Riformare la legge elettorale

È quanto chiedono il Movimento politico per l’unità e Umanità Nuova. Una spinta popolare per migliorare partiti, Camera e Senato.  
Manifestazioni

Adesso o mai più. La crisi così grave che il Paese sta vivendo in questo novembre non deve affatto prostrare menti e anime. Anzi. Con l’incarico al neosenatore a vita Mario Monti s’è aperta un’inattesa opportunità, grazie all’intervento del presidente Napolitano.

A collo torno Pdl e Idv stanno convergendo su un sostegno al possibile governo (mentre andiamo in stampa non conosciamo il voto parlamentare). Ma si vuole che il programma sia ristretto ad alcune materie e che il governo sia a termine. C’è da sperare che non restino fuori le riforme istituzionali. In Parlamento potrebbero crearsi le condizioni per raggiungere una qualificata maggioranza fuori da ogni frontale contrapposizione e varare anche la riforma dell’attuale legge elettorale.

 

Da tempo molti italiani ritengono che andare al voto non serva a nulla se non cambia la legge elettorale. Quella in vigore fa del Parlamento un’assise di nominati, non di eletti, determina un potere legislativo sotto scacco, un’Aula in cui primeggia la fedeltà al capo più che la competenza e l’autonomia.

E proprio di tali qualità la gente ha capito che devono tornare a dotarsi Parlamento e politica, altrimenti è impossibile riguadagnare una seppur minima autorevolezza.

 

Ecco perché diciamo: adesso o mai più. Ecco perché i cittadini più accorti (tanto più se associati) vogliono far sentire istanze e voce. Ecco perché Città Nuova intende sostenere la campagna di riflessione e sensibilizzazione avviata da poche settimane dal Movimento politico per l’unità e da Umanità Nuova – espressioni politica e sociale dei Focolari –, che hanno elaborato un appello e un documento (vedi www.mppu.org) in cui vengono proposte la riforma del sistema elettorale e quella dei partiti. Due materie su cui si vanno trovando crescenti convergenze tra cittadini dei due schieramenti. E proprio questa convergenza sui due punti caratterizzò in buona parte la Settimana sociale dei cattolici, svoltasi a Reggio Calabria nell’ottobre 2010.

 

Il documento è stato stilato da persone che si riconoscono in vari partiti. Il testo ha perciò il merito di mettere in rilievo le attese condivise e i punti in comune su cui lavorare.

«È stato una sorta di laboratorio – afferma Marco Fatuzzo, presidente del Movimento politico per l’unità – e siamo consapevoli dei limiti del testo, perché ce li siamo imposti noi stessi. Abbiamo infatti voluto esprimere linee di convergenza generale senza definire indicazioni tecniche per rispettare il Parlamento, chiamato a tradurre le istanze in norme».

Luciano Sulis ha presentato il documento a Bergamo e a Brescia, in appuntamenti molto sentiti con parlamentari, politici locali, sindaci, cittadini: «La gente ha manifestato il vivo apprezzamento per il tentativo di far convergere posizioni distanti». Mantova e Tolentino (Macerata) sono state le successive tappe di presentazione e di coinvolgimento di tanti, anche nel mondo cattolico così in fermento. Siracusa aprirà gli appuntamenti di dicembre.

Partiti e Parlamento vanno in questo momento particolarmente pungolati dal basso. Ed è interesse dei cittadini non arrivare al voto con l’attuale normativa. Una tale consapevolezza ha mosso il Movimento politico per l’unità e Umanità Nuova su questa campagna di sensibilizzazione e di pressione. È urgente muoversi. Adesso.

Paolo Lòriga

 

 

Il senso del documento

 

Nuove regole

e spirito costituente

 

di Iole Mucciconi

 

Un gruppo di cittadini, il cui cuore batte all’unisono con quello del Paese, è in grado di vedere con disincanto, critico e amorevole al tempo stesso, i problemi che affliggono la vita pubblica, centrando le questioni cruciali. Chi si è accinto alla redazione del documento “Per una riflessione sulle riforme istituzionali” è partito proprio da lì, dall’afferrare i problemi cruciali. Un punto di partenza che è già l’esito di un cammino, se si considera che quel gruppo non è omogeneo in quanto ad appartenenza politica. Quindi, già ritrovarsi in un’analisi comune è un risultato; figuriamoci nell’adombrare le soluzioni.

