Sabarimala: il tempio della discordia

Dopo che due donne sono riuscite a penetrare nel luogo sacro, scoppia lo scontro tra chi condivide la decisione della Corte Suprema che permette alle donne in età fertile di pregare nei templi indù, e chi invece rifiuta questa possibilità per motivazioni religiose tradizionali.
Donne in età fertile pregano nel tempio indù di Sabarimala

Continua il contenzioso attorno al tempio della divinità indù Ayyappa nella località di Sabarimala nello stato del Kerala. Dopo il cordone umano di 620 chilometri, composto da più di tre milioni di donne – e non solo -, Bindu Ammini e Kanaka Durga, due signore del Kerala, entrambe poco più che quarantenni, sono riuscite a penetrare nel luogo sacro nonostante i serrati controlli dei sacerdoti brahmini e dei tradizionalisti indù. Entrambe hanno, infatti, evitato di salire i 18 scalini, che portano all’entrata del luogo di culto, e che si possono attraversare solo dopo 41 giorni di digiuno. Bindu e Kanaka hanno invece deciso di non percorrere la scalinata, per non attirare l’attenzione dei religiosi tradizionalisti.

Appena si è sparsa la notizia di quella che è considerata una vera violazione della purezza del tempio, sono scoppiate violente proteste in tutto lo stato del Kerala. Da una parte, secondo i liberali le due donne hanno fatto la storia del’India, dove diversi templi indù non consentono l’accesso alle donne in età fertile per non offendere la castità degli dei “celibi”. Le donne hanno scalato la collina che porta al tempio, fatto incursione nel complesso e sono riuscite a pregare nel sancta sanctorum.

Come già accennato nel precedente articolo, la questione è diventata politica e vede ora il Bharatya Janata Party (BJP), partito al governo sotto la leadership del Primo Ministro Modi, scontrarsi con il Partito Comunista Cpi (M), al governo in Kerala. In molte città ci sono stati scontri fra la polizia e dimostranti o anche fra gruppi dei due partiti. Negli scontri è morta una persona, Chandran Unnithan, un uomo di 55 anni che faceva parte del Sabarimala Karma Samithi, il gruppo che si oppone all’ingresso delle donne e che ha ora decretato uno sciopero generale nello Stato indiano.

La vicenda del tempio di Sabarimala, che dura da tempo, ha visto una recrudescenza negli ultimi mesi da quando, lo scorso settembre, la Corte Suprema indiana ha dichiarato invalido il divieto di accesso al tempio per le donne in età fertile. Gli indù ortodossi considerano “impure” le donne in età fertile (dai 10 ai 50 anni) e per questo ne impediscono l’accesso al tempio. Accesso che invece non viene negato ai transessuali.

Il Primo Ministro del governo statale del Kerala, Pinarayi Vijayan, che guida un esecutivo del partito Comunista, ha riconosciuto che c’è stata «molta violenza», ma, allo stesso tempo, ha dichiarato che il suo esecutivo ha la responsabilità di attuare la decisione della corte suprema. Proprio il partito comunista è accusato dai tradizionalisti indù e dal BJP di aver provocato o, comunque, coperto l’entrata nel tempio delle due donne, contribuendo a mettere in atto il giudizio della Corte Suprema, ma anche sottovalutando la reazione dei brahmini del luogo (e non solo), degli attivisti fondamentalisti dei vari partiti e dei gruppi che sostengono il governo Modi.

A questo riguardo un fondo del quotidiano del sud India, The Hindu, fa notare che, sebbene la copertura all’atto di trasgressione al picchettaggio dei fondamentalisti sia stato un modo per mettere in atto una decisione del supremo organo legale del Paese fino ad ora mai attuata, l’esecutivo locale deve impegnarsi a trovare modalità più legali e meno controverse per assicurare che tutte le donne possano svolgere il loro culto all’interno del tempio di Sabarimala.

La copertura da parte del partito di Vijayan ha avuto come diretta conseguenza l’atto di chiusura del sancta sanctorum del tempio, onde officiare i riti purificatori dopo che le due donne vi erano entrate. Si è, dunque, ricorso a modalità tradizionali ed antiche, se non del tutto anacronistiche, ma che in India continuano ad essere profondamente radicate nell’immaginario comune.

È bene sottolineare come nell’atto ufficiale emesso dal giudice D.Y. Chandrachud della Corte Suprema si leggeva che la proibizione alle donne di entrare nel tempio per offrire il loro culto alla divinità Ayyappa resta una “forma di intoccabilità”, una forma sociale millenaria in India che la Costituzione indiana ha definito inammissibile. Inoltre, il giudice ha dichiarato che l’esclusione delle donne resta “una violazione del diritto di libertà, dignità ed uguaglianza”. È, dunque, necessario che le parti coinvolte possano trovare una soluzione condivisa.

 

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