Referendum giustizia del 12 giugno. Le tesi dei proponenti

Lega e Partito radicale hanno promosso 5 quesiti che dovranno ora raggiungere  il quorum della partecipazione popolare al voto di domenica 12 giugno. La versione del comitato referendario
Giustizia anno giudiziario 2022 Foto Alessandro Bremec/LaPresse

Solo nella giornata di domenica 12 giugno 2022 sarà possibile, dalle ore 7 alle 23, votare per i referendum abrogativi sulla Giustizia proposti da Lega e Partito Radicale.

L’abbinamento nello stesso giorno con le elezioni amministrative, che riguardano quasi mille comuni e circa 9 milioni di elettori, potrebbe incidere sulla possibilità di raggiungere il quorum richiesto per la validità delle consultazioni referendarie e cioè che si rechino alle urne “metà più degli  aventi diritto al voto più uno”.

I promotori del referendum lamentano una scarsa attenzione mediatica a questa competizione che verte su questioni che possono sembrare molto tecniche e astratte e, invece, toccano un tasto molto importante del funzionamento del nostro ordinamento.

Secondo i fautori della richiesta referendaria, l’eventuale successo delle proposte abrogative potrebbe avere un effetto di rottura epocale paragonabile a quello del voto sul divorzio del 12 maggio 1974.

I cinque quesititi riguardano

  1. La riforma del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM)
  2. L’equa valutazione dei magistrati
  3. La separazione delle carriere dei magistrati sulla base della distinzione tra funzioni giudicanti e requirenti
  4. I limiti agli abusi della custodia cautelare
  5. L’abolizione del decreto Severino

Nel merito dei quesiti riporteremo su cittanuova.it diverse valutazioni e prese di posizione.

Partiamo,intanto, da quanto viene esposto in maniera semplificata dai promotori del referendum nel sito ufficiale www.referendumgiustiziagiusta.it

Quanto al CSM, organo di autogoverno dei magistrati composto per 2 terzi da magistrati eletti, i referendari vogliono abrogare «l’obbligo, per un magistrato che voglia essere eletto, di trovare da 25 a 50 firme per presentare la candidatura».  Secondo radicali e Lega «l’attuale obbligo impone a coloro che si vogliano candidare di ottenere il beneplacito delle correnti o, il più delle volte, di essere ad esse iscritti. Con il sì, si tornerebbe alla legge originale del 1958, che prevedeva che tutti i magistrati in servizio potessero proporsi come membri del CSM presentando semplicemente la propria candidatura. Avremmo così votazioni che mettono al centro il magistrato e le sue qualità personali e professionali, non gli interessi delle correnti o il loro orientamento politico».

Sulla valutazione dei magistrati, i referendari contestano il sistema attuale che affida «la valutazione della professionalità e della competenza dei magistrati è operata dal CSM che decide sulla base di valutazioni fatte anche dai Consigli giudiziari, organismi territoriali nei quali, però, decidono solo i componenti appartenenti alla magistratura».

I proponenti il referendum ritengono che «questa sovrapposizione tra “controllore” e “controllato” rende poco attendibili le valutazioni e favorisce la logica corporativa» e perciò «con il referendum si vuole estendere anche ai rappresentanti dell’Università e dell’Avvocatura nei Consigli giudiziari la possibilità di avere voce in capitolo nella valutazione».

Il quesito sulla separazione delle carriere dei magistrati è molto lungo e incomprensibile per i non addetti ai lavori ma è anche quello destinato a creare più divisioni e contrasti. I proponenti il referendum contestano il sistema attuale che permette ai magistrati, nel corso della carriera, di passare più volte dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa. «Che cosa succede se vince il SI? Il magistrato dovrà scegliere all’inizio della carriera la funzione giudicante o requirente, per poi mantenere quel ruolo durante tutta la vita professionale». Il comitato referendario che vede assieme Lega e partito radicale ritiene che «ci sono magistrati che lavorano anni per costruire castelli accusatori in qualità di PM e poi, d’un tratto, diventano giudici. Con un sì chiediamo la separazione delle carriere per garantire a tutti un giudice che sia veramente “terzo” e trasparenza nei ruoli. Basta con le “porte girevoli”, basta con i conflitti di interesse che spesso hanno dato luogo a vere e proprie persecuzioni contro cittadini innocenti».

Il quesito sulla custodia cautelare riguarda la «misura coercitiva con la quale un indagato viene privato della propria libertà nonostante non sia stato ancora riconosciuto colpevole di alcun reato». Secondo i proponenti «circa mille persone all’anno vengono incarcerate per poi   risultare innocenti». «Che cosa succede se vince il SI? Resterebbe in vigore la carcerazione preventiva per chi commette reati più gravi e si abolirebbe la possibilità di procedere alla privazione della libertà in ragione di una possibile “reiterazione del medesimo reato”».

L’abolizione del Decreto Severino riguarda «il decreto legislativo che porta la firma dell’ex ministro della Giustizia Paola Severino prevede incandidabilità, ineleggibilità e decadenza automatica per i parlamentari, per i rappresentanti di governo, per i consiglieri regionali, per i sindaci e per gli amministratori locali in caso di condanna».

In particolare i referendari fanno notare che «per coloro che sono in carica in un ente territoriale basta anche una condanna in primo grado non definitiva per l’attuazione della sospensione, che può durare per un periodo massimo di 18 mesi».  I proponenti del referendum affermano che «nella stragrande maggioranza dei casi in cui la legge è stata applicata contro sindaci e amministratori locali, il pubblico ufficiale è stato sospeso, costretto alle dimissioni, o comunque danneggiato, e poi è stato assolto perché risultato innocente». Con la vittoria del SI verrebbe abrogato il decreto e si darebbe «ai giudici la facoltà di decidere, di volta in volta, se, in caso di condanna, occorra applicare o meno anche l’interdizione dai pubblici uffici».

Il referendum arriva dopo un lungo difficile periodo per la magistratura scossa dal caso di Luca Palamara, magistrato espulso dall’Associazione nazionale magistrati dopo averne ricoperto la carica di presidente oltre a sedere come componente del Csm. L’ormai ex magistrato è autore di testi assieme al giornalista Alessandro Sallusti su “Lobby e logge” che manipolerebbero l’amministrazione della giustizia in Italia.

I partiti sono diversamente schierati nel merito dei singoli quesisti. E il tema può diventare di forte intensità anche davanti alla tragedia della guerra in Ucraina che ovviamente ha catalizzato l’interesse dell’opinione pubblica.

 

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In merito al referendum sulla giustizia del 12 giugno 2022 cittanuova.it dedica una serie di articoli di diversa opinione consultabili nel focus Referendum giustizia

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