«Non posso che condividere le premesse del documento quando dice che “è essenziale che le forze politiche sappiano mettere da parte il proprio immediato tornaconto (anche elettorale) per collocare al centro del loro impegno il bene comune del Paese”», commenta Ilenia Massa Pinto, docente di Diritto costituzionale all’università di Torino.

 

Un preambolo che le ricorda un preciso momento storico: «Questo significa lavorare come fecero i partiti antifascisti riuniti nel Comitato di liberazione nazionale all’indomani dell’armistizio, nella fase pre-costituente. Presupposto di tale alleanza era il riconoscersi reciprocamente tutti degni di partecipare alla guida della resistenza stessa e della futura attività costituente, con pari dignità e pari diritti, legati da un patto d’unità d’azione fondato tendenzialmente sulla regola dell’unanimità». Ravvisa perciò che «procedere come auspica il documento aiuterebbe ad affrontare la questione per me fondamentale: il discredito che circonda la politica all’interno del nostro sistema politico e, più in generale, la debolezza dei sistemi politici stessi a fronte di quello economico».

 

Il documento nasce inserito nel corso di questa XVI legislatura, eletta con la legge a liste bloccate, con un Parlamento che dà da fare alla giustizia e parlamentari presto dimentichi del partito di provenienza per approdare ad altri lidi. Per questi problemi il documento ipotizza rimedi che gravitano intorno all’ipotesi di introduzione di nuove regole. Ad esempio, quella di vietare la costituzione di nuovi gruppi parlamentari per impedire che un deputato o un senatore cambi partito, lasciandogli solo la possibilità di passare al gruppo misto.

 

Una pista praticabile, ma «occorre stare attenti – mette in guardia Alberto Lo Presti, docente di Storia delle dottrine politiche alla pontificia università Angelicum di Roma – al rischio che sull’onda di un sentimento negativo scaturito da una storia sofferente si metta mano a cose che sarebbe bene non imbrigliare. Il terreno della legge elettorale e della riforma del regolamento parlamentare appartiene a questo ambito delicato».

È pur vero, però, che il “mercato” dei parlamentari costituisce un problema concreto. Come si risolve? «Con l’autonomia del giudizio da parte dell’elettore – risponde Lo Presti –. Semplicemente, bisogna non votarlo più, e magari non votare la lista che ha ordito tale operazione».

 

La costituzionalista Massa Pinto non nasconde una perplessità: «Esprimo un’opinione sicuramente controcorrente: non sono così ottimista rispetto alla proposta di istituzionalizzare le primarie come forma di partecipazione democratica alla creazione delle liste». E chiarisce: «Non reputo che i sistemi elettorali migliori siano quelli che danno potere direttamente ai cittadini e cancellano l’intermediazione partitica. Nelle società complesse la mediazione è indispensabile e deve essere assicurata dai partiti politici e non da soggetti sociali. Il problema, dunque, non si risolve sottraendo potere ai partiti, ma piuttosto riformandoli e rafforzandoli».

Capisce e giustifica le istanze che emergono nella società civile: «Oggi leggiamo tutto con gli occhiali del presente e delle sue degenerazioni patologiche», ma tiene a precisare che «il mio compito di studiosa è quello di contribuire a spostare l’attenzione e rifocalizzarla sui significati alti dei soggetti della rappresentanza politica». Ecco, in tal senso, le proposte del documento per un’effettiva democrazia interna dei partiti e per una trasparenza dei bilanci.

 

Una riflessione di grande rilievo investe anche i poteri del Parlamento e quelli del presidente del Consiglio. E pensando all’anno e mezzo di legislatura che resta, Lo Presti suggerisce alle forze politiche di non immaginare riforme troppo “ecumeniche”: «I sistemi arzigogolati in cui c’è un po’ di presidenzialismo, un po’ di premierato, un po’ di parlamentarismo, un po’ di federalismo, in cui il maggioritario è corretto col proporzionale, rendono difficile il rapporto con la cittadinanza e favoriscono gli ingarbugliamenti. Dunque, è meglio abbandonare il parlamentarismo se per migliorarlo dobbiamo ingessarne la natura».

