Sogni milionari

Lo Stato e i suoi lauti guadagni (giusti?) con i giochi della fortuna.
Vignetta di Sedini

«Ho sempre pensato che scrivere annunci pubblicitari si collochi al secondo posto fra le attività di scrittura più lucrative. Al primo posto c’è la richiesta di riscatto». (Philip Dusenberry)
 
«Lasciatemi sognare con la schedina in mano! Sono un italiano». Sulle note di una famosa canzone, lo spot SuperEnalotto dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato (che tutela il «gioco responsabile»!) invita a cercare il colpo per una vita fortunata («champagne ghiacciato a tutte le ore» canta una signorina in una schiumante vasca da bagno).
L’Italia è al terzo posto mondiale e al primo in Europa nella spesa procapite nei giochi d’azzardo. 31 milioni di italiani giocano regolarmente. Le fasce “patologiche” (oltre un milione di persone, che spendono più di 600 euro al mese) sono in crescita, così come quelle più giovani. Nel 2011 la spesa in giochi d’azzardo è cresciuta del 26 per cento (dopo il +13 per cento del 2010). Anche l’investimento pubblicitario per “giochi responsabili” come Gratta e Vinci, Win For Life e SuperEnalotto, dai quali lo Stato preleva oltre il 50 per cento del montepremi, è in crescita. In questo periodo 3 spot su 10 pubblicizzano giochi e scommesse. In Italia, dove il poker-cash (vietato in alcuni Stati) è stato legalizzato e “garantito” dall’Aams, ci sono 400 mila macchine da gioco (il 15 per cento in più rispetto ai maggiori Paesi europei), molte delle quali controllate dalla malavita.
Un’indagine dell’istituto di ricerca Eurisko (Quale immediato futuro) ha sottolineato come, in questa situazione di difficoltà economica e sociale, molti cittadini avvertono una sensazione di solitudine e di ripiegamento, mentre i media propongono contenuti frivoli e risibili. «Il malsano legame tra politica e informazione – conclude il documento Eurisko – sta impedendo lo sviluppo economico e sociale del Paese; i giovani, sentendosi emarginati, si rifugiano in un mondo protetto, fatto di relazioni virtuali». I comportamenti spensierati e individualisti, denunciati dalla ricerca, si possono spiegare con un’espressione: mancanza di cultura. E la cultura di un Paese si può formare prevalentemente attraverso i media.
Che futuro può avere un Paese in recessione – dove il 10 per cento della popolazione detiene il 50 per cento delle risorse, mentre il 15 per cento vive in povertà e un altro 20 per cento è a rischio povertà – i cui responsabili politici spingono i cittadini a «sognare il bagno nello champagne», mentre si chiedono sacrifici su pensioni, diritti lavorativi e molto altro?
«The answer, my friend, is blowing in the wind…». (Bob Dylan).

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