Turchia a pochi giorni dalle elezioni

Si vota in Turchia domenica 14 maggio: dopo molti anni, l’opposizione sembra in grado di superare la maggioranza di governo. Alla presidenza della Repubblica le candidature sono sostanzialmente quelle di Erdogan e Kilicdaroglu. Ma conta anche, e non poco, quale coalizione otterrà la maggioranza in Parlamento
La popolazione partecipa a una manifestazione della campagna elettorale del leader del Chp e del candidato presidenziale di Alleanza per la nazione Kemal Kilicdaroglu, a Istanbul, Turchia, sabato 6 maggio 2023. (AP Photo/Khalil Hamra)

A pochi giorni dalle elezioni turche (si vota domenica 14 maggio sia per la presidenza della Repubblica che per il Parlamento, cf. l’articolo), i toni della campagna elettorale di Erdogan si snodano secondo uno schema retorico che non è nuovo per il leader turco al potere da 20 anni, anche se francamente sconcertante dal punto di vista europeo. Tra le chicche della settimana scorsa di Erdogan contro l’avversario Kemal Kilicdaroglu e la coalizione di opposizione che lo sostiene, secondo l’agenzia Reuters, ci sono affermazioni come: «La mia gente non permetterà a ubriachi e ubriaconi di salire sul palco… Signor Kemal, puoi berne barili, niente può curarti». Oppure: «La mia nazione darà la risposta necessaria il 14 maggio. Non permetteremo a Kilicdaroglu, che è mano nella mano con i terroristi, di dividere la nostra patria».

I terroristi a cui fa riferimento sono evidente i curdi del famigerato Pkk. Senza contare anche l’accusa all’avversario di favorire i “devianti” della comunità Lgbt: «Perché la famiglia è sacra per noi. Seppelliremo quelli pro-Lgbt nelle urne». Ma ben oltre le affermazioni, le mosse di Erdogan per accaparrarsi di nuovo quel consenso che non gli è mancato negli scorsi decenni sono a dir poco plateali. Come la promessa fatta a 5 giorni dalle elezioni di aumentare del 45% gli stipendi minimi dei dipendenti pubblici (misura che riguarda circa 700 mila persone), o quella di fornire gratuitamente gas per uso domestico a molte famiglie. Il serio problema che sta dietro a queste promesse elettorali dell’ultima ora è noto: la svalutazione della lira turca che nel solo 2022 ha subito i colpi di un’inflazione all’85%. Picco negativo al quale, fra l’altro, hanno non poco contribuito le scelte economico-finanziarie di Erdogan stesso. E l’altro grave problema emergente è la gestione clientelare dell’edilizia che il recente terremoto, con i molti crolli sospetti, ha portato alla luce.

E lui, Kilicdaroglu, l’avversario che non è certamente in grado di sfoderare toni e promesse elettorali della “levatura” di Erdogan, non si tira però indietro: accusa i collaboratori del presidente di un presunto tentativo di manipolare gli elettori ricorrendo a deepfakes (manipolazione tramite intelligenza artificiale di immagini e video esistenti per creare contenuti falsi), per attribuirgli affermazioni che non ha mai pronunciato. La scelta strategica di Kilicdaroglu sulla propria immagine appare anzi molto trasparente, al punto da fargli affermare di se stesso, fin dall’inizio: «Sono alevita». Cioè appartengo ad una minoranza discriminata. Come la maggioranza dei curdi, quindi, che infatti sostiene indirettamente e prudentemente Kilicdaroglu.

La realtà, al di là della retorica, è che forse per la prima volta a livello nazionale, dopo molti anni, l’opposizione sembra in grado di superare la maggioranza di governo. Anche se il partito di Erdogan, l’Akp, da solo potrebbe sopravanzare di qualche punto quello di Kilicdaroglu, il Chp, i voti che la coalizione di opposizione (Alleanza per la nazione) potrebbe raccogliere sembrano essere maggiori di quelli attribuiti dai sondaggi alla coalizione dell’attuale maggioranza governativa (Alleanza popolare) radunata intorno al partito di Erdogan.

Kilicdaroglu
La popolazione ascolta il presidente turco e candidato presidenziale dell’Alleanza popolare, Recep Tayyip Erdogan, durante una manifestazione della campagna elettorale ad Ankara, capitale della Turchia, domenica 30 aprile 2023. (AP Photo/Ali Unal)

A livello sociale, è da tempo evidente che la popolazione che ha maggiormente sostenuto Erdogan in questi anni non è quella delle grandi città. Tanto che gli attuali sindaci di Istanbul e di Ankara otterrebbero, in caso di vittoria del Chp di Kilicdaroglu e dell’Alleanza per la nazione, ruoli importanti a livello governativo.

Il programma di Kilicdaroglu e della sua coalizione, in caso di vittoria (comunque non facile né scontata, dati anche i poteri concentrati nelle mani di Erdogan e del governo guidato dall’Akp), è molto alternativo rispetto all’attuale leadership sia in politica interna che estera. Ad esempio, un governo guidato da Kilicdaroglu potrebbe, lo ha dichiarato, cercare di migliorare le relazioni con l’Unione europea e incamminarsi verso le riforme economiche e politiche (nonché nel campo dei diritti umani, di maggiori libertà democratiche e della pace in vari scacchieri geopolitici) necessarie per l’adesione all’Ue.

Ma su questo e molto, molto altro pesano come macigni i rapporti e gli equilibri stabiliti in questi anni soprattutto con la Russia di Putin: equilibri, e qualche volta equilibrismi, dai quali comunque la Turchia non potrà assolutamente permettersi di prescindere, nonostante faccia formalmente parte dell’Alleanza atlantica (Nato), e indipendentemente da quale sarà l’orientamento politico del futuro governo turco.

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