 

Se confermare il parlamentarismo o avviarsi al presidenzialismo è esattamente uno dei temi oggetto del confronto tra i diversi orientamenti. Il documento è importante proprio perché dal confronto, che aspira alla comunione, sono emersi temi e problemi che spetta alla classe politica affrontare e risolvere. E poco importa se le soluzioni prospettate non sono tutte praticabili. Conta invece levare una voce forte di una nuda ingenuità – secondo la lezione di Igino Giordani –, che arrivi ai politici portando un’esortazione alla rifondazione del rapporto con i cittadini, ispirata a condivisione, serietà, amore per l’unica comunità.

 

BOX

Documento sulle riforme istituzionali (Sintesi)

 

Una nuova legge elettorale

Rappresentatività e governabilità

Riteniamo che ogni legge elettorale dovrebbe contemperare due principi fondamentali:

– assicurare la governabilità, attraverso maggioranze parlamentari stabili e durature;

– assicurare la più ampia rappresentanza delle forze politiche presenti nel Paese.

In particolare, sul lato della governabilità, non dovrebbe essere possibile avere maggioranze diverse alla Camera e al Senato. A tal fine dovrebbero essere armonizzati i criteri di ripartizione dei seggi nelle due Camere, oppure dovrebbe essere superato il bicameralismo perfetto con l’introduzione di una camera delle autonomie e con la suddivisione delle competenze legislative tra le due Camere, una sola delle quali dovrebbe esprimere la fiducia al governo.

 

Fedeltà dell’eletto al proprio elettorato

Un principio irrinunciabile è la fedeltà dell’eletto nei confronti dell’elettore, anche in termini di continuità, nel corso di una legislatura, dell’appartenenza al gruppo di originaria iscrizione. A questo proposito, un punto essenziale è la questione della riforma dei regolamenti parlamentari. Riteniamo che in Parlamento debbano essere operativi solo gruppi parlamentari costituiti all’atto della formazione del Parlamento sulla base dei risultati dei voti di lista. L’assenza di vincoli di mandato di cui all’articolo 67 della Costituzione va interpretata come la libertà di lasciare il gruppo nel quale uno è stato eletto, ma solo per aderire al “gruppo misto”.

 

Determinazione delle liste

I partiti dovrebbero prevedere una procedura di ampia consultazione degli elettori su base territoriale al fine di individuare i candidati più idonei secondo i seguenti principi:

– dare agli elettori una reale possibilità di scelta tra candidati non solo in virtù dei programmi politici e dei leader che sostengono, ma anche in ragione delle qualità personali;

– quale che sia il sistema di scelta dei candidati (indicazione da parte degli organi dirigenti dei partiti o, all’altro estremo, attraverso consultazioni primarie) è essenziale che i partiti garantiscano agli elettori la possibilità di scegliere tra i candidati coloro che, a loro giudizio, siano meritevoli della loro preferenza;

– è essenziale che gli elettori possano scegliere, nell’attuale situazione di scarso ricambio della classe politica, tra un congruo numero di candidati giovani e di donne.

 

Criteri di ineleggibilità

Non dovrebbero essere candidati cittadini per i quali siano state pronunciate sentenze definitive di condanna per reati penali o contro la pubblica amministrazione.

 

Riforma dei partiti politici

Elaborare e portare all’approvazione in Parlamento una legge di riforma dei partiti politici, che li riconosca quali associazioni di diritto pubblico. Questo, per i partiti, dovrebbe implicare quattro aspetti:

– depositare uno statuto nel quale vengano esplicitati i valori fondanti;

– un codice etico per escludere dalle candidature cittadini per i quali siano state pronunciate sentenze definitive di condanna per reati penali o contro la pubblica amministrazione;

– regole certe di democrazia interna, fra le quali l’eventuale obbligatorietà di elezioni primarie per la scelta dei candidati;

– l’obbligo di presentazione di un bilancio pubblico e trasparente delle entrate e degli impieghi, prioritario rispetto alla previsione di norme che prevedano finanziamenti pubblici.

 

INVITO AI LETTORI

Diffondete il documento (www.mppu.org) e create occasione di riflessione. Poi fateci sapere per condividere i risultati.

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