Tom Brady, la leggenda continua

I New England Patriots vincono il sesto Super Bowl della storia, battendo 13-3 i Los Angeles Rams. Tom Brady, immortale quarterback dei campioni, a 41 anni eguaglia Michael Jordan per numero di titoli vinti, diventando sempre più un’icona.

«Credo di essere un giocatore migliore adesso, rispetto al 2001. Non credo che fossi, all’epoca, al top delle mie potenzialità. C’è stato tanto lavoro negli anni, un grande sforzo per cercare di diventare il giocatore che sono oggi. In questa sfida ci sono le due squadre migliori in assoluto, è una battaglia dalla quale una sola squadra uscirà vittoriosa. Non ci sono rivincite o seconde possibilità, non è una sceneggiatura di Hollywood. Bisogna andare là fuori e portare a casa la vittoria, sotto pressione. Non vedo l’ora».

Le parole pronunciate da Tom Brady alla vigilia della finalissima del campionato USA di Football Americano rendono l’idea di cosa porti un atleta ad essere ancora sulla cresta dell’onda a 41 anni suonati. Passione in primis, quella che porta a superare costantemente i limiti e a limare i difetti, lavorando sulle prestazioni fisiche e sulla forza mentale. Quindi, volontà di mettersi sempre in gioco, confrontandosi con atleti che, in alcuni casi, hanno la metà dei suoi anni. Una dedizione costante, sia nello studio della tattica che in uno stile di vita impeccabile, necessario per mantenere livelli così alti.

Un altro elemento che alimenta la leggenda di Tom Brady, poi, è la simbiosi con i suoi New England Patriots. La squadra in cui è arrivato nel 2000, dopo essere stato selezionato addirittura come quarta scelta nel ruolo di quarterback (il regista offensivo della squadra): una posizione fondamentale, quella che fa la differenza perché, assieme alle doti fisiche, serve una intelligenza fuori dal comune per interpretarla al meglio. Tom Brady ha scalato velocemente le gerarchie, fino a impossessarsi del ruolo di titolare nel 2001. Diciotto anni e sei Super Bowl dopo, è ancora lui la guida indiscussa del team: lo sarà anche l’anno prossimo, perché non è ancora arrivato il momento del ritiro.

La 53° edizione dell’atto finale della National Football League è stata, con tutta probabilità, una delle meno spettacolari. L’esibizione dei Maroon 5 durante l’intervallo non passerà certo alla storia, mentre i Patriots hanno battuto i Rams con il punteggio più basso di sempre. Il team di Boston alla fine ha avuto la meglio sui californiani per 13-3, in una partita contrassegnata da una sola ma decisiva meta. Le difese hanno stravinto la sfida con gli attacchi, col punteggio che a fine primo tempo è bloccato sul 3-0 per i Patriots.

I Rams raggiungono il 3-3, ma la sentenza finale spetta ovviamente a Tom Brady che nell’ultimo quarto lancia Rob Gronkowski, autore di una splendida presa a 2 yard dalla linea di meta avversaria. La ripresa del gioco favorisce Sony Michel che schiaccia l’ovale a terra per il 10-3. Non c’è più tempo per recuperare, con Gronkowski che segna anche altri tre punti su calcio da fermo. È il definitivo trionfo della dinastia Patriots, con Bill Belichick in panchina e Tom Brady in campo che festeggiano il loro sesto titolo. Una leggenda paragonabile, nel basket USA, a quella che ha portato Michael Jordan e coach Phil Jackson ha vincere lo stesso numero di allori in NBA.

«Quando farò schifo mi ritirerò. Se sento che non posso più aiutare il mio team a vincere – ha sentenziato Tom Brady – lascerò giocare qualcun altro. Questo è il football, è così che funziona. Ho una grande motivazione in me e, se la gente borbotta, mi dà qualcosa in più». Motivazioni straordinarie di un uomo fuori dal comune.

 

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