Unione europea, nuova strategia contro il terrorismo

Affinché i suoi cittadini vivano in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, la strategia riconosce l'importanza della cooperazione con i Paesi terzi e le istituzioni internazionali nonché il rispetto dei diritti umani.

Gli Stati membri dell’Unione europea (Ue) si sono impegnati a contrastare assieme il terrorismo e a proteggere i propri cittadini. A tal fine, nel 2005, il Consiglio dell’Ue ha adottato la prima strategia antiterrorismo dell’Ue, poi riveduta diverse volte, incentrata su 4 pilastri: prevenzione, protezione, perseguimento e risposta. In tutti i pilastri, la strategia riconosce l’importanza della cooperazione con i Paesi terzi e le istituzioni internazionali nonché il rispetto dei diritti umani.

Prevenire vuol dire individuare e contrastare quei fattori che contribuiscono alla radicalizzazione delle persone e quei processi mediante i quali gli individui vengono reclutati per commettere atti di terrorismo, sempre più spesso anche attraverso forme di propaganda online. Inoltre, l’Ue intende proteggere i cittadini e le infrastrutture dei Paesi europei, riducendo l’impatto che questi potrebbero subire a seguito di attacchi terroristici (come le frontiere esterne, la sicurezza dei trasporti, le infrastrutture e le reti informatiche, ecc.). L’Ue intende anche perseguire chi commette atti di terrorismo, sia ostacolando la pianificazione e l’organizzazione degli attacchi che assicurando i terroristi alla giustizia, rafforzando le capacità degli Stati membri e sostenendo la loro reciproca collaborazione e lo scambio di informazioni tra polizia e autorità giudiziarie. Per questo, nel 2015, il Consiglio e il Parlamento europeo hanno approvato nuove norme per prevenire il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo. Infine, l’Ue si sta adoperando per migliorare la capacità di rispondere agli attacchi terroristici, purtroppo sempre più frequenti in alcuni Stati membri, attraverso un maggiore coordinamento nella gestione delle crisi, un più efficiente meccanismo di protezione civile e la condivisione di buone pratiche sull’assistenza alle vittime del terrorismo.

Nel giugno 2017, il Consiglio dell’Ue, nel quale si sono riuniti i ministri degli Affari esteri degli Stati membri, ha affrontato nuovamente la questione del contrasto al terrorismo con un’attenzione particolare all’azione esterna dell’Ue. Nello specifico, il Consiglio intende rafforzare le strutture e la cooperazione per contrastare il terrorismo, avvalendosi anche di esperti in materia di antiterrorismo e di sicurezza grazie alle delegazioni dell’Ue sparse per il mondo, cioè quelle “ambasciate” e uffici dell’Ue che si trovano in circa 140 Paesi. Inoltre, l’Ue intende lavorare di più e meglio nei Paesi extra-europei, realizzando delle missioni di cooperazione e delle operazioni militari. In particolare, l’UE si prefigge di rafforzare la collaborazione con i Paesi del Medio Oriente, del Nord Africa, dei Balcani occidentali, del Sahel, del Corno d’Africa e con la Turchia, realizzando un più stretto dialogo politico ma anche specifici progetti antiterrorismo, dando altresì sostegno finanziario alla lotta contro il terrorismo ma anche ad azioni di contrasto e prevenzione di forme di estremismo violento. Quest’ultimo aspetto è particolarmente importante, poiché si assiste al ritorno in Europa di quei combattenti terroristi stranieri da territori di guerra e che, una volta in patria, potrebbero compiere atti di terrorismo o fare propaganda. D’altronde, non bisogna trascurare la sicurezza aerea, il traffico di armi da fuoco, la questione del finanziamento del terrorismo e del riciclaggio di denaro e i collegamenti fra la criminalità organizzata nostrana e gruppi di terroristi.

Ovviamente, la lotta contro il terrorismo non può essere portata avanti da soli. Infatti, il Consiglio ha ribadito la volontà di rafforzare la cooperazione internazionale, in particolare con partner strategici fondamentali dell’Ue quali gli Stati Uniti, l’Australia, il Canada e i partner dell’accordo Schengen (che garantisce la libera circolazione dei cittadini dei Paesi che ne fanno parte), oltre che con organismi regionali e multilaterali, in particolare le Nazioni Unite, la Nato, il Forum globale antiterrorismo, Interpol e la coalizione internazionale per combattere il Da’esh.

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