Si può raggiungere l’eccellenza?

L’attimo presente: strategia che ottimizza ogni gesto e sacralizza ogni istante.
Giovani

Se Dio è Amore, cercare la volontà di Dio è aspirare al bene massimo, per me e per gli altri. Non vuol dire rinunciare a scegliere o procrastinare le proprie responsabilità: al contrario, è sforzo intelligente e creativo per finalizzare la propria esistenza.

Raggiungere la perfezione dell’essere è un ideale talmente irraggiungibile che abbiamo smesso di pensarci. E abbiamo abbassato lo sguardo: di certo non inciamperemo, ma non vedremo mai l’Orizzonte.

 

Consumarci in una mediocrità deprimente o logorarci nell’inseguimento di un sogno mai raggiunto? Che cosa c’è nel mezzo, in quel punto di equilibrio che è la virtù, la virtus? Il benessere è sempre una delicata questione di equilibrio tra estremi ugualmente patologici. Che si tratti di persone, famiglie, organizzazioni o gruppi, il benessere è sempre questione di autoregolazione tra fare e non fare, fuori e dentro, socialità e intimità.

 

Come intuire qual è il momento per l’una o l’altra cosa? Può risultare compito arduo capire – prima ancora di attuare – la volontà di Dio, soprattutto se proiettato nell’arco della vita intera, o se più realtà attirano contemporaneamente la nostra attenzione. Ecco l’attimo presente: strategia “brillante” che ottimizza ogni gesto e sacralizza ogni istante, togliendolo alla furia del tempo che passa.

Normalmente, in questa nostra società che ha la marcia inserita costantemente in quarta, le forze rischiano di disperdersi nei rigagnoli di un molteplice impegno, un multitasking affannoso. Caratteristiche del compito e definizione del ruolo che in quel momento svolgo sono elementi che mi permettono di capire il “dover essere”, la meta a cui puntare. Senza dimenticare però che “essere perfetti come il Padre” significa anche saper rinunciare alle proprie aspettative di perfezione umana o professionale, talvolta cambiare obiettivo o interrompere quello che sto facendo: “esser Dio” infatti, come Chiara Lubich intende, non costituisce un’elevazione di sé, una presunzione o un delirio di onnipotenza, ma al contrario, risulta dall’annullamento di sé.

 

Per annullarmi devo possedermi. Così, una volta consapevole della mia identità e del mio potenziale, potrò “dimenticarmi”, concentrarmi sul compito dell’attimo presente, per svolgerlo al meglio, accantonando ogni preoccupazione per i compiti che mi attendono. Scoprirò non di rado che mi è possibile far molto, che posso raggiungere l’eccellenza, per quanto permettono il contesto e la capacità. Realizzo completamente l’Uomo, essendo Dio.

I più letti della settimana

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons