio dell’Ospedale Niguarda. Tra flase credenze e «chiacchiere di Internet», ci illustra come si arriva a sintetizzare un vaccino e gli ostacoli che incontra oggi la ricerca

Mentre scriviamo è arrivata la notizia del primo morto in Italia per coronavirus. Sono 15 i casi di coronavirus registrati in Lombardia e un altro nel Veneto. La situazione può cambiare da un momento all’altro, fanno sapere dal ministero della Salute, circa il bilancio dei contagi nel nostro Paese, mentre cresce la preoccupazione e si guarda con attesa alla produzione di un vaccino. Fanno da contraltare alle vicende del Covid-19 le polemiche mai sopite dei gruppi “no vax”. Per sgomberare il campo da false credenze e leggere con efficacia i fatti dell’attualità, abbiamo sentito il prof. Carlo Federico Perno, ordinario di Microbiologia all’Università degli Studi di Milano e direttore del Dipartimento di Medicina di Laboratorio dell’Ospedale Niguarda.

Prof. Carlo Federico Perno
Prof. Carlo Federico Perno

Professore, anzitutto, cos’è un vaccino e come agisce sull’organismo?

Un vaccino è uno strumento straordinario utilizzato per la prevenzione delle malattie infettive. Uno strumento che ha cambiato la storia dell’umanità – basti pensare al vaccino antivaioloso e a quello antipolio – e che ha la capacità, se dato prima dell’infezione, di generare una risposta immunitaria in grado di proteggerci se dovessimo venire a contatto col germe: lo respinge e impedisce che ci ammaliamo.

In molti sono convinti che i vaccini siano dannosi, inutili, o che portino benefici solo alle case farmaceutiche. Come sgomberare il campo da queste false credenze?

Sono tre fandonie gravissime perché non sono sostenute da nessun fatto se non dalle chiacchiere di Internet. Cominciamo dall’ultima: un vaccino produce un guadagno alle case farmaceutiche che è 10, 100, 1000 volte inferiore a quello del farmaco. Quindi l’azienda semmai ha interessi specifici a sviluppare farmaci, perché i vaccini si fanno solo una volta nella vita e producono all’azienda un vantaggio molto minore. In secondo luogo, a favore della loro utilità parla la storia. Abbiamo eradicato il vaiolo, stiamo eradicando la poliomielite, il morbillo è tornato solo perché abbiamo smesso di vaccinarci (ma si muore molto meno), stiamo lavorando contro il cancro al collo dell’utero grazie alla vaccinazione contro il papilloma, e abbiamo la vaccinazione per l’epatite B che ha quasi eliminato l’infezione in Italia nella popolazione vaccinata. I fatti dicono dunque che un vaccino non è inutile ma indispensabile. Riguardo alla tossicità, tutti i farmaci e i prodotti introdotti nell’organismo possono essere tossici, ma i vaccini hanno una tossicità ridicola rispetto ai vantaggi che offrono: in media si verifica un evento grave ogni 100 mila vaccinazioni, mentre impediamo alla malattia di colpire decine di migliaia di persone. Infine, i vaccini non causano l’autismo.

Come si arriva a sintetizzare un vaccino?

I vaccini negli anni sono cambiati tantissimo. Una volta per necessità erano fatti in maniera artigianale, avevano un’efficacia parziale e potevano essere tossici. Ma non si fanno più. Oggi abbiamo vaccini prodotti in laboratorio tramite ingegneria genetica selezionando le sostanze del germe contro cui vogliamo che l’organismo sviluppi una risposta. Quindi nei vaccini moderni non c’è il germe, ma solo la parte di esso che ci serve, per questo non possono dare alcun tipo di infezione e sono assolutamente sicuri.

Quali sono le fasi e i tempi della sperimentazione e commercializzazione di un vaccino?

Perché un vaccino sia pienamente sviluppato, abbia fatto tutte le sperimentazioni e abbia tutte le garanzie di efficacia, sono necessari dai 5 ai 10 anni. Quindi chi parla di una settimana o di mesi non sa cosa dice. Esistono poi i vaccini “di emergenza assoluta” che vengono messi a disposizione della popolazione in caso di gravissime epidemie, anche se sono inizialmente sperimentali, ma non è questo il caso del Covid-19. Invece, per le vaccinazioni antinfluenzali e per i vaccini per cui siamo già preparati e conosciamo già tutto bastano pochi mesi.

Quali sono le patologie per cui la scienza cerca oggi di sviluppare un vaccino?

Contro i principali patogeni abbiamo dei buoni vaccini, mentre il vaccino per l’Hiv è una sfida al momento persa, e mancano vaccini sperimentati a fondo e pienamente efficaci per la malaria e la tbc che uccidono ancora centinaia di migliaia di persone l’anno. Queste sono le grandi sfide, i vaccini per le malattie della povertà.

Quali sono gli ostacoli che incontra la ricerca nel campo dei vaccini?

Anzitutto l’idea che i vaccini non siano necessari, cosa che porta a investimenti inferiori. E poi il fatto che purtroppo ci sono delle patologie dimenticate contro cui non c’è una ricerca molto avanzata. Anche le caratteristiche di alcuni germi ci impediscono finora di sviluppare vaccini, ma siamo fiduciosi per il futuro.

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