Ucraina, incertezza o stallo?

Numerosi segnali indicano che siamo giunti al periodo decisivo della Seconda guerra ucraina. Il cui esito è ancora incerto
stallo
Membri della compagnia militare del gruppo Wagner sorvegliano un'area di fronte a un carro armato in una strada a Rostov-sul-Don, in Russia, sabato 24 giugno 2023. A seguito di una ribellione armata da parte di un gruppo mercenario in Russia, le tensioni stanno aumentando nella vicina Bielorussia, dove si stanno insediando i leader in esilio delle forze armate e alcuni dei suoi combattenti. Foto: Vasily Deryugin, casa editrice Kommersant tramite AP (archivio)

A partire dalla vera o presunta rivolta di Prigozhin e della sua Wagner, un velo di incertezza sta stendendosi sulla guerra in Ucraina e i suoi possibili scenari futuri. La scomparsa dell’ex-cuoco di Putin, a capo della più potente compagnia di contractor-mercenari al mondo e i dubbi a proposito dell’apertura di campi della Wagner in Bielorussia stanno lì a simbolizzare una situazione di sostanziale stallo dei fronti bellici.

Lo dice innanzitutto il numero di morti sul campo che, stando alle dichiarazioni delle parti, è calato di circa la metà rispetto ai tempi della battaglia di Bakhmut. E poi c’è la questione della centrale nucleare di Zaporizhzhia, che è ancora controllata dai russi, ma sostanzialmente accerchiati dagli ucraini. È per questa incertezza che la battaglia mediatica infuria, con accuse reciproche di voler creare le condizioni per un serio incidente. D’altronde, lo stesso presidente Zelensky non riesce, come forse vorrebbe, a sbandierare successi indiscutibili all’est, argomentando il fatto che i russi hanno creato delle strutture difensive quasi impenetrabili (lunghe e profonde trincee, campi minati a iosa, cioè nulla di nuovo sotto il sole), contro le quali le armate di Kyiv non riescono ad avere la meglio. Queste infrastrutture belliche erano state volute dallo Stato maggiore russo dopo che, passati i primi due o tre mesi di avanzate e conquiste, l’esercito russo aveva dovuto fare marcia indietro, cedendo grosse città come Kharkiv e Kherson.

Gioca a favore dello stallo anche l’incertezza sulla nomenklatura moscovita: chi si aspettava un crollo delle difese russe dopo il vero o presunto abbandono del campo dei combattimenti da parte della Brigata Wagner è stato smentito. Anzi, sembra che l’esercito regolare, messo così a lungo alla berlina da Prigozhin, abbia ritrovato un po’ dell’orgoglio perso nei primi sei mesi del 2023. E non si possono dimenticare le difficoltà logistiche che colpiscono non solo le truppe di Mosca, ma anche quelle di Kyiv, anche perché le industrie belliche occidentali sembrano concentrare i propri investimenti sempre più sugli avanzamenti tecnologici, trascurando in qualche modo le produzioni tradizionali.

Il rischio delle situazioni di stallo, come insegnavano Giulio Cesare e Clausewitz, è che i contendenti cerchino di uscire dall’impasse con operazioni atte a sorprendere gli avversari, ma soprattutto con atti inconsulti. Tutti noi pensiamo non tanto all’uso delle armi nucleari cosiddette tattiche, ma soprattutto a un incidente alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa, che potrebbe essere vittima sia di un attacco degli assalitori ucraini che di un sabotaggio dei difensori russi. Oppure si paventa l’uso sempre più massiccio di missili occidentali a gittata medio-lunga, che possono colpire anche nei cieli russi, il che probabilmente sta già accadendo. Ancora, c’è chi prevede un attacco russo da nord, dalla Bielorussia, dai wagneriani riabilitati.

E intanto i vacanzieri russi, secondo le immagini trasmesse dai media locali fedeli a Mosca, fanno la fila per godersi il sole delle spiagge della Crimea, mentre Zelensky sembra finalmente tirare il fiato nella sua esposizione mediatica, la Cina nicchia, il resto del mondo s’interessa d’altro.

E la diplomazia fatica a trovare una soluzione alla guerra – si veda la faticosa marcia del card. Zuppi nell’operazione umanitaria voluta da papa Francesco –, ma avanza comunque attivando nuovi contatti e gettando ponti. E chissà che prima o poi uno di questi non porti a un tavolo di trattative, dettato dallo stesso stallo sui campi di battaglia.

Ma nulla è ancora evidente.